Cass. civ., SS.UU., sentenza 08/05/2018, n. 11018

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Il diritto ad una somma di denaro pari a otto euro per ciascuna giornata di detenzione in condizioni non conformi ai criteri di cui all'art. 3 della CEDU, previsto dall'art. 35 ter, comma 3, della l. n. 354 del 1975, come introdotto dall'art. 1 del d.l. n. 92 del 2014, conv. con modif. dalla l. n. 117 del 2014, si prescrive in dieci anni, trattandosi di un indennizzo che ha origine nella violazione di obblighi gravanti "ex lege" sull'amministrazione penitenziaria. Il termine di prescrizione decorre dal compimento di ciascun giorno di detenzione nelle su indicate condizioni, salvo che per coloro che abbiano cessato di espiare la pena detentiva prima del 28 giugno 2014, data di entrata in vigore del d.l. cit., rispetto ai quali, se non sono incorsi nelle decadenze previste dall'art. 2 del d.l. n. 92 del 2014, il termine comincia a decorrere solo da tale data.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 08/05/2018, n. 11018
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 11018
Data del deposito : 8 maggio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

1 1018-18 7 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE CIVILI Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Responsabilità GIOVANNI MAMMONE - Primo Presidente - dello Stato per detenzione in condizioni STEFANO SCHIRO' - Presidente Sezione - degradanti Ud. 30/01/2018 - - Rel. Pres. Sez. -P C PU R.G.N. 22170/2015 ULIANA ARMANO - Consigliere - Gear, 4018 Rep. MAGDA CRISTIANO - Consigliere - ANTONIO GRECO - Consigliere - LUCIA TRIA - Consigliere - ANDREA SCALDAFERRI - Consigliere - LUIGI GIOVANNI LOMBARDO - Consigliere - ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 22170-2015 proposto da: 30 T8 MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso I'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

- ricorrente -

contro

C G, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL VIMINALE 38. presso lo studio dell'avvocato FERDINANDO ROBERTAPAOLANTONIO, rappresentato e difeso dall'avvocato P;
-controricorrente - avverso il decreto n. 924/2014 del TRIBUNALE di L'AQUILA, depositato il 23 febbraio 2015. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 30 gennaio dal Presidente P C;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell'Avvocato Generale M M, che ha concluso, in via principale, affinché si disponga la rimessione alla Sezione ordinaria, in subordine per il rigetto del ricorso;
uditi gli avvocati Antonio Grumetto per l'Avvocatura Generale dello Stato e Roberta Pilotti per il controricorrente. Ric. 2015 n. 22170 sez. SU - ud. 30-01-2018 -2- Ragioni della decisione 1. Gianni C convenne in giudizio il Ministero della giustizia dinanzi al Tribunale di L'Aquila, esponendo di essere stato ristretto in varie case circondariali per una pluralità di periodi tra il 1996 e il 2014 e di aver subito un trattamento inumano a causa delle condizioni di detenzione. Chiese il risarcimento dei danni, ai sensi dell'art. 35-ter dell'ordinamento penitenziario, in misura di 25.512 euro.

2. Il Ministero della giustizia, oltre a contestare nel merito le affermazioni del ricorrente, eccepì la prescrizione del diritto al risarcimento dei danni "per il periodo precedente ai cinque anni" o, in subordine, ai dieci anni, in quanto la richiesta avrebbe potuto "comunque essere oggetto di azione secondo le precedenti disposizioni di legge".

3. Il Tribunale accolse la domanda integralmente, respingendo l'eccezione di prescrizione perché il diritto al risarcimento del danno da detenzione in stato di degrado, non era riconosciuto dalla normativa interna prima dell'entrata in vigore della nuova legge e perché, la previsione di un termine di decadenza per l'esercizio di un diritto, è incompatibile con la decorrenza della prescrizione.

4. Ritenne poi che, a fronte dell'onere di allegazione del ricorrente, che deve indicare il trattamento disumano al quale assume di essere stato sottoposto, gravasse sul Ministero un onere di contestazione specifica e, a seguire, l'onere della prova dell'insussistenza delle condizioni di degrado, considerata la notorietà del sovraffollamento carcerario e la esclusiva disponibilità delle informazioni sulla situazione degli specifici istituti di detenzione.

5. Il Ministero ha proposto ricorso per cassazione. Ric. 2015 n. 22170 sez. SU - ud. 30-01-2018 -3- 6. Il motivo è unico e concerne solo il problema relativo alla prescrizione.

7. Sotto la rubrica "violazione dell'art. 2935 e dell'art. 2947 c.C., nonché dell'art. 35-ter dell'ordinamento giudiziario", si sostiene che l'art. 35-ter ord. pen. non ha introdotto un diritto nuovo, ma solo una semplificazione processuale dell'azione di risarcimento danni prevista dall'art. 2043 cod.civ., relativamente alle ipotesi di violazione dell'art. 3 CEDU, per rendere il nostro ordinamento compatibile con le prescrizioni contenute nella sentenza T della Corte EDU. Da tale ricostruzione consegue che il diritto del C si era già estinto con riferimento ai periodi anteriori al quinquennio.

