Cass. civ., sez. II, sentenza 06/03/2019, n. 06458
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to la seguente SENTENZA sul ricorso 15718-2014 proposto da: COPELLO LISETTA, elettivamente domiciliata in ROMA, L.G0 MESSICO 7, presso lo studio dell'avvocato F T, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato D G;- ricorrente -contro T SONETTA ADA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIROGIO VASARI 5, presso lo studio dell'avvocato R R, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato F C;SANTORO RITA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. ZANARDELLI 36, presso lo studio dell'avvocato G G R, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati A G, N D;ASSICURATORI DEI LLOYD'S RAPPRESENTANZA GENERALE PER L'ITALIA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE REGINA MARGHERITA 278, presso lo studio degli avvocati M F e S G, che la rappresentano e difendono;UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SALARIA 292, presso lo studio dell'avvocato F B, rappresentata e difesa dall'avvocato G C S;- controricorrenti - nonché contro P S;- intimati - avverso la sentenza n. 1389/2013 della CORTE D'APPELLO di G, depositata il 10/12/2013;udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/10/2018 dal Consigliere Dott. A S;udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. AANDRO PEPE, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;uditi gli Avvocati Granara, Romeo, anche per delega dell'Avvocato Galvagna, Rude! e Baldi, per delega dell'avvocato Soave. Ric. 2014 n. 15718 sez. 52 - ud. 26-10-2018 -2- FATTI DI CAUSA L C ha proposto ricorso articolato in otto motivi avverso la sentenza n. 1389/2013 della Corte d'Appello di Genova, depositata il 10 dicembre 2013. Resistono con distinti controricorsi S A T, R S, Assicuratori dei Loyd's Rappresentanza Generale per l'Italia e la UnipoISAI Assicurazioni s.p.a. (già Fondiaria SAI s.p.a.). Rimane intimato senza svolgere attività difensiva S P. La ricorrente L C ha presentato memoria ex art.378 c.p.c. in data 19 ottobre 2018. L C convenne davanti al Tribunale di Chiavari S A T ed il notaio R S, chiedendo di accertare che la prima non avesse alcun diritto di proprietà o comproprietà sulla striscia di terreno aderente alla casa dell'attrice in via Trento n. 4 di Chiavari (area che invece la signora T occupava con beni e masserizie, ostruendone il transito), nonché di condannare il notaio S al risarcimento dei danni, per aver erroneamente indicato i confini della proprietà T nell'atto di acquisto da Angelo Cogorno del 19 aprile 2002, nonché in un precedente titolo. S A T dedusse di essere comproprietaria per un terzo della striscia di terreno in contesa, come da atto di divisione del 20 luglio 1987. Il notaio R S eccepì la prescrizione e chiamò in garanzia la Fondiaria SAI s.p.a. e la Loyd's of London Rappresentanza Generale per l'Italia. Veniva chiamato in giudizio altresì S P. Il Tribunale di Chiavari respinse le domande dell'attrice, dichiarando che la striscia di terreno fosse in comunione tra L C, S A T e S P, e, accogliendo la Ric. 2014 n. 15718 sez. 52 - ud. 26-10-2018 -3- riconvenzionale, condannò la signora Copello a rimuovere vasi ed altri oggetti dal sedime, nonché a rimborsare le spese alle convenute ed alle assicuratrici chiamate in causa. La Corte di Genova, rigettando l'appello di L C, osservò che nell'atto di divisione del 20 luglio 1987, stipulato tra i comproprietari originari dell'immobile, era individuata con chiarezza l'esistenza di una striscia di terreno posta tra il fabbricato ed i giardini, definita come "distacco condominiale", che rimaneva di proprietà comune dei condividenti. Secondo la Corte d'Appello, la striscia in contesa "come bene condominiale e pertinenza degli appartamenti è stata trasferita agli aventi causa dei condividenti originari, che sono i proprietari attuali della casa: in tanto appartiene per un terzo a L C, per un terzo a S P e per un terzo a S A T". Per i giudici di secondo grado, nemmeno rileva - in senso contrario - "il fatto che la striscia di terreno in contestazione non sia stata espressamente indicata - come bene pertinenziale - nel titolo di acquisto della signora T. Invero - in forza del principio per cui "accessorium sequitur principale" - gli atti traslativi aventi per oggetto i beni principali ovvero le proprietà individuali facenti parte di un condominio comprendono i beni pertinenziali - ove non sia diversamente disposto - ed i beni condominiali, che siano destinati per la loro funzione all'uso e servizio dei beni di proprietà solitaria. Nella fattispecie non è sostenibile che la striscia per cui è causa costituisca oggetto di una comunione ordinaria, perpetuatasi tra i proprietari originari dell'immobile, a sé stante e separata dal condominio, trattandosi - al contrario - a tutti gli effetti di un bene pertinenziale, definito espressamente come condominiale nel titolo originale di divisione dagli originari comproprietari della casa ed Ric. 2014 n. 15718 sez. 52 - ud. 26-10-2018 -4- appositamente escluso dalla divisione, siccome destinato propriamente al passaggio comune". Quanto alla domanda proposta contro il notaio, essa è stata ritenuta prescritta nella sentenza impugnata, essendo decorsi oltre cinque anni - alla data di proposizione della domanda - dalla data di stipula del rogito. In ordine alla decorrenza della prescrizione, non si sarebbe dovuto diversamente considerare il giorno in cui la signora T aveva iniziato ad avanzare diritti sul sedime in contestazione. La Corte d'Appello affermava che, in ogni caso, il notaio R S era "esente da colpa: invero il supposto errore nell'indicazione dei confini, in cui sarebbe incorso il notaio rogante, ovvero l'imprecisione dovuta alla mancata indicazione della proprietà condominiale del marciapiede o distacco, non poteva invalidare l'atto - intanto non richiedeva alcuna rettifica - né ingenerare confusione nell'individuazione dell'oggetto del contratto, che era chiaramente individuato e descritto con i suoi identificativi catastali, né tantomeno attribuire all'acquirente diritti superiori a quelli che le spettavano, risalendo la proprietà condominiale del distacco - inoppugnabilmente - al titolo originale di divisione tra gli originari comproprietari, espressamente richiamato nell'atto di acquisto della signora T". Quanto alla regolamentazione delle spese processuali, la Corte di Genova, dopo aver accolto in parte il gravame in ordine alla liquidazione operata dal Tribunale di Chiavari in favore del notaio S e delle compagnie assicuratrici, confermò che la Copello, in quanto soccombente, dovesse comunque rimborsare anche quelle sostenute da entrambe le chiamate in garanzia, in applicazione del principio di causalità. Ric. 2014 n. 15718 sez. 52 - ud. 26-10-2018 -5- RAGIONI DELLA DECISIONE I. Il primo motivo di ricorso di L C deduce l'omesso esame e l'omessa valutazione della documentazione prodotta in primo ed in secondo grado, comprovante fatti decisivi per il giudizio, nonché il travisamento del contenuto degli atti traslativi della proprietà del terreno oggetto di causa (facendo riferimento all'atto di divisione del 18 novembre 1940, all'atto di divisione del 20 luglio 1987, all'atto di cessione di diritti - donazione - divisione del 22 settembre 1993, all'atto di compravendita Cogorno/T del 19 aprile 2002, alla lettera del notaio R S del 2 febbraio 2010 ed alla bozza dell'atto di rettifica predisposta dallo stesso notaio). 1.1. Il primo motivo di ricorso rivela profili di inammissibilità ed è comunque infondato. In forza dell'art. 348 ter, comma 5, c.p.c. (nella specie applicabile ratione temporis, trattandosi di giudizio di appello introdotto il 20 marzo 2013), come pure eccepito dalla controricorrente Loyd's Rappresentanza Generale per l'Italia, rimane esclusa la ricorribilità in cassazione, ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., in quanto la sentenza d'appello ha confermato la decisione di primo grado per le stesse ragioni inerenti alle questioni di fatto. L'interpretazione di questa Corte ha peraltro chiarito come l'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall'art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, abbia introdotto nell'ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato Ric. 2014 n. 15718 sez. 52 - ud. 26-10-2018 -6- un esito diverso della controversia) (Cass. Sez. U, 07/04/2014, n. 8053). Concreta, pertanto, un "fatto", agli effetti dell'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non una "questione" o un "punto", ma un vero e proprio "fatto", in senso storico e normativo, un preciso accadimento ovvero una precisa circostanza naturalistica, un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante (Cass. Sez. 1, 04/04/2014, n. 7983;Cass. Sez. 1, 08/09/2016, n. 17761;Cass. Sez. 5, 13/12/2017, n. 29883;Cass. Sez. 5, 08/10/2014, n. 21152;Cass. Sez. U., 23/03/2015, n. 5745;Cass. Sez. 1, 05/03/2014, n. 5133). Non costituiscono, viceversa, "fatti", il cui omesso esame possa cagionare il vizio ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.: le argomentazioni o deduzioni difensive (Cass. Sez. 2, 14/06/2017, n. 14802: Cass. Sez. 5, 08/10/2014, n. 21152);gli elementi istruttori;una moltitudine di fatti e circostanze, o il "vario insieme dei materiali di causa" (Cass. Sez. L, 21/10/2015, n. 21439). Né la denuncia di omesso esame ex art. 360 n. 5 c.p.c. può ammissibilmente svolgersi, come avvenuto nei primo motivo di ricorso, mediante un elenco numerato di documenti, che si assumono inseriti nei fascicoli di parte delle pregresse fasi di merito, e dei quali viene sintetizzato il contenuto, senza rispettare la previsione dell'art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., e quindi senza indicare specificamente il "dato", testuale o extratestuale, in cui le circostanze comprovate dalla richiamata documentazione risultassero dedotte nei pregressi gradi di giudizio, in maniera da essere oggetto di discussione processuale tra le parti, ovvero senza specificare quali istanze la parte avesse rivolto al Tribunale ed alla Corte d'Appello nei propri scritti difensivi, prima della maturazione delle preclusioni assertive, per chiarire gli scopi dell'esibizione di quei documenti (arg. da Cass. Sez. 1, Ric. 2014 n. 15718 sez. 52 - ud. 26-10-2018 -7- 24/12/2004, n. 23976). Il giudice ha, infatti, il potere - dovere di esaminare i documenti prodotti solo nel caso in cui la parte interessata ne faccia specifica istanza, esponendo nei propri atti introduttivi, ovvero nelle memorie di definizione del "thema decidendum", quali siano gli elementi di fatto e la ragioni di diritto comprovate dall'allegata documentazione (Cass. Sez. 2, 16/08/1990, n. 8304;Cass. Sez. 3, 07/04/2009, n. 8377). La ricorrente, nel primo motivo, auspica, in definitiva, che la Corte di Cassazione tragga dai richiamati documenti un apprezzamento di fatto difforme da quello espresso dai giudici del merito, rivalutando le risultanze probatorie nel senso più favorevole alle sue tesi difensive, il che suppone un accesso diretto agli atti e una loro delibazione, attività non consentita in sede di legittimità. Le questioni inerenti alle violazioni o false applicazione di norme di diritto regolatrici della fattispecie proprietaria dedotta in lite saranno poi oggetto dell'esame dei successivi motivi di ricorso. 11.11 secondo motivo di ricorso di L C denuncia la violazione dell'art. 917 c.c. e del principio "accessorium sequitur principale", non ravvisandosi nella striscia di terreno per cui è causa gli elementi propri della pertinenza. Il terzo motivo di ricorso denuncia la violazione dell'art. 1117 c.c., evidenziando come la striscia di terreno fosse stata impropriamente definita "condominiale" nell'atto di divisione del 1987. La terza censura aggiunge che contraddittoriamente la sentenza impugnata abbia dapprima dichiarato la striscia di terreno in contesa come oggetto di proprietà comune alla medesima signora Copello, come al signor Palumbo ed alla signora T, senza però ordinare a quest'ultima di rimuovere i vasi e gli oggetti posizionati sulla stessa. Ric. 2014 n. 15718 sez. 52 - ud. 26-10-2018 -8- 11.1. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso vanno esaminati congiuntamente, in quanto connessi, e si rivelano infondati. La Corte d'Appello di Genova ha qualificato la striscia di terreno corrente tra gli immobili delle parti, siti in via Trento n. 4 di Chiavari, come "bene condominiale e pertinenza degli appartamenti", e così considerato che "gli atti traslativi aventi per oggetto i beni principali ovvero le proprietà individuali facenti parte di un condominio comprendono í beni pertinenziali - ove non sia diversamente disposto - ed i beni condominiali, che siano destinati per la loro funzione all'uso e servizio dei beni di proprietà solitaria". La qualificazione dell'area come condominiale è stata ricavata dai giudici di secondo grado dal "titolo originale di divisione dagli originari comproprietari della casa", trattandosi di bene "appositamente escluso dalla divisione, siccome destinato propriamente al passaggio comune". Ora, la situazione di condominio, regolata dagli artt. 1117 e seguenti del Codice Civile, si attua sin dal momento in cui si opera il frazionamento della proprietà di un edificio, a seguito del trasferimento della prima unità immobiliare suscettibile di separata utilizzazione dall'originario unico proprietario ad altro soggetto. La sentenza impugnata individua l'atto di frazionamento iniziale, dal quale ebbe origine il condominio delle unità immobiliari ora appartenenti a L C, S A T e S P, nella divisione ereditaria del 20 luglio 1987, allorché furono assegnati ai condividenti singoli appartamenti ed una porzione di orto. Individuato tale momento, doveva reputarsi operante la presunzione legale ex art. 1117 c.c. di comunione "pro indiviso" di tutte quelle parti del complesso che, per ubicazione e struttura, fossero - in tale momento costitutivo del Ric. 2014 n. 15718 sez. 52 - ud. 26-10-2018 -9- condominio - destinate all'uso comune o a soddisfare esigenze generali e fondamentali del condominio stesso, salvo che dal primo titolo di frazionamento non risultasse, in contrario, una chiara ed univoca volontà di riservare esclusivamente al venditore o ad alcuno dei condomini la proprietà di dette parti (Cass. Sez. 2, 18/12/2014, n. 26766;Cass. Sez. 2, 22/08/2002, n. 12340;Cass. Sez. 2, 07/08/2002, n. 11877). Nella specie, si ha riguardo (per quanto accertato in fatto dai giudici di merito, sulla base di apprezzamento loro spettante) ad area strutturalmente destinata a dare accesso al fabbricato ed ai giardini, definita nel titolo "distacco condominiale", in quanto tale facente parte delle cose comuni di cui all'art. 1117 c.c., dovendosi qualificarsi come cortile, agli effetti di tale disposizione, qualsiasi spazio esterno che abbia la funzione non soltanto di dare aria e luce all'adiacente fabbricato, ma anche di consentirne l'accesso (Cass. Sez. 2, 29/10/2003, n. 16241;Cass. Sez. 2, 03/10/1991, n. 10309). Tale bene, pertanto, ove manchi un'espressa riserva di proprietà o sia stato omesso nel primo atto di trasferimento qualsiasi univoco riferimento al riguardo, deve essere ritenuto parte comune dell'edificio condominiale, ai sensi del medesimo art. 1117 c.c., ceduta in comproprietà pro quota. Peraltro, questa Corte ha ancora di recente ribadito come, al fine di accertare se l'uso esclusivo di un'area esterna al fabbricato, altrimenti idonea a soddisfare le esigenze di accesso all'edificio di tutti i partecipanti, sia attribuito ad uno o più condomini, è irrilevante ex se la circostanza che l'area stessa, per la conformazione dei luoghi, sia stata di fatto goduta più proficuamente e frequentemente dal condomino titolare della contigua unità immobiliare (Cass. Sez. 2, 04/09/2017, n. 20712). Ne consegue che non ha alcun rilievo il contenuto dell'atto traslativo Cogorno/T del 19 Ric. 2014 n. 15718 sez. 52 - ud. 26-10-2018 -10- aprile 2002 (del quale la ricorrente evidenzia che non indicasse espressamente la striscia di terreno), non potendo esso valere quale titolo contrario ex art. 1117 c.c., né validamente disporre della proprietà esclusiva dell'area oggetto di lite, ormai compresa fra le proprietà comuni (rimanendo nulla, al contrario, la clausola, contenuta nel contratto di vendita di un'unità immobiliare di un condominio, con la quale venga esclusa dal trasferimento la proprietà di alcune delle parti comuni: cfr. Cass. Sez. 2, 29/01/2015, n. 1680). La mera circostanza che uno dei successivi atti di vendita di una singola unità immobiliare non contenga espressa menzione del trasferimento anche della comproprietà delle aree comuni non è, in sostanza, in alcun modo sufficiente a superare la presunzione posta dall'art. 1117 c.c., la quale, al contrario, comporta che all'atto stesso consegua l'alienazione, unitamente alla porzione esclusiva, della corrispondente quota di condominio su dette parti comuni. Stando, infatti, al consolidato orientamento di questa Corte, una volta accertata la sussistenza di una situazione di condominio di edifici, le vicende traslative riguardanti i piani o le porzioni di piano di proprietà individuale estendono i loro effetti, secondo il principio "accessorium sequitur principale", alle parti comuni necessarie per la struttura o destinate per la funzione al servizio degli immobili di proprietà solitaria (come, nella specie, la striscia destinata al passaggio comune), non trattandosi, per quanto accertato in fatto dalla Corte di Genova, di area legata agli appartamenti delle parti da mera relazione spaziale (Cass. Sez. 6 - 2, 26/10/2011, n. 22361;Cass. Sez. 2, 27/04/1993, n. 4931). Non è pertinente all'acclarata situazione di fatto la censura, contenuta nel secondo motivo, di violazione e falsa Ric. 2014 n. 15718 sez. 52 - ud. 26-10-2018 -11- applicazione dell'art. 817 c.c. La relazione di accessorietà tra parti comuni ed unità immobiliari, tipica del condominio di edifici, ex artt. 1117 e ss. c.c., esula dalla figura delle pertinenze ex art. 817 c.c. Nel condominio, il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, le facciate, i tetti, i cortili, gli impianti che servono all'uso comune, non sono «cose» distinte e autonome rispetto alle porzioni di proprietà individuale, ma «parti» indivisibili di un tutto. Le parti elencate o richiamate dall'art. 1117 c.c. non offrono, invero, alcuna utilità autonoma e compiuta, in quanto la loro utilizzazione oggettiva e il loro godimento soggettivo sono unicamente strumentali all'utilizzazione o al godimento degli appartamenti. Le pertinenze di cui all'art. 817 c.c., per contro, suppongono due «cose» che mantengono la loro identità, e che sono non congiunte fisicamente, quanto combinate in forza di una «destinazione durevole» (cioè, di una destinazione non episodica, ma comunque temporanea) al servizio o all'ornamento l'una dell'altra. Perché, peraltro, si crei un'efficace destinazione pertinenziale, basta essere proprietario o titolare di altro diritto reale sulla sola cosa principale, mentre non occorre affatto essere anche proprietario (o comproprietario) della cosa destinata a pertinenza. Ed ancora, il proprium della res accessoria è la sua non indispensabilità, ovvero la sua separabilità dal tutto, mentre la divisibilità delle parti comuni dell'edificio condominiale è rigidamente condizionata, in base all'art. 1119 c.c., al raffronto tra i vantaggi che i singoli condomini ritraevano in precedenza da esse e i vantaggi che ne ricaverebbero dopo la divisione (oltre che al "consenso di tutti i partecipanti al condominio", presupposto esplicitamente aggiunto dalla legge n. 220/2012). Ric. 2014 n. 15718 sez. 52 - ud. 26-10-2018 -12- Né vi è alcuna contraddizione tra l'accertamento della condominialità della striscia di terreno e la mancata condanna della signora T a rimuovere i vasi e gli oggetti posizionati su tale area, in quanto è noto come le due fondamentali limitazioni poste dall'art. 1102 c.c. all'uso della cosa comune da parte di ciascun condomino, ovvero il divieto di alterarne la destinazione e l'obbligo di consentirne un uso paritetico agli altri comproprietari, non impediscono al singolo partecipante, entro i limiti ora ricordati, di servirsi di essa anche per fini esclusivamente propri, traendone ogni possibile utilità, quali, nella specie, come denuncia la ricorrente, la collocazione di masserizie e di oggetti ornamentali (cfr., fra le tante, Cass. Sez. 2, 05/12/1997, n. 12344;Cass. Sez. 2, 06/05/1988, n. 3376). MAI quarto motivo di ricorso di L C lamenta, in relazione all'art. 360 n. 5, c.p.c., la mancata ammissione della CTU finalizzata a ricostruire le vicende che hanno riguardato la striscia di terreno per cui è causa, ad accertarne la proprietà, nonché a quantificare il costo di trascrizione della sentenza. 111.1. Il quarto motivo di ricorso è inammissibile, giacché del tutto estraneo al parametro di cui all'