Cass. civ., sez. V trib., sentenza 25/03/2024, n. 7936

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La domanda di rimborso di imposte dirette in relazione alle quali l'imposta versata, pur legittimamente corrisposta a mezzo di ritenuta alla fonte, risulta indebita nel successivo accertamento, deve proporsi a pena di decadenza, ai sensi dell'art. 38 d.P.R. n. 602 del 1973, decorrente dal momento in cui il contribuente è tenuto alla restituzione della prestazione principale e non già da quello in cui è stata eseguita la ritenuta.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 25/03/2024, n. 7936
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 7936
Data del deposito : 25 marzo 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Numero registro generale 12394/2019 Numero sezionale 123/2024 Numero di raccolta generale 7936/2024 Data pubblicazione 25/03/2024 REPUBBLICA ITALIANA In nome del Popolo Italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati Oggetto IRPEF RIMBORSO SILENZIO RIFIUTO ETTORE CIRILLO Presidente A GTRO Consigliere ALBERTO CRIVELLI Consigliere UP – 06/02/2024 D CCA Consigliere ROSANNA ANGARANO Consigliere rel. ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 12394/2019 R.G. proposto da: AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata ex lege in Roma, Via dei Portoghesi, 12, presso l'Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende, – ricorrente –

contro

S C, in qualità di erede di M AITA, elettivamente domiciliata in Roma, via XX settembre n. 3, presso lo studio dell'Avv. B N S che la rappresenta e difende, – controricorrente – Nonché

contro

Numero registro generale 12394/2019 Numero sezionale 123/2024 Numero di raccolta generale 7936/2024 Data pubblicazione 25/03/2024 EREDI DI M ATITA, impersonalmente e collettivamente, –intimati– avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. CALABRIA n. 3336 del 2018, depositata il 26 ottobre 2018. udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 6 febbraio 2024 dal Consigliere R A;
dato atto che il Sostituto Procuratore Generale, G L, ha chiesto la cassazione senza rinvio della sentenza impugnata per difetto di legittimatio ad causam del ricorrente;
sentito l'Avv. dello Stato, Massimo Di Benedetto, per l'Agenzia delle entrate e l'Avv. Bruno Nicola Sassani per C S.

FATTI DI CAUSA

1. L'Agenzia delle entrate ricorre nei confronti degli eredi di Anita Mazzoleni, citandoli collettivamente ed impersonalmente, entro un anno dal decesso, nell'ultimo domicilio della de cuius, nonché nei confronti dell'erede C S, avverso la sentenza in epigrafe. Resiste con controricorso la sola C S.

2. La Corte dei conti, sezione giurisdizionale della Calabria, con sentenza n. 259 del 2005, aveva riconosciuto ad Anita Mazzoleni la spettanza della indennità integrativa speciale anche sulla pensione di reversibilità percepita a seguito del decesso del coniuge. L'Inpdap, di conseguenza, in pendenza del giudizio di appello, aveva spontaneamente provveduto a liquidare tutto quanto dovuto per l'anno 2005, al netto delle ritenute, e, a partire dalla dati di pubblicazione della sentenza, aveva corrisposto l'indennità controversa, applicando le ritenute di legge. Nel 2010, la sentenza che aveva riconosciuto il trattamento pensionistico favorevole era stata riformata in appello attribuendo l'indennità su entrambi i trattamenti pensionistici solo nei limiti del c.d. 2 Numero registro generale 12394/2019 Numero sezionale 123/2024 Numero di raccolta generale 7936/2024 Data pubblicazione 25/03/2024 minimo Inps. Di conseguenza, l'Inps, subentrata nel rapporto, aveva richiesto la restituzione dell'importo corrisposto per il periodo compreso tra il 6 marzo 1998 ed il 30 aprile 2010 per un totale di euro 57.888,07, accordando il recupero dell'indebito mediante trattenuta mensile sulla pensione. La contribuente, dovendo restituire l'intero importo al lordo dell'imposizione fiscale, con istanza datata 8 aprile 2014, chiedeva al Fisco la restituzione delle ritenute applicate al momento della liquidazione e, formatosi il silenzio rifiuto, lo impugnava.

3. La C.t.p. accoglieva il ricorso. La C.t.r. rigettava l'appello dell'Ufficio. In via preliminare rilevava che l'eccezione di decadenza sollevata dall'Ufficio solo in appello, benché ammissibile, fosse infondata nel merito. In particolare, riteneva che alla fattispecie si applicasse il termine decadenziale di quarantotto mesi previsto dall'art. 38 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, e che il dies a quo dovesse essere identificato nella data di richiesta della restituzione da parte dell'Inps datata 13 aprile 2010;
che, pertanto, l'istanza di rimborso presentata in data 8 aprile 2014 era tempestiva. Aggiungeva che nessun rilievo aveva la circostanza della mancanza di prova dell'effettiva restituzione delle somme in favore dell'Inps, essendovi autonomia tra i due rapporti, ovvero quello tra il contribuente e l'Inps e quello tra quest'ultima ed il Fisco.