8. Il C si è difeso con controricorso.

9. La terza sezione civile ha rimesso gli atti al primo presidente con ordinanza del 28 settembre 2017, ritenendo che la controversia ponga questioni di massima di particolare importanza, concernenti l'applicabilità alla fattispecie in esame del principio di diritto espresso dalla sentenza 16783/2012 delle sezioni unite civili e la natura giuridica del rimedio previsto dall'art. 35-ter, ord. pen. 10. Il primo presidente ha investito le sezioni unite. ***** 11. La Corte europea dei diritti dell'uomo, con sentenza dell'8 gennaio 2013, emessa nella causa T ed altri c. Italia, si è occupata del problema del sovraffollamento carcerario in Italia e delle conseguenti condizioni di vita dei detenuti. I ricorrenti assumevano di essere o di essere stati 12. detenuti in celle in cui disponevano di uno spazio inferiore a 3 Ric. 2015 n. 22170 sez. SU - ud. 30-01-2018 -4- mq. per persona, oltre che con problemi relativi alla possibilità di fare una doccia con acqua calda e alle condizioni di luce. Il ricorso esaminato dalla Corte EDU è il primo di una 13. moltitudine di ricorsi aventi lo stesso tema, in quanto, come ha rilevato la Corte di Strasburgo, nel 2010 vi erano in Italia 67.961 persone detenute nelle 206 carceri, che avevano una capienza massima di 45.000 persone, con un tasso nazionale di sovraffollamento del 151%. Tutti i Tribunali di sorveglianza investiti dei ricorsi dei 14. detenuti, con la sola eccezione di quello di Lecce, avevano escluso che rientrasse nella loro competenza la possibilità di condannare l'amministrazione a risarcire i detenuti per i danni eventualmente subiti a causa delle condizioni di detenzione. 15. La Corte EDU, dopo aver rigettato l'eccezione di mancato esaurimento delle vie di ricorso interne, ritenute non effettive, affermò che vi era stata violazione dell'art. 3 della Convenzione, in base al quale: "Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti". Quanto alle vie per affrontare il problema sistemico del 16. sovraffollamento, richiamando i suoi precedenti, la Corte rammentò che in materia di condizioni detentive i rimedi "preventivi" devono coesistere con quelli "compensativi", nel senso che "quando un ricorrente sia detenuto in condizioni contrarie all'art. 3 della Convenzione, la migliore riparazione possibile è la rapida cessazione della violazione del diritto a non subire trattamenti inumani e degradanti. Inoltre, chiunque abbia subito una detenzione lesiva della propria dignità, deve poter ottenere una riparazione per la violazione subita". 17. Secondo la Corte il rimedio previsto dall'ordinamento italiano, costituito dal reclamo al magistrato di sorveglianza ai sensi degli artt. 35 e 69 ord. pen., è uno strumento Ric. 2015 n. 22170 sez. SU - ud. 30-01-2018 -5- "accessibile, ma non effettivo nella pratica" perché non consente di porre rapidamente fine alla carcerazione in condizioni contrarie all'art. 3 CEDU, mentre "lo stato italiano non ha dimostrato l'esistenza di un ricorso in grado di consentire alle persone incarcerate in condizioni lesive della loro dignità di ottenere una qualsiasi forma di riparazione per la violazione subita". Di qui la conclusione per cui "le autorità nazionali devono 18. creare senza indugio un ricorso o una combinazione di ricorsi che abbiano effetti preventivi e compensativi e garantiscano realmente una riparazione effettiva delle violazioni della Convenzione risultanti dal sovraffollamento carcerario in Italia". 19. Tutto ciò premesso, la Corte ha condannato l'Italia a risarcire il "danno morale" subito dai ricorrenti ed ha liquidato i relativi importi, tenendo conto del tempo trascorso in cattive condizioni di detenzione. Ha poi dichiarato che, a causa della violazione dell'art. 3 della Convenzione, lo "ŝtato italiano dovrà, entro un anno, istituire un ricorso o un insieme di ricorsi interni effettivi idonei ad offrire una riparazione adeguata e sufficiente in caso di sovraffollamento carcerario, conformemente ai principi della Convenzione come stabiliti nella giurisprudenza della Corte". ***** Il Governo è intervenuto emanando il decreto legge 26 20. giugno 2014, n. 92, convertito con modificazioni nella legge 11 agosto 2014, n. 117. Nella prima parte del provvedimento si richiama la 21. straordinaria necessità e urgenza di ottemperare a quanto disposto dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nella sentenza Ric. 2015 n. 22170 sez. SU - ud. 30-01-2018 -6- 8 gennaio 2013.

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