Cass. civ., sez. V trib., ordinanza 25/11/2021, n. 36590
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uente ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 1074/2015 R.G. proposto da Immobiliare Grande Distribuzione Società di Investimento Immobiliare Quotata s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta delega a margine del ricorso, dall'Avv. I F, elettivamente domiciliata presso lo studio dell'Avv. F C, in Roma, Via Emilia, n. 88;- ricorrente -contro Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12 1 Cons. Est. Luigi D'Orazio F5N 1074/2015 -controricorrente - avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell'Emilia-Romagna, n. 974/5/2014, depositata ilj6 maggio 2014. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 ottobre 2021 dal Consigliere Luigi D'Orazio. RILEVATO CHE: 1.La Commissione tributaria regionale dell'Emilia-Romagna dichiarava inammissibile l'appello proposto dalla Immobiliare Grande Distribuzione Società di Investimento avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Ravenna (n. 21/3/2011), che aveva respinto il ricorso contro l'avviso di accertamento emesso nei suoi confronti (R8CO3T300135/2009), per l'anno 2005, ai fini Irap, per la somma di euro 27.446,00, dall'Agenzia delle entrate, con aumento del valore delle rimanenze finali di immobili in corso di costruzione dell'importo di euro 645.781,00, qualificando il contratto stipulato dalla contribuente con la società Eurocommerciale Properties Italia s.r.I., per un immobile in corso di costruzione, come contratto di appalto, e non come vendita di cosa futura. In particolare, il giudice d'appello, preliminarmente, rilevava che la sentenza di prime cure era stata depositata il 21 gennaio 2011, sicché il termine lungo di cui all'art. 327 c.p.c., scadeva il 21 luglio 2011, in quanto il processo di primo grado era stato instaurato dopo il 4 luglio 2009, quando era entrata in vigore la legge n. 69 del 2009, che aveva ridotto a sei mesi tale termine lungo. Non rilevava, invece, la successiva comunicazione di avvenuto deposito, effettuata il 31 gennaio 2011, con conseguente scadenza domenica 31 luglio e, stante la sospensione estiva, prorogata/15 settembre 2011. L'appello era stato proposto soltanto il 14 settembre 2011. 2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione la società contribuente. 3. Resiste con controricorso l'Agenzia delle entrate. 2 Cons. Est. Luigi D'Orazio R 1074/2015 CONSIDERATO CHE: 1.Con il primo motivo di impugnazione la società deduce la "riproposizione delle censure riguardanti i vizi dell'accertamento già dedotti in prime cure stante la totale mancanza di motivazione della sentenza di secondo grado impugnata sui punti essenziali della controversia sollevati dal contribuente in primo grado- Mancanza di motivazione in relazione ai documenti e alla situazione di fatto descritta in ricorso e riproposta in appello-Mancato esame da parte della sentenza di secondo grado delle censure già dedotte in primo grado". La ricorrente, quindi, si duole del fatto che né il giudice di primo grado né il giudice d'appello hanno valutato il merito della vicenda tributaria, in quanto, mentre il primo provvedimento ha omesso di valutare gli aspetti contrattuali che disciplinavano i rapporti tra le parti, la Commissione regionale non li ha esaminati, avendo affermato la tardività dell'impugnazione. 2. Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente lamenta la "erroneità della sentenza di appello per violazione e/o errata interpretazione dell'art. 327 c.p.c. nel procedimento tributario nella parte in cui applica il principio per cui la decorrenza del termine dovrebbe computarsi dal deposito della sentenza e non dalla comunicazione di esso deposito". La sentenza di primo grado era stata depositata in data 21 gennaio 2011, ma era stata comunicata solo in data 31 gennaio 2011, a seguito di discussione alla pubblica udienza del 24 settembre 2010, quindi dopo il decorso di 142 giorni. Il termine semestrale lungo di cui all'art. 327 c.p.c. doveva decorrere, allora, solo dal 10 febbraio 2009, con scadenza il 10 agosto 2009, che però era il primo giorno di sospensione feriale, sicché tale termine scadeva il 16 settembre 2009, al termine della sospensione feriale. Nel caso in cui le sentenze non siano state depositate entro il termine di legge, di trenta giorni, il termine lungo dovrebbe decorrere dal momento in cui la parte ha avuto conoscenza dell'avvenuto deposito della sentenza e, quindi, dal giorno in cui sia pervenuta alla parte la comunicazione di avvenuto deposito della sentenza e non dal deposito della stessa. La parte non potrebbe essere gravata dell'onere di verificare se sia venuto meno il deposito della sentenza, nel caso in cui non sia stato rispettato il termine per il deposito della stessa. 3 Cons. Est. Luigi D'Orazio F/411074/2015 3. Il secondo motivo è infondato, con assorbimento del primo motivo. 3.1.Invero, l'art. 31 del d.lgs. 546/1992 prevede che "la segreteria dà comunicazione alle parti costituite della data di trattazione almeno trenta giorni liberi prima". L'art. 37, al prtrfg commahtabilisce che "la sentenza è resa pubblica, nel testo integrale originale, mediante deposito nella segreteria della Commissione tributaria entro trenta giorni dalla data della deliberazione. Il segretario fa risultare l'avvenuto deposito apponendo sulla sentenza la propria firma e la data". 9-z Il SOCCald13 commatieWart. 37 del d.lgs. 546/1992 dispone, poi, che "il dispositivo della sentenza è comunicato alle parti costituite entro dieci giorni dal deposito di cui al comma precedente". 2- L'art. 38, ce2ara:tp comma;del d.lgs. 546/1992 sancisce che "le parti hanno l'onere di provvedere direttamente alla notificazione della sentenza alle altre parti a norma dell'art. 16" L'art. 38, G12/9 commdel d.lgs. 546/1992 prevede che "se nessuna delle parti provvede alla notificazione della sentenza, si applica l'art. 327 comma Tale disposizione non si applica se la parte non costituita dimostri di non aver avuto conoscenza del processo per nullità della notificazione del ricorso e della comunicazione dell'avviso di fissazione dell'udienza". 3.2.Nella specie, però, il contribuente ha proposto l'appello e si è, quindi, costituito in giudizio, partecipando anche all'udienza pubblica, sicché non può applicarsi il disposto dell'art. 38, bfldp comma4 ultima parte, che si riferisce solo alla parte "non costituita". La società ha partecipato alla pubblica udienza, avendo ricevuto la comunicazione della fissazione dell'udienza. Per questa Corte, infatti, nel processo tributario l'ammissibilità dell'impugnazione tardiva, oltre il termine "lungo" dalla pubblicazione della sentenza, previsto dall'art. 38, comma 3, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, presuppone che la parte dimostri l' "ignoranza del processo", ossia di non averne avuto alcuna conoscenza per nullità della notificazione del ricorso e della comunicazione dell'avviso di fissazione dell'udienza, situazione che non si ravvisa in capo al ricorrente costituito in giudizio, cui non può dirsi ignota la 4 Cons. Est. Luigi D'Ozio RGN 1074/2015 / •peoposizione dell'azione, dovendosi ritenere tale interpretazione conforme ai principi costituzionali e all'ordinamento comunitario, in quanto diretta a realizzare un equilibrato bilanciamento tra le esigenze del diritto di difesa e il principio di certezza delle situazioni giuridiche. Né assume rilievo l'omessa comunicazione della data di trattazione, che è deducibile quale motivo di impugnazione ai sensi dell'art. 161, primo comma, cod. proc. civ., in mancanza della quale la decisione assume valore definitivo in conseguenza del principio del giudicato (Cass., sez. 5, 15 ottobre 2013, n., 23323). In motivazione questa Corte (Cass., 15 ottobre 2013, n. 23323;poi seguita da Cass., sez 6-5, 13 giugno 2017, n. 14746) ha anche preso le distanze dall'isolato precedente (Cass., 6048/13) menzionato dal ricorrente nel ricorso per cassazione, che fa riferimento ai principi costituzionali di cui all'art. 111 Cost., a quelli della Corte Europea (art. 6 CEDU), già richiamati in sede di legittimità con o riferimento all'istituto di cui all'art. 153 comma 2i /c.p.c., come introdotto dalla legge 69/2009. Questa Corte, però, non ha inteso discostarsi dall'orientamento consolidato perché conforme al principio della intangibilità del giudicato e della certezza delle situazioni giuridiche e coerente sia ai principi costituzionali che a quelli dell'ordinamento comunitario. Una diversa disciplina del termine "lungo" di cui all'art. 327 c.p.c. altererebbe il sistema delle impugnazioni, nel quale la decorrenza fissata con riferimento alla pubblicazione della sentenza è un corollario del principio generale per cui, dopo un certo arco temporale, la cosa giudicata si forma indipendentemente dalla notificazione della sentenza ad istanza di parte, sicché lo spostamento del dies a quo dalla data di pubblicazione a quella di comunicazione della sentenza, restringerebbe irrazionalmente il campo di applicazione del termine lungo di impugnazione alle parti "costituite" in giudizio, alle quali soltanto la sentenza è comunicata ex officio. Peraltro, il termine lungo di un anno è stato ritenuto conforme al dettato costituzionale in ragione della sua "congruità". Si è, quindi, successivamente affermato che, nel processo tributario la nullità derivante dall'omessa od irregolare comunicazione dell'avviso di fissazione dell'udienza (ma non è questo il caso in esame, in cui la società contribuente ha 5 Cons. Est. Luigi D'Orazio RGN 1074/2015 ricevuto la comunicazione della fissazione dell'udienza pubblica e vi ha partecipato), può essere fatta valere solo impugnando tempestivamente la sentenza conclusiva del giudizio, ovvero proponendo l'impugnazione tardiva nei limiti ed alle condizioni di cui all'art. 327 cod. proc. civ. In mancanza, la sentenza acquista efficacia di giudicato e la nullità di essa non può essere fatta valere nei giudizi di impugnazione degli ulteriori atti consequenziali emanati dall'erario sulla base della sentenza ormai passata in giudicato (Cass., sez 5, 2 aprile 2015, n. 6692). Si è anche precisato che, nel processo tributario, per proporre impugnazione oltre il termine cd. lungo di cui all'art. 38, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, la parte è tenuta a dimostrare l'"ignoranza del processo", di talché detta situazione non può essere invocata dalla parte costituita in giudizio, senza che assuma rilievo l'omessa comunicazione della data di trattazione, in quanto la nullità della decisione pronunciata all'esito della stessa deve essere tempestivamente dedotta in sede di gravame e non trovando peraltro applicazione nelle controversie tributarie i principi dell'equo processo di cui all'art. 6 della CEDU (Cass., sez. 6-5, 9 ottobre 2018, n. 24899). La stessa Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha affermato che l'art. 6 della Convenzione EDU non si applica alle liti fiscali (v. Ferrazioni c. Italia del 12 luglio 2001), salve quelle aventi oggetto (anche) sanzioni amministrative equiparabili a quelle penali (v. Jussila c. Finlandia), che tuttavia non risultano essere ricomprese nell'oggetto del presente giudizio, per difetto di autosufficienza del ricorso.
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