Cass. pen., sez. IV, sentenza 03/10/2022, n. 37179
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Testo completo
seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: PE OL nato a [...] il [...] TI ET nato a [...] il [...] SC NO nato a [...] il [...] HI CO nato a [...] il [...] avverso la sentenza del 10/12/2020 della CORTE APPELLO di NAPOLIvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere MARIAROSARIA BRUNO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore OLGA MIGNOLO che ha concluso chiedendo udito il difensore Il collegio ha verificato la regolarità delle notifiche degli avvisi di udienza in relazione all'avvocato PERFETTO GIUSEPPE del foro di NAPOLI unico difensore di PE OL, posto che il codifensore DE OL ID del foro di NAPOLI non risulta abilitato al patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori. Si dà atto che in data designando quale difensore e procuratore speciale l'avvocato PERFETTO GIUSEPPE del foro di NAPOLI, oggi presente. Il Procuratore Generale MIGNOLO OLGA conclude per il rigetto dei ricorsi per PE OL e TI ET;
per l'inarnmiissibilità del ricorso per SC NO;
per l'annullamento senza rinvio con rideterminazione della pena per HI CO. L'avvocato PERFETTO GIUSEPPE del foro di NAPOLI in difesa di PE OL illustrando i motivi del ricorso insiste per l'accoglimento. L'avvocato VANNETIELLO DARIO del foro di NAPOLI in difesa di TI ET illustrando i motivi insiste per l'accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 10 dicembre 2020, la Corte d'appello di Napoli, decidendo in sede di rinvio a seguito di pronuncia di annullamento della Corte di Cassazione, Sezione Terza (n. 42933/19), in riforma della sentenza della Corte d'appello di Napoli del 9/4/2018, ha rideterminato la pena inflitta a PI LO in quella di anni 9 mesi 4 di reclusione, previa esclusione dell'aggravante della transnazionalità;
ha rideterminato la pena inflitta CA MA, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, in quella di anni 2, mesi 4 di reclusione ed euro 3.000,00 di multa, revocando le pene accessorie;
ha confermato la pena inflitta a ST RE e AN FR. Gli imputati rispondevano a vario titolo dei reati di cui agli artt. 74 e 73 d.P.R. 309/90, detenzione e porto di armi comuni da sparo. L'annullamento aveva riguardato i capi 10) e 14) dell'imputazione elevata a carico di ST RE — afferenti ai delitti di cui agli art. 73 d.P.R. 309/90, 10, 12 e 14 I. 497/74 - limitatamente all'aggravante di cui all'art. 7 I. 203/91, contestata in entrambe le imputazioni. In relazione alla posizione di CA MA, ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 73, comma 4, d.P.R. 309/90, la Corte di Cassazione aveva rilevato un'omessa pronuncia in ordine alla richiesta di concessione delle circostanze attenuanti generiche. Con riferimento alla posizione di AN FR, ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 73 d.P.R. 309/90, aggravato ai sensi dell'art. 7 I. 203/91, la Corte di Cassazione aveva rilevato una discrasia tra la pena indicata in dispositivo e quella indicata in motivazione. Ha quindi annullato la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio, osservando che, ferma restando la pena indicata in dispositivo, pari ad anni 6 di reclusione ed euro 18.000 di multa, doveva essere offerta giustificazione nel corpo motivazionale in ordine alla sua determinazione. Quanto alla posizione di PI LO, la Corte di Cassazione aveva individuato un difetto di motivazione afferente agli aspetti che riguardavano la ritenuta partecipazione dell'imputato all'associazione finalizzata al traffico di stupefacenti di cui al capo 1) della rubrica.
2. Avverso la sentenza di cui sopra hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati, articolando i seguenti motivi di ricorso.
3. PI LO.
2 -v I) Inosservanza dell'art. 627 cod. proc. pen. Il giudice di rinvio non si è uniformato alla decisione di annullamento della Corte di Cassazione, mancando di colmare le lacune motivazionali che erano state rilevate nel giudizio rescindente e ripetendo le medesime argomentazioni censurate in sede di legittimità. La Suprema Corte aveva individuato un difetto di motivazione nella parte riguardante la partecipazione del PI all'associazione di cui al capo 1) della rubrica, segnalando che erano state richiamate, in modo sintetico, le dichiarazioni dei collaboratori OD De RO, IE GI ed SP RM, le quali risultavano in contrasto tra loro su un punto decisivo, rappresentato dalla gestione della piazza di spaccio ad opera del ricorrente per conto del clan TI. Le contraddizioni messe in rilievo dalla difesa nell'atto di appello non avevano formato oggetto di considerazione nella motivazione della sentenza. La pronuncia di annullamento aveva inoltre rilevato come non fosse stata offerta risposta al rilievo difensivo riguardante l'attribuzione all'imputato delle conversazioni intercettate n. 8998 e 18392. II) Violazione di legge per erronea applicazione ed interpretazione delle norme in tema di valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e travisamento di esse in ordine alla ritenuta partecipazione del PI LO all'associazione di cui all'art. 74, comma 1, d.P.R. 309/90;
intrinseca illogicità della motivazione in tema di affectio societatis;
mancanza assoluta di motivazione per la posizione del ricorrente La Corte d'appello, nella sentenza impugnata, sarebbe incorsa nei medesimi errori rilevati in sede di annullamento. Solo il collaboratore De RO indicava il PI come intraneo al clan TI, mentre SP e IE riferivano del diverso ruolo di spacciatore svolto dall'imputato, dapprima con IE RO e poi da solo. Nessun collaboratore afferma che la "piazza di spaccio" gestita da IE fosse del clan TI. Il contrasto tra le dichiarazioni del De RO e quelle degli altri collaboratori permane evidente anche nella sentenza impugnata, non chiarendo la Corte d'appello come siano conciliabili tali discrasia: non si supera il dato oggettivo della mancata collocazione del PI nel clan contini da parte di IE ed SP. In realtà la Corte di merito finisce per svilire il narrato dell'SP, definendolo di difficile collocazione temporale, senza affrontare realmente la questione della divergenza del contenuto delle dichiarazioni.IE GI, dal canto suo, si limita a riferire che il PI "lavorerebbe con lo zio nella piazza Sant'AN", senza alcun riferimento ad uno specifico clan;
tale dichiarazione viene poi sconfessata da quelle rese dai collaboratori Corte AN e De Magistris Ciro. In conclusione, sia il IE che l'SP RM parlano dell'autonoma gestione di una personale piazza di spaccio da parte del PI, non riconducibile in alcun modo al clan. Della partecipazione del ricorrente all'associazione delineata nel capo 1) della imputazione vi è un riscontro negativo rappresentato dal contenuto delle dichiarazioni dei collaboratori De Magistris e Corte;
solo il De RO indica il PI come intraneo al clan e vicino al ST. Ad ogni modo le dichiarazioni dell'SP si riferiscono al periodo 2010-2011, laddove la contestazione si riferisce al periodo compreso tra il settembre 2011 e tutto il 2015. III) Violazione di legge ed erronea applicazione delle norme in tema di valutazione delle intercettazioni ambientali con particolare riferimento all'attribuzione al ricorrente delle conversazioni intercettate;
violazione degli artt.187, 192, 234 cod. proc. pen.;
travisamento del loro contenuto in ordine alla ritenuta partecipazione del PI all'associazione di cui all'art. 74 d.P.R. 309/90;
intrinseca illogicità della motivazione in tema di affectio socistatis;
mancanza assoluta di motivazione sul punto. Le intercettazioni ambientali richiamate in motivazione n. 8998 del 14/6/12 e n. 18392 dell'8/3/13, registrate a distanza di ben 9 mesi tra loro, oggetto dell'annullamento della Suprema Corte, sono del tutto inidonee a fungere da riscontro alle dichiarazioni dei collaboratori. Critica generale a queste intercettazioni, in cui parlano terze persone, riguarda l'identificazione del ricorrente sulla base del soprannome PA o ET. La Corte d'appello replica a tali critiche affermando che il soprannome del ricorrente era ON, circostanza che conferirebbe certezza all'identificazione. In realtà solo IE attribuisce a PI tale soprannome. Sono poi citate una serie di conversazioni (n. 3297, 5150, 5166) in cui ricorre l'appellativo di "P o' NG. A parte la considerazione che l'annullamento aveva riguardato le due sole conversazioni n. 8998 e 18392, quelle richiamate in motivazione sono del tutto irrilevanti, poiché riguardano una vacanza a Barcellona e la partecipazione ad una partita di calcio. Nel contenuto della conversazione n. 8998 di fatto emerge la gestione di una piazza di spaccio chiusa dopo una settimana. La circostanza è inidonea a dimostrare l'inserimento del ricorrente nel sodalizio di cui si tratta. Emerge che il PI subiva l'imposizione del clan a cui doveva versare dei soldi, il che contrasta con la tesi dell'appartenenza del PI all'associazione.Del tutto fuorviante è l'interpretazione del contenuto dell'intercettazione n. 18392. In tale conversazione il ricorrente non interviene mai: si sentono terze persone che esclamano "ci sta pure LE. E poi citata in motivazione la conversazione n. 2785, in cui si parla di attività del tutto irrilevanti nell'economia delle accuse mosse al ricorrente. IV) Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 7 I. 203/91 Le conversazioni richiamate in motivazione attestano che il ricorrente ha chiuso la "piazza" proprio per le vessazioni e le richieste esose del clan TI. L'accertata conflittualità economica con il clan non consente di ritenere che il reato sia stato commesso al fine di agevolare il clan TI. D'altro canto i collaboratori SP e De Magistris, in sintonia con quanto emerge dalle conversazioni, narrano di una "gestione autonoma" della piazza di spaccio da parte del ricorrente svolta con l'utilizzo del telefonino. V) Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 74, comma 4, d.P.R. 309/90 Non sarebbe soddisfacente