Cass. pen., sez. II, sentenza 26/05/2021, n. 20839

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. II, sentenza 26/05/2021, n. 20839
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 20839
Data del deposito : 26 maggio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: PISTONE FRANCESCO A nato a CATANIA il 14/06/1962 avverso il decreto del 23/09/2020 della CORTE APPELLO di CATANIAudita la relazione svolta dal Consigliere F D P;
lette le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore Generale E C, che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Catania, con decreto del 23 Settembre 2020, rigettava l' appello proposto da P F A confermando il decreto emesso dal Tribunale di Catania in data 30 Novembre 2018 con cui era stata disposta l' applicazione della misura della sorveglianza speciale, con obbligo di ulteriori prescrizioni, per la durata di anni tre nei confronti del predetto e, contestualmente, era stata disposta la confisca dei beni appartenenti e nella disponibilità diretta ed indiretta del P.

2. Contro detto provvedimento propone ricorso per cassazione P F A, a mezzo difensori di fiducia, deducendo due motivi.

2.1. Con il primo motivo lamenta, ai sensi dell' art. 606 comma 1 lett. b) c.p.p., violazione degli artt. 4 e 6 del D. Lvo 159/2011.Rileva che la corte territoriale aveva totalmente eluso l' obbligo motivazionale quanto alla sussistenza dei presupposti soggettivi, limitandosi ad indicare elementi riferibili al giudizio di cognizione ed omettendo di effettuare un autonomo giudizio sui presupposti della pericolosità e, comunque, non aveva considerato l' assenza di attualità della pericolosità tenuto conto dei gravi problemi di salute che affliggevano il proposto il quale si trovava agli arresti domiciliari nonché la circostanza che i fatti contestati erano assai risalenti e che il clan di riferimento (c.d. clan Laudani) non era più operante sul territorio in quanto i suoi presunti associati erano da tempo ristretti in carcere.

2.2. Con il secondo motivo lamenta, ai sensi dell' art. 606 comma 1 lett. b) c.p.p., violazione dell' art. 24 D. Lvo 159/2011, motivazione meramente apparente e travisamento dei fatti. Deduce che la corte di appello, nella ricostruzione reddituale del nucleo familiare del ricorrente, aveva omesso di valutare una serie di elementi decisivi, analiticamente richiamati in ricorso, ed era incorsa in un macroscopico errore scambiando la signora Palermo Giuseppa nata a Catania il 24 Luglio 1965, moglie del proposto ed in quanto tale facente parte del nucleo familiare, quale madre del ricorrente, con conseguente ricostruzione errata di tutti i cespiti di reddito della famiglia P. Rileva, in particolare, Elle l' erroneo convincimento che la Palermo fosse la madre dell' odierno proposto ritenendosi, pertanto, che il reddito della famiglia di euro 20.000,00 (proveniente dalla vendita di un bar-pasticceria) fosse un prestito e non poteva costituire, quindi, un elemento attivo del reddito;
l' omessa contabilizzazione della somma di euro 50.000,00 (pari alla differenza fra il mutuo ottenuto per l' acquisto della casa sita in Via delle Sciare n. 170, San Giovanni La Punta di euro 107.000,00 ed il prezzo di acquisto della casa di euro 57.000,00) e l' utilizzo illegittimo delle medie ISTAT per calcolare le spese familiari avevano implicato una motivazione meramente apparente quanto alla ritenuta alla sproporzione fra capacità reddituale e beni acquistati basata su elementi estranei alla realtà processuale.

2. Il Sostituto Procuratore Generale, con requisitoria scritta in data 10 Marzo 2021, ha chiesto dichiararsi l' inammissibilità del ricorso deducendo che il provvedimento impugnato era correttamente motivato e non sussisteva alcuna violazione di legge.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile in quanto proposto per motivi non consentiti e, comunque, manifestamente infondati.

2. Deve essere premesso che il ricorso per cassazione in materia di misure di prevenzione può essere proposto, esclusivamente, per "violazione di legge" secondo quanto stabilito dall' art. 10 del c.d. Codice Antimafia. Appare, in tale senso, opportuno richiamare, in relazione alla precedente analoga disposizione in tema di impugnazione delle misure di prevenzione, l' orientamento delle S.U. secondo cui in tema di sindacato sulla motivazione in materia di prevenzione è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l'ipotesi dell'illogicità manifesta di cui all'art. 606 cod. proc. peri., lett. e), potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso, poiché qualificabile come violazione dell'obbligo di provvedere con decreto motivato imposto al giudice d'appello dalla L. n. 1423 del 1956, predetto art. 4, comma 9, il caso di motivazione inesistente o meramente apparente. (In motivazione la Corte ha ribadito che non può essere proposta come vizio di motivazione mancante o apparente la deduzione di sottovalutazione di argomenti difensivi che, in realtà, siano stati presi in considerazione dal giudice o comunque risultino assorbiti dalle argomentazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato)" (Cass. Sez. U, sent. n. 33451 del 29/05/2014, dep. 29/07/2014, Repaci ed altri Rv. 260246). In sostanza nella nozione di "violazione di legge" rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali, ma non l'illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui all'art. 606 cod. proc. pen., lett. e) (Cass. Sez. un., sent. n. 5876 del 28/01/2004, dep. 13/02/2004, Rv. 226710). Se, quindi, la scelta del legislatore è stata quella di circoscrivere il perimetro delle censure proponibili in sede di legittimità in tema di misure di prevenzione alla sola violazione di legge, ne deriva che, ove il provvedimento adottato dai giudici della misura dia congruamente atto degli elementi fattuali sulla cui base è pervenuto al giudizio di sussistenza dei presupposti applicativi della misura e dei parametri alla stregua dei quali gli stessi giudici hanno ritenuto integrate le condizioni di sufficienza indiziaria circa la appartenenza del proposto ad un sodalizio mafioso, nonché l'attualità della pericolosità ed i requisiti normativamente previsti per la applicazione dei provvedimenti patrimoniali, qualsiasi doglianza che mirasse a scrutinare la tenuta logica del percorso argomentativo adottato a tal fine, ancorché prospettata sub specie di violazione di legge, ineluttabilmente devolverebbe a questa Corte un compito eccedente i confini anzidetti. Quale naturale conseguenza del rigoroso perimetro entro il quale è consentito in materia il sindacato di legittimità deve, parimenti, escludersi che nell' ambito delle questioni devolvibili quale violazione di legge possa annoverarsi un riesame del giudizio di affidabilità delle fonti e degli elementi dichiarativi o di indagine raccolti nel corso del procedimento di prevenzione, ove tale scrutinio risulti compiuto in sede di merito sulla base dei parametri che caratterizzano il giudizio di prevenzione. Ciò che conta, agli effetti della applicazione della misura e quale condizione legittimante, è che all'interno del provvedimento applicativo possano rinvenirsi elementi e circostanze di fatto strutturalmente "certi" nella loro dimensione, per così dire, fenomenica, e che da tali elementi e circostanze i giudici del merito abbiano desunto appartenenza del proposto alla associazione di stampo mafioso e della sussistenza della pericolosità, nonché delle condizioni per l'applicazione dei provvedimenti patrimoniali. Nella giurisprudenza di questa Corte è, invero, ricorrente l'affermazione secondo la quale, in tema di misure di prevenzione, la pericolosità sociale non deve necessariamente essere formulata sulla base di prove occorrenti per la condanna penale, trattandosi di valutazione di carattere essenzialmente sintomatico, che, nell'ipotesi di sospetta appartenenza ad associazioni mafiose, può basarsi sulla utilizzazione di qualsiasi elemento indiziario. Ma - si è però puntualizzato - affinché un soggetto possa ritenersi raggiunto da fondati elementi di inserimento in una organizzazione criminale di tipo mafioso, tali da legittimare l'applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale, è necessario che gli indizi siano di per sè certi, ossia rappresentati da circostanze oggettive, ed idonei a fondare un giudizio di qualificata probabilità di tale inserimento, così da scongiurare il ricorso a ricostruzioni di tipo meramente ipotetico e congetturale che finirebbero ineluttabilmente per svilire il modello di giudizio normativamente imposto, trasformandolo da apprezzamento logico-deduttivo, sia pure raccordato a parametri di tipo indiziario, in una proposizione acritica di semplice sospetto.
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