Cass. pen., sez. II, sentenza 02/04/2021, n. 12789

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. II, sentenza 02/04/2021, n. 12789
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 12789
Data del deposito : 2 aprile 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

to la seguente

SENTENZA

Sui ricorsi proposti da: 1) ID DO, nato a [...] il [...], 2) NA MA, nato a [...] il [...], 3) AL ER, nata a [...] il [...], 4) GI AR, nato a [...] il [...], avverso la sentenza del 03/10/2018 della Corte di Appello di Roma, visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione della causa svolta dal consigliere Giuseppe Sgadari;
udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale Domenico A.R. Seccia, che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità dei ricorsi;
udito il difensore della parte civile, avv. Domenico Barillà, che ha concluso come da comparsa conclusionale e nota spese;
uditi i difensori dei ricorrenti: avv. RC Reale, per NA RC, avv. Cristina Gotti Porcinari, per GI AR ed anche in sostituzione dell'avv. Stronati Claudio per ID DO, che hanno concluso chiedendo l'accoglimento dei ricorsi;

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di Roma, parzialmente riformando la sentenza del Tribunale di Roma del 6 febbraio 2014, confermava la responsabilità dei ricorrenti ID DO, NA MA e GI AR, in relazione al reato di rapina loro in concorso ascritto al capo 4) della imputazione, commesso nei confronti della persona offesa OT ER, nonché confermava la responsabilità del solo ID DO in relazione al reato di ricettazione contestato al capo 6) della imputazione. La Corte dichiarava non doversi procedere per intervenuta prescrizione in relazione agli altri reati ascritti ai ricorrenti, compresi quelli di contraffazione e riproduzione per il commercio di oggetti di interesse archeologico e di truffa ascritti anche alla ricorrente AL ER ai capi 2) e 3) della imputazione, confermando le statuizioni civili tranne per quanto concerne la liquidazione equitativa del danno disposta dal primo giudice.

2. La Corte di appello riteneva provato che i ricorrenti avessero ripetutamente indotto in errore la persona offesa OT UG D'ON ER, inducendola con artifici e raggiri ad acquistare, in molteplici occasioni, centinaia di oggetti di presunto valore archeologico ma in realtà falsificati. In questo contesto illecito - nel quale è stata attribuita funzione organizzativa e preminente al ricorrente ID DO - era maturato l'episodio di rapina e lesioni personali in danno del OT di cui ai capi 4 e 5 della imputazione (quest'ultimo dichiarato prescritto), nonché il reato di ricettazione di beni archeologici ascritto al solo ID DO al capo 6).

3. Ricorrono per cassazione gli imputati, con distinti atti.

3.1. ID DO deduce: 1) violazione di legge per non avere la Corte fornito alcuna risposta alla richiesta di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale avanzata dal ricorrente durante lo svolgimento del procedimento di appello ex art. 603, comma 2, cod. proc. pen., volta ad acquisire la sentenza del Tribunale di Velletri - intervenuta successivamente alla sentenza di primo grado del presente processo - che aveva assolto l'imputato dall'accusa di aver formato un falso atto di matrimonio, circostanza richiamata nella sentenza di primo grado "al fine di confermare il sodalizio criminoso" tra gli imputati ID, NA e GI ed utile anche per valutare l'attendibilità della persona offesa che aveva reso testimonianza in quella diversa sede processuale;2) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità del ricorrente. Quanto al reato di rapina, la Corte non avrebbe basato la decisione su elementi idonei ad individuare il ruolo del ricorrente nel reato, non confutando i motivi di appello e basandosi solo su una conversazione telefonica tra la vittima e l'imputato non ricorrente CO NR, non rappresentativa del contributo morale offerto dal ID come "regista" dell'evento in quanto soggetto avente ascendente nei confronti degli esecutori materiali GI e NA, alla cui estemporanea iniziativa andava ricondotto il delitto. In ordine al reato di lesioni personali, la Corte non avrebbe valutato le contraddizioni tra il racconto della persona offesa ed il certificato medico attestante le lesioni subite, non riscontrate dal medico che aveva visitato la vittima dopo il fatto. Più in generale, la Corte avrebbe basato il suo convincimento affidandosi alle dichiarazioni della persona offesa senza saggiarne adeguatamente l'attendibilità in relazione ai reati di truffa e riproduzione di beni archeologici, laddove mancherebbero gli artifici e raggiri e la prova della riproduzione dei beni archeologici in capo all'imputato, non deducibile da quanto riferito dal teste OM. Quanto al reato di ricettazione, vi sarebbe stata un'inversione dell'onere della prova, non essendo state ritenute credibili le giustificazioni fornite dall'imputato in relazione alla legittima provenienza dei beni, comunque non sottoposti ad alcun vincolo o di proprietà dello Stato, circostanza decisiva per poter ritenere sussistente il reato, secondo quanto previsto dall'art. 176 del D.L.vo n. 42 del 2004;
3) violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio ed al mancato giudizio di prevalenza delle già concesse circostanze attenuanti generiche sulle aggravanti.

3.2. NA MA deduce, con i primi tre motivi, violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità per il reato di rapina, essendosi la Corte basata esclusivamente sulle dichiarazioni della vittima, senza rilevarne le contraddizioni e l'inattendibilità. Nessuna risposta sarebbe stata fornita in ordine al motivo di appello volto a contestare la qualificazione giuridica del fatto come rapina anziché come esercizio arbitrario delle proprie ragioni. Con un quarto motivo ci si duole del trattamento sanzionatorio e del mancato giudizio di prevalenza delle già concesse circostanze attenuanti generiche sulle aggravanti.

3.3. GI AR deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del reato di rapina ed alla qualificazione giuridica del fatto, posto che, come la stessa Corte avrebbe affermato in una

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