Cass. civ., SS.UU., sentenza 19/11/2002, n. 16264

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La perdurante applicabilità, nell'istruttoria e nella discussione del procedimento disciplinare a carico di magistrati, delle norme del codice di procedura penale del 1930 per effetto del rinvio ricettizio alle disposizioni di quel codice operato dagli artt. 32 e 34 del R.D.Lgs. 31 maggio 1946, n. 511, non suscita alcun dubbio di legittimità costituzionale - ed è pertanto manifestamente infondata la relativa questione - in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, non potendo valere come "tertium comparationis" le disposizioni del nuovo codice di procedura penale, essendo queste espressione di un sistema profondamente innovato, e non integrando la diversità di trattamento tra incolpato nel procedimento disciplinare e imputato, violazione alcuna del diritto di difesa, atteso che, a prescindere dalla diversità sotto il profilo strutturale e funzionale dell'uno e dell'altro procedimento, anche nel procedimento disciplinare a carico dei magistrati è assicurato un nucleo centrale di garanzie difensive per l'incolpato nel rispetto del principio del contraddittorio.

È manifestamente infondata, in riferimento al nuovo testo dell'art. 111 della Costituzione, sotto il profilo della necessaria terzietà ed imparzialità dell'organo giudicante, la questione di legittimità costituzionale delle norme disciplinanti la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, nella parte in cui prevedono una parziale coincidenza della sua composizione con quella del "plenum" del CSM, competente a decidere sulla richiesta di trasferimento d'ufficio per incompatibilità ambientale dello stesso magistrato incolpato, ai sensi dell'art. 2 del R.D.Lgs. 31 maggio 1946, n. 511; e ciò sia in quanto trattasi di procedimenti diversi, quello finalizzato al trasferimento d'ufficio del magistrato per incompatibilità ambientale avendo natura amministrativa, a differenza del procedimento disciplinare, che - affidato ad una sezione la cui composizione è regolata secondo criteri direttamente fissati dalla legge - ha natura giurisdizionale; sia perché il cumulo di funzioni amministrative e giurisdizionali in capo ai componenti del CSM è previsto direttamente dall'art. 105 della Costituzione.

In tema di procedimento disciplinare a carico di magistrati, la valutazione della gravità della infrazione disciplinare commessa dall'incolpato - anche in ordine al riflesso del fatto addebitato sulla stima del magistrato, sul prestigio della funzione esercitata e sulla fiducia nell'istituzione - e la determinazione della sanzione adeguata rientrano tra gli apprezzamenti di merito affidati alla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, il cui giudizio è insindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 19/11/2002, n. 16264
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 16264
Data del deposito : 19 novembre 2002

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. A G - Presidente di Sez.
f.f. di Primo Presidente -
Dott. A F - Presidente di Sez. -
Dott. A E - rel. Consigliere -
Dott. M V - Consigliere -
Dott. L F D N - Consigliere -
Dott. M G L - Consigliere -
Dott. G G - Consigliere -
Dott. F R - Consigliere -
Dott. G M - Consigliere -
ha pronunciato la seguente

SENTENZA
Sul ricorso iscritto al n. 9029/2002 del R.C. AA.CC.
proposto
da
N, elettivamente domiciliato in LOCALITA1, Via E.NOME2 n.6, presso lo studio del Prof. Avv. N che unitamente
all'Avv. NOME4 lo difende come da procura a margine del ricorso.


- ricorrente -


contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro p.t. in carica, elettivamente domiciliato in LOCALITA1, via dei Portoghesi n. 20, presso l'Avvocatura dello Stato che lo rappresenta e difende ope legis.

- controricorrente -


e contro
PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE.

- intimato -


per la cassazione della sentenza della Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura del 21.12.2001/23.01.2002. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27.09.2002 dal Cons. Dott. NOME5.
Sentiti gli Avv.ti Ne NOME4.
Udito il P.M. in persona del Sost. Proc. Generale Dott. NOME6 che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
A seguito di inchiesta ispettiva, il Ministro della Giustizia promuoveva azione disciplinare nei confronti del Dott. N, Presidente di Sezione del Tribunale di LOCALITA2, al quale veniva contestata la violazione dell'art 18 del r.d.l. 31 maggio 1946 n. 511, per essere venuto meno ai doveri di corretta ed imparzialità
del magistrato, compromettendo in tal modo il prestigio suo e quello dell'Ordine giudiziario, in relazione ad una molteplicità di episodi comportamentali.
In particolare al Dott. N venivano addebitati, tra l'altro, i seguenti fatti, così enunciati nei capi che ancora interessano:
"B) ha esercitato pressioni nei confronti dei magistrati della Sezione e ha interferito indebitamente nella amministrazione dei beni sequestrati nell'ambito di procedure assegnate a collegi ai quali era estraneo e precisamente: 1) ha tentato di indurre l'amministratore giudiziario dei beni sequestrati nell'ambito della procedura di prevenzione a carico di tale NOME7- condannato per reati di associazione mafiosa - a conferire l'incarico di direttore di una struttura alberghiera in favore di persona (successivamente tratta in arresto e quindi condannata per reati di associazione mafiosa) segnalatagli da un conoscente, in contrasto con le disposizioni impartite al predetto amministratore dal giudice delegato della procedura, il quale, reso avvertito del fatto che la struttura alberghiera era sita in località ad alta densità mafiosa, aveva stabilito che l'incarico venisse conferito a persona estranea alla zona, da individuare mediante selezione affidata a ditta operante in campo nazionale";