4. Con ordinanza interlocutoria 21868 del 2023 la causa è stata rinviata a nuovo ruolo per trattazione in pubblica udienza.

5. La controricorrente ha depositato memoria. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Con l'unico motivo di ricorso, l'Agenzia delle entrate censura, ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 37 e 38, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 e 21, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 1992. 3 Numero registro generale 12394/2019 Numero sezionale 123/2024 Numero di raccolta generale 7936/2024 Data pubblicazione 25/03/2024 La ricorrente muove plurime censure. In primo luogo contesta l'individuazione del dies a quo di decorrenza del termine di cui all'art. 38 d.P.R. n. 600 del 1973, ai fini della decadenza, nel giorno di ricevimento della richiesta di restituzione da parte dell'Inps, ritenendo che, invece, lo stesso decorra dal momento in cui era stata operata la ritenuta, ovvero nella fattispecie in esame, nel 2005. Con censura logicamente preliminare, critica la sentenza impugnata per aver ritenuto applicabile il termine di cui all'art. 38 d.P.R. n. 600 de 1973 (o di cui all'art. 37 d.P.R. cit.), in mancanza del presupposto dell'errore materiale o della duplicazione ed inesistenza della obbligazione tributaria;
osserva che, invece, avrebbe dovuto trovare applicazione il termine di due anni di cui all'art. 21 d.lgs. n. 546 del 1992 contenente disposizione di carattere generale, decorrente dalla data in cui l'Inps aveva richiesto la restituzione delle somme, ovvero dal 13 aprile 2010. Censura, ancora, la sentenza impugnata per aver ritenuto «sufficientemente certo» l'importo delle ritenute fiscali, sebbene il contribuente non avesse dato prova di aver effettivamente restituito all'Inps gli importi indebitamente percepiti al lordo delle ritenute. Deduce, infine, che anche l'importo di queste ultime non era provato.

2. La questione controversa attiene alle modalità attraverso le quali il contribuente che sia tenuto a restituire all'ente erogatore, in quanto indebite, somme che hanno concorso alla determinazione dell'imponibile negli anni passati e, come tali, soggette a ritenute alla fonte, possa recuperare, in caso di restituzione a lordo, le imposte già oggetto di trattenuta. Nella fattispecie, viene in rilievo una prestazione pensionistica erogata prima dall'Inpdap e poi dall'Inps, ma la medesima questione si pone non soltanto per i redditi da lavoro dipendente, bensì per tutti i redditi assoggettati a tassazione con il criterio di cassa. 4 Numero registro generale 12394/2019 Numero sezionale 123/2024 Numero di raccolta generale 7936/2024 Data pubblicazione 25/03/2024 3. La questione è stata oggetto di vari interventi normativi che appare opportuno riepilogare.

3.1. In primo luogo viene in rilievo l'art. 10, comma 1, lett. d-bis) t.u.i.r., richiamato dalla difesa erariale, che, nella versione vigente fino all'anno di imposta 2012, disponeva che «Dal reddito complessivo si deducono, se non sono deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formarlo, i seguenti oneri sostenuti dal contribuente […] le somme restituite al soggetto erogatore, se hanno concorso a formare il reddito in anni precedenti». La lett. d-bis) cit. è stata inserita dall'art. 5 d.lgs. 2 settembre 1997, n. 314 così rubricato: «Armonizzazione, razionalizzazione e semplificazione delle disposizioni fiscali e previdenziali concernenti i redditi di lavoro dipendente e dei relativi adempimenti da parte dei datori di lavoro». Il legislatore, inserendo detta disposizione ha introdotto un nuovo onere deducibile, pari, appunto, all'importo delle somme che in un periodo d'imposta sono state assoggettate a tassazione e, successivamente, sono state rimborsate all'ente erogatore. La disposizione aveva l'obiettivo di risolvere proprio il problema posto dalla fattispecie in esame, ovvero quello del rimborso delle imposte pagate su somme percepite e assoggettate a tassazione secondo il criterio di cassa e poi restituite al soggetto erogatore. Non essendo previsto, infatti, l'istituto delle sopravvenienze passive per i redditi tassati con il criterio di cassa, rimaneva dubbia l'esistenza di un supporto giuridico per procedere al rimborso delle imposte relative a somme che erano entrate nella disponibilità del contribuente, ma che successivamente erano state restituite. Va aggiunto che per effetto della lettera h) del comma 2 del nuovo articolo 48 (ora 51 t.u.i.r.), come sostituito dall'art. 3 d.lgs. n. 314 del 1997, il predetto onere deducibile poteva anche essere riconosciuto 5 Numero registro generale 12394/2019 Numero sezionale 123/2024 Numero di raccolta generale 7936/2024 Data pubblicazione 25/03/2024 direttamente dal sostituto di imposta e non concorrere a formare il reddito imponibile, evitando così che il contribuente dovesse presentare la dichiarazione

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