Cass. pen., sez. VI, sentenza 04/05/2023, n. 18828
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da IN AO, nato a [...] il [...] avverso la sentenza del 26/11/2020 della Corte di appello di Bologna visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Ersilia Calvanese;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Giuseppe Riccardi, che ha concluso chiedendo che il rigetto del ricorso;
udite le conclusioni del difensore, avv. Dario Micheletti in sostituzione dell'avv. Alberto Bova, che ha chiesto l'accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Piacenza del 28 aprile 2016, appellata dal Pubblico ministero, che aveva assolto l'imputato AO IN dai reati di falso (capo d) e di favoreggiamento personale (capo e) con la formula "il fatto non costituisce reato", ha dichiarato non doversi procedere nei confronti del predetto per il reato di cui al capo e) perché estinto per prescrizione, confermando , nel resto. Secondo l'ipotesi accusatoria, l'imputato, quale ispettore della Polizia penitenziaria, aveva attestato il falso in un'annotazione depositata presso la Procura della Repubblica - quanto all'intestatario di una utenza mobile e al contenuto delle conversazioni ad essa relative - così da aiutare MA AC ad eludere le investigazioni in relazione al traffico di stupefacenti. Il primo giudice aveva ritenuto che non vi fosse alcuna prova della volontà dell'imputato di commettere il falso, perché questi aveva informato prontamente il referente ispettore dei fatti relativi all'utenza telefonica, e di conseguenza aveva ritenuto insussistente anche il reato di favoreggiamento, rispetto al quale il falso era strumentale. Sull'appello del Pubblico ministero proposto il 20 settembre 2016, la Corte di appello, mentre ha confermato la assoluzione per il reato di falso (in quanto si trattava in realtà di reato di omessa denuncia, assorbito dal favoreggiamento), è pervenuta a differenti conclusioni per il reato di favoreggiamento personale, per il quale si richiede soltanto il dolo generico e la prova che l'imputato sapesse degli indizi di reato emersi dalle captazioni a carico del AC. Peraltro, la stessa Corte di appello ha rilevato che la prescrizione di detto delitto è maturata il 15 maggio 2020. 2. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, denunciando, a mezzo di difensore, i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza del dolo e alla necessità di motivazione rafforzata sul punto oggetto di accertamento in primo grado. La Corte di appello era tenuta a rendere una motivazione rafforzata per riformare il giudizio di assoluzione, mentre la stessa non si è confrontata con quanto accertato in primo grado in ordine alla carenza di dolo (mancanza di consapevolezza di reati commessi dal AC in quanto rassicurato dai colleghi;
mancanza di volontà di aiutare qualcuno ad eludere le investigazioni).
2.2. Violazione dell'art. 603, comma 3-bis cod. proc. pen. per mancata rinnovazione della istruttoria dibattimentale. La Corte di appello non si è posta il problema, nel riformare il giudizio assolutorio, di rinnovare l'istruttoria dibattimentale, posto che il primo giudice si era basato sulla attendibilità di quanto dichiarato dall'imputato e dal teste Esposito e lo stesso Pubblico ministero nell'appello aveva fornito una diversa lettura delle dichiarazioni dell'imputato.La Corte di appello a sua volta ha aderito alla prospettiva del Pubblico ministero, pur evitando di far riferimento diretto alla fonte del proprio convincimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito illustrate.
2. Prima di esaminare le censure del ricorrente, va rilevata in via preliminare l'inammissibilità dell'appello del Pubblico ministero. Secondo un principio di diritto più volte affermato, la inammissibilità dell'impugnazione non rilevata dal giudice di secondo grado deve essere dichiarata dalla Corte di cassazione, quali che siano state le determinazioni cui detto giudice sia pervenuto nella precedente fase processuale, atteso che, non essendo le cause di inammissibilità soggette a sanatoria, esse devono essere rilevate, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del procedimento (tra tante, Sez. U, n. 3775 del 21/12/2017, dep. 2018, Tuttolomondo, in motivazione;
Sez. 3, n. 35715 del 17/09/2020, Rv. 280694;
Sez. 5, n. 27135 del 23/03/2018, M, Rv. 273231;
Sez. 2, n. 40816 del 10/07/2014, Gualtieri, Rv. 260359).
2.1. Tra i profili di inammissibilità del gravame il Collegio rileva in primo luogo quello della genericità. Questa Corte ha già affermato che è inammissibile l'appello che si limiti alla mera riproposizione dei temi già valutati insufficienti o inidonei dal giudice di primo grado senza specifica confutazione del fondamento logico e fattuale degli argomenti svolti in sentenza, trattandosi di impugnazione inidonea ad orientare il giudice di secondo grado verso la decisione di riforma (tra tante, Sez. 6, n. 25711 del 17/05/2016, Rv. 267011). Detto orientamento ha trovato conforto nella decisione delle