"C) ha nominato quali amministratori giudiziari e/o liquidatori persone segnalate dai colleghi come collegate ad ambienti mafiosi o comunque poco affidabili e precisamente: 1) ha nominato quale liquidatore nella procedura a carico di NOME8 il dott. NOME9 nonostante, in precedenza, i giudici N0 e
N1 gli avessero segnalato che il predetto
professionista risultava da altra procedura di prevenzione come persona di fiducia dell'indiziato di associazione mafiosa NOME7, in quanto sindaco di cinque società facenti capo allo NOME7 ed indicato da un collaboratore come persona che lo aveva presentato allo NOME7;
2) ha nominato in diverse procedure come amministratore giudiziario o liquidatore il Dott. N2 (procedura N3, NOME8, N4e N5), la cui poca affidabilità veniva segnalata ai fratelli N3 (decreto del 19 settembre 1997) e successivamente confermata da una richiesta di revoca della nomina da parte del giudice delegato del procedimento N3 (provvedimento del 4 febbraio 1999);

"E) in difformità della prassi costantemente seguita nella Sezione per le misure di prevenzione, ha provveduto ad attribuire a magistrati diversi le funzioni di giudice delegato e di giudice relatore nell'ambito della medesima procedura di prevenzione, provvedendo a nominare se stesso giudice delegato in numerose procedure - per lo più relative a beni sequestrati a costruttori - nelle quali non era giudice relatore;
in tal modo violando, altresì, i criteri di designazione automatica previsti con circolare del Presidente del Tribunale di LOCALITA2 in data 16 aprile 1996, secondo la quale "Il presidente di sezione designa il giudice relatore con criterio automatico in base al numero di iscrizione della richiesta sul relativo registro (...).Il giudice relatore sarà nominato dal collegio giudice delegato della procedura".
Il Dott. N, nel corso dell'istruzione sommaria condotta dalla Procura Generale della Cassazione, respingeva gli addebiti e depositava una articolata memoria. Con successiva memoria chiariva ulteriormente i fatti e le modalità dei vari interventi. Disposto il rinvio a giudizio dell'incolpato, in udienza venivano rigettate le richieste di sospensione del procedimento disciplinare;
erano ritenute manifestamente infondate le sollevate questioni di legittimità costituzionale degli artt. 32 e 34 del R.D.L. 511 del 1946;
si procedeva all'interrogatorio dell'incolpato, il quale, fra l'altro, depositava altra memoria difensiva con allegata documentazione;
infine venivano escussi i testi ammessi. All'esito dell'istruttoria dibattimentale, la Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura, con sentenza del 21.12.2001/23.01.2002, dichiarava il Dott. N responsabile delle incolpazioni ascrittegli ai suddetti capi B) n. 1, C) ed E) e gli infliggeva la sanzione della censura con trasferimento di ufficio dalla sede di LOCALITA2.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso a queste Sezioni Unite il Dott. N in base a quattro motivi. Il Ministro della Giustizia ha resistito con controricorso. MOTIVI DELLA DECISIONE


1. Col primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 34 del R.D.L. 31 maggio 1946 n. 511, in relazione al D.P.R. 22 settembre 1988 n. 447 ed agli artt. 3 e 24 della Costituzione. Sulla premessa che il rinvio operato dall'art. 34 del R.D.L. n. 511/46 "alle norme dei dibattimenti penali deve
ritenersi mobile, il Dott. N si duole della mancata applicazione, ad opera del giudice disciplinare, delle norme del nuovo codice di procedura penale di cui al D.P.R. n. 477/88, lamentando il fatto che nella discussione del giudizio disciplinare siano state adottate non le norme dibattimentali del vigente codice di procedura penale, bensì quelle dell'abrogato codice di procedura penale del 1930.
Assume il ricorrente che lo stravolgimento delle regole processuali (circa i tempi e le modalità di interrogatorio dell'incolpato e di escussione dei testi) avrebbe, pertanto, determinato un non corretto contraddittorio nella formazione delle prove, con conseguente loro inutilizzabilità per violazione del diritto della difesa.

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