Cass. civ., sez. V trib., sentenza 16/09/2004, n. 18687
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. P E - Presidente -
Dott. A E - Consigliere -
Dott. F N - Consigliere -
Dott. F G - rel. Consigliere -
Dott. D B A - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELL'ECONOMIA E FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
- ricorrente -
e da
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
- ricorrenti -
contro
Società I.G.O.R. INDUSTRIA GRASSI OLII RAFFINATI S.p.A, in persona dell'Amministratore delegato e legale Rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA SANTA MARIA IN VIA 12, presso lo studio dell'avvocato P Q, che lo difende unitamente all'avvocato GIANFRANCO NEGRI CLEMENTI, giusta procura speciale notaio Dott. R S - rep. n. 52739 del 26-3-02 -Orzinuovi;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 125/01 della Corte d'Appello di BRESCIA, depositata il 05/03/01;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/06/04 dal Consigliere Dott. Giuseppe FALCONE;
udito per il resistente l'Avvocato QUATTROCCHI che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO Federico che ha chiesto il rigetto del ricorso;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Igor s.p.a. ha chiesto il rimborso della tassa sulle società perché ritenuta in contrasto con la Direttiva Cee n. 335/69. Il Tribunale ha accolto la domanda ed ha condannato il Ministero delle Finanze al pagamento di lire 63.000.000.
La Corte di Appello ha confermato la sentenza impugnata. Ha proposto ricorso il Ministero delle Finanze. Ha resistito la società con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il Ministero ha dedotto violazione e falsa applicazione dell'art. 13 D.P.R. n. 641/72 lamentando che la Corte di Appello, per le somme
versate nel 1988, ha ritenuto che devono essere equiparate la spedizione dell'istanza di rimborso e la presentazione all'ufficio, senza che si possano fare distinzioni tra atti recettizi e non recettizi.
La censura è infondata alla stregua dell'orientamento secondo il quale ai fini della verifica della tempestività della domanda di rimborso delle tasse sulle concessioni governative devesi avere riguardo alla data di spedizione e non a quella di ricezione della domanda, sempre che, in caso di specifica contestazione, l'istante provi che alla spedizione della domanda sia seguita la ricezione della stessa (Cass. sentenze n. 11362/01, n. 1691/00, n. 11973/99). Nella specie, l'Amministrazione non ha mosso alcuna contestazione in ordine al ricevimento della istanza, per cui il principio testè richiamato, sicuramente condivisibile, deve trovare piena applicazione.
Con il secondo e con il terzo motivo il ricorrente ha chiesto l'applicazione dello ius superveniens di cui all'art. 11 l. n. 448/98 sotto il seguente duplice profilo:
a) dalle somme versate per l'iscrizione nel registro delle imprese e per il successivo mantenimento di detta iscrizione secondo le disposizioni previgenti, che l'Aniministrazione è tenuta a rimborsare perché indebite, debbono essere detratte quelle dovute secondo quanto stabilito dal citato articolo 11 l. n. 448/98;
b) la misura degli interessi sulle somme che l'Amministrazione finanziaria è tenuta a rimborsare viene stabilita secondo criteri diversi da quelli fissati, in via generale, dagli articoli 1 e 5 l. n. 29/1961, ma al tasso in concreto del 2,5%. La censura è infondata
e deve essere rigettata.
Il profilo attinente alla richiesta di riduzione dei rimborsi in applicazione dell'art. 11 citato non può essere condiviso, giusta l'orientamento già espresso con le sentenze nn. 7176/99, 11473/01 e 8961/03. L'Amministrazione, richiamandosi all'articolo 11 in esame, ha chiesto in sostanza che dalle somme da rimborsare (perché ritenute incompatibili con la normativa comunitaria in quanto "non remunerative") siano "detratte" quelle dovute per l'iscrizione dell'atto costitutivo e degli altri atti sociali, nella misura stabilita nel primo comma dello stesso articolo.
Ma, qui, in questa causa, in verità si sta discutendo solo di restituzione della tassa annuale e non certo della tassa dovuta per l'iscrizione dell'atto costitutivo, o della tassa dovuta per l'iscrizione di altri atti sociali (di cui in effetti nella specie non si ha neanche notizia). Chiaramente, quindi, la pretesa dell'Amministrazione è innanzitutto inammissibile perché estranea all'oggetto del giudizio, come questo risulta delineato nell'atto introduttivo. E poi, inoltre, la pretesa relativa alla detrazione per l'iscrizione di atti diversi dall'atto costitutivo è anche infondata poiché l'ammontare della tassa di che trattasi è stato stabilito dal legislatore in modo del tutto astratto e generico (nè dalla relazione al disegno di legge ne' dagli atti parlamentari risulta che esso sia stato determinato, sia pure forfettariamente in funzione dei costi dell'operazione). In un tale contesto, è evidente che non sono stati forniti elementi tali che consentano di assegnare al nuovo tributo (introdotto con l'art. 11) il "carattere remunerativo", che lo renderebbe compatibile con la normativa comunitaria. Anche il profilo relativo alla misura degli interessi non può essere condiviso, essendo la disciplina dettata dall'articolo 11 della legge n. 485/98 sicuramente incompatibile con le norme comunitarie, come è
stato già deciso di recente (cfr. Cass. sent. n. 8961/03). E invero, il tasso di interesse stabilito dalla norma denunziata è sensibilmente inferiore a quello fissato, in via generale, dall'art. 5 l. n. 29/1961 per la restituzione delle somme pagate per tasse e
imposte indirette sugli affari non dovute. In questo modo, è stata prevista una disciplina meno favorevole di quella prevista in via generale per la ripetizione di quanto pagato in più dal contribuente, disciplina che contrasta con il principio secondo il quale "osta a che uno Stato membro adotti norme che subordinano la restituzione di un tributo dichiarato incompatibile con il diritto comunitario.....a condizioni meno favorevoli di quelle che si applicherebbero, in mancanza di tali norme, alla restituzione del tributo di cui trattasi" (Corte di Giustizia delle Comunità Europee, sent. 10.9.2002, C-216/99 e C-222/99). Con il quarto motivo il ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione dell'articolo 91, comma 1^, c.p.c., sia perché la somma liquidata sarebbe stata eccessiva e sia perché la particolare complessità della materia avrebbe dovuto indurre ad una compensazione.
Anche questa censura è infondata in quanto:
a) il rigetto dell'appello comporta la soccombenza dell'appellante, cui normalmente segue la condanna alle spese;
b) la mancata compensazione delle spese non è sindacabile in Cassazione, costituendo un potere del giudice del merito;
c) il ricorrente non ha indicato quale violazione in concreto il Giudice di Appello avrebbe commesso nella determinazione dei diritti e dell'onorario.
Sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di Cassazione.