Cass. pen., sez. IV, sentenza 05/06/2023, n. 24007
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: MIFTAROV AGIM nato il 23/02/1989 avverso l'ordinanza del 10/05/2021 della CORTE APPELLO di ROMAudita la relazione svolta dal Consigliere A M;
lette/sentite le conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO
1. Con l'ordinanza indicata in epigrafe, la Corte d'appello di Roma ha rigettato la domanda di riparazione per ingiusta detenzione formulata da A M in ordine alla sofferta custodia cautelare in carcere subita dal 10/7/2018 sino al 28/11/2019, in relazione a un capo di imputazione provvisorio ipotizzante il reato previsto ,dall'art.270-quinquies cod.pen. e in riferimento al quale lo stesso ricorrente era stato assolto dalla Corte di Assise di Roma, per insussistenza del fatto, con sentenza del 24/1/2020, divenuta irrevocabile. La Corte d'appello, quale giudice adito ai sensi dell'art.315 cod.proc.pen., ha osservato che la domanda del ricorrente non poteva essere accolta, avendo lo stesso contribuito con il proprio comportamento a indurre l'autorità giudiziaria ad intervenire nei propri confronti. Specificamente ha rilevato che la vicenda processuale relativa al ricorrente avesse appurato come questi fosse, dal punto di vista ideologico, attiguo rispetto ad ambienti dell'islamismo radicale e come dall'esame degli atti risultasse che lo stesso aveva acquistato degli elicotteri radiocomandati nonché fatto riferimento, nelle conversazioni intercettate, al possibile uso di esplosivi contro una caserma sita nella Macedonia del Nord;
elementi che, pur essendo stati ritenuti dal giudice della cognizione come non sufficienti a dimostrare un intento terroristico, ben potevano essere valutati in relazione alla condizione ostativa rappresentata dal dolo e dalla colpa grave, trattandosi di condotta idonea a configurare un grave allarme sociale e a porsi in rapporto causale con l'ordinanza limitativa della libertà personale.
2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione A M, a mezzo del proprio difensore, articolando due motivi di impugnazione. Con il primo motivo di impugnazione ha dedotto la violazione dell'art.606, comma 1, lett.e), cod.proc.pen., per carenza di motivazione;
ha premesso che, nella vicenda processuale in esame, difettava evidentemente il requisito della univocità finalistica della condotta richiesto dall'art.270- quinquies cod.pen., dedotto anteriormente all'applicazione della misura custodiate sulla base di un'intercettazione ambientale poi ritenuta priva di valenza probatoria in sede dibattimentale, anche in considerazione della inesistente potenzialità offensiva del materiale poi sottoposto a sequestro (trattandosi di aeromodelli giocattolo e non di droni);
ha evidenziato che, già nei due interrogatori disposti prima dell'applicazione della misura, il ricorrente aveva fornito una compiuta spiegazione del tenore non serio della conversazione intercettata e della ragioni del rinvenimento dei predetti aeromodelli;
ha quindi dedotto che la Corte territoriale era incorsa in un vizio di omessa motivazione ovvero di motivazione apparente e inconferente, fondandosi su elementi di fatti in relazione ai quali era stata spiegata - in sede di istanza di riconoscimento dell'indennizzo - la spiegazione alternativa idonea a smentire l'ipotesi accusatoria;
ha pertanto dedotto che la Corte non si era adeguata al contenuto dell'istanza difensiva, non replicando né controdeducendo
lette/sentite le conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO
1. Con l'ordinanza indicata in epigrafe, la Corte d'appello di Roma ha rigettato la domanda di riparazione per ingiusta detenzione formulata da A M in ordine alla sofferta custodia cautelare in carcere subita dal 10/7/2018 sino al 28/11/2019, in relazione a un capo di imputazione provvisorio ipotizzante il reato previsto ,dall'art.270-quinquies cod.pen. e in riferimento al quale lo stesso ricorrente era stato assolto dalla Corte di Assise di Roma, per insussistenza del fatto, con sentenza del 24/1/2020, divenuta irrevocabile. La Corte d'appello, quale giudice adito ai sensi dell'art.315 cod.proc.pen., ha osservato che la domanda del ricorrente non poteva essere accolta, avendo lo stesso contribuito con il proprio comportamento a indurre l'autorità giudiziaria ad intervenire nei propri confronti. Specificamente ha rilevato che la vicenda processuale relativa al ricorrente avesse appurato come questi fosse, dal punto di vista ideologico, attiguo rispetto ad ambienti dell'islamismo radicale e come dall'esame degli atti risultasse che lo stesso aveva acquistato degli elicotteri radiocomandati nonché fatto riferimento, nelle conversazioni intercettate, al possibile uso di esplosivi contro una caserma sita nella Macedonia del Nord;
elementi che, pur essendo stati ritenuti dal giudice della cognizione come non sufficienti a dimostrare un intento terroristico, ben potevano essere valutati in relazione alla condizione ostativa rappresentata dal dolo e dalla colpa grave, trattandosi di condotta idonea a configurare un grave allarme sociale e a porsi in rapporto causale con l'ordinanza limitativa della libertà personale.
2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione A M, a mezzo del proprio difensore, articolando due motivi di impugnazione. Con il primo motivo di impugnazione ha dedotto la violazione dell'art.606, comma 1, lett.e), cod.proc.pen., per carenza di motivazione;
ha premesso che, nella vicenda processuale in esame, difettava evidentemente il requisito della univocità finalistica della condotta richiesto dall'art.270- quinquies cod.pen., dedotto anteriormente all'applicazione della misura custodiate sulla base di un'intercettazione ambientale poi ritenuta priva di valenza probatoria in sede dibattimentale, anche in considerazione della inesistente potenzialità offensiva del materiale poi sottoposto a sequestro (trattandosi di aeromodelli giocattolo e non di droni);
ha evidenziato che, già nei due interrogatori disposti prima dell'applicazione della misura, il ricorrente aveva fornito una compiuta spiegazione del tenore non serio della conversazione intercettata e della ragioni del rinvenimento dei predetti aeromodelli;
ha quindi dedotto che la Corte territoriale era incorsa in un vizio di omessa motivazione ovvero di motivazione apparente e inconferente, fondandosi su elementi di fatti in relazione ai quali era stata spiegata - in sede di istanza di riconoscimento dell'indennizzo - la spiegazione alternativa idonea a smentire l'ipotesi accusatoria;
ha pertanto dedotto che la Corte non si era adeguata al contenuto dell'istanza difensiva, non replicando né controdeducendo
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