Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 12/11/2021, n. 33809
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In materia di trattamento dei dati personali, il diritto di difesa in giudizio, che prevale su quello di inviolabilità della corrispondenza, consentendo, ai sensi dell'art. 24, lett. f), del d.lgs. n. 196 del 2003, di prescindere dal consenso della parte interessata, a condizione che i dati siano trattati esclusivamente per tale finalità e per il periodo strettamente necessario al suo perseguimento, non è limitato alla pura e semplice sede processuale, ma si estende a tutte quelle attività dirette ad acquisire prove in essa utilizzabili, ancor prima che la controversia sia stata formalmente instaurata. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto legittima l'attività di recupero dei dati, cancellati dal dipendente prima della riconsegna del computer avuto in dotazione e integranti patrimonio aziendale, dopo la cessazione del rapporto di lavoro, in funzione del giudizio risarcitorio intentato dall'azienda nei confronti del dipendente medesimo).
Le prove precostituite, quali i documenti, entrano nel giudizio attraverso la produzione e nella decisione in virtù di un'operazione di semplice logica giuridica, essendo tali attività contestabili solo se svolte in contrasto con le regole, rispettivamente, processuali o di giudizio, che vi presiedono, senza che abbia rilievo una valutazione in termini di utilizzabilità, categoria propria del rito penale ed ignota al processo civile.
La produzione in giudizio di documenti contenenti dati personali è sempre consentita ove necessaria per esercitare il proprio diritto di difesa, anche in assenza del consenso del titolare e quali che siano le modalità con cui è stata acquisita la loro conoscenza; tuttavia, poiché la facoltà di difendersi in giudizio utilizzando gli altrui dati personali va esercitata nel rispetto dei doveri di correttezza, pertinenza e non eccedenza previsti dagli artt. 4 e 11 del d.lgs. n. 196 del 2003, la legittimità della produzione va valutata in base al bilanciamento tra il contenuto del dato utilizzato, cui va correlato il grado di riservatezza, e le esigenze di difesa.
Sul provvedimento
Testo completo
. 2 0 2 / AULA 'A' 9 0 Oggetto 8 REPUBBLICA ITALIANA 3 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 3 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE R. G. N. 14076/2017 Cron.33809 SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Rep. Dott. G RDI Presidente Ud. 17/06/2021 Dott. F BI Consigliere PU Dott. A PVANNI PATTI - Rel. Consigliere Dott. A PTA Consigliere Consigliere Dott. G C I ha pronunciato la seguente SENTENZA سا sul ricorso 14076-2017 proposto da: ALC TECNOLOGIE ADESIVE S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUDOVISI 351 presso lo studio dell'avvocato M P, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati C P, MARCO DOMENICO TESSERA CHIESA, SILVIA D'AMARIO;
2021 ricorrente 2176
contro
T A, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI VILLA GRAZIOLI 15, presso 10 studio dell'avvocato B G, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato E F;
controricorrente avverso la sentenza n. 138/2017 della CORTE D'APPELLO di T, depositata il 27/03/2017 R.G.N. 265/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/06/2021 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI;
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. S V' visto 1 art. 23, comma 8 bis del D.L. 28 ottobre 2020 n. 137, convertito con 176, modificazioni nella legge 18 dicembre 2020, n. ha depositato conclusioni scritte. RG 14076/2017 FATTO 1. Con sentenza del 27 (notificata il 31) marzo 2017, la Corte d'appello di Torino rigettava la domanda risarcitoria proposta da ALC Tecnologie Adesive s.r.l., per voci patrimoniali varie, di oltre € 1.200.000,00 e per danno all'immagine e alla reputazione professionale da liquidare in via equitativa, nei confronti dell'ing. Angelo Taurino (suo dipendente dal marzo 2007 quale dirigente con mansioni di direttore commerciale e dal 2012 anche responsabile dell'area calzature per Toscana e Lombardia, inaspettatamente dimessosi per ragioni familiari il 2 settembre 2013) e condannava la società datrice al pagamento, in favore del predetto a titolo di indennità di mancato preavviso, della somma di € 23.833,33 lordi oltre rivalutazione e interessi dalla cessazione del rapporto: così riformando la sentenza di primo grado, che aveva invece condannato il dirigente al pagamento, in favore della società a titolo risarcitorio, della somma di € 370.000,00 oltre rivalutazione e interessi dalle date di maturazione del credito e rigettato la domanda riconvenzionale del lavoratore.
2. In merito agli addebiti di violazione dell'obbligo di fedeltà del dipendente negli anni 2012 e 2013 (in particolare: suo coinvolgimento nella cancellazione del logo Kyotex serigrafato sui rotoli dei nastri;
fornitura di ingenti quantità di nastri B G gratuitamente o a prezzo di costo all'agente AS Rappresentanze in Toscana e al distributore Bombelli in Lombardia, per agevolare la vendita del nastro A contraffatto, tramite l'abbinamento con il nastro B originale;
relazioni con soggetti in concorrenza con ALC;
rivelazione a terzi di informazioni tecniche sui metodi di produzione aziendali;
partecipazione a prove tecniche di campioni di prodotto concorrente;
omessa segnalazione ai vertici aziendali della perdita di clientela e di calo di fatturato in Toscana e in Lombardia), al contrario del Tribunale, la Corte territoriale escludeva l'esistenza di prova alcuna.
3. E ciò sia per l'inutilizzabilità delle conversazioni illegittimamente acquisite dalla società datrice, una volta riconsegnato dal dipendente il computer aziendale in dotazione, sul suo account privato Skype, in violazione della segretezza della corrispondenza (tale essendo anche quella informatica o telematica) e pure della password personale di accesso del lavoratore, mai avendo la società ritenuto di RG 14076/2017 fornirne una aziendale, nonostante l'impiego dell'applicativo Skype anche per lo svolgimento dell'attività lavorativa: non potendo tali comportamenti, in difetto di consenso dell'interessato, essere giustificati dall'art. 24 d.lg. 196/2003 (Codice della Privacy), in assenza di attualità e diretta strumentalità all'esercizio o alla tutela di un diritto in sede giudiziaria;
sia per inidoneità delle risultanze istruttorie, in esito a loro critico ed argomentato scrutinio, al coinvolgimento del dirigente negli illeciti suindicati.
4. Infine, la Corte subalpina riconosceva al predetto il diritto all'indennità di preavviso (nell'importo richiesto con la domanda riconvenzionale, siccome incontestato), avendo egli manifestato, al di là della propria preferenza per una cessazione anticipata del rapporto per le dimissioni rassegnate per ragioni familiari, la disponibilità a lavorare l'intero periodo;
avendolo poi la società datrice unilateralmente da ciò esonerato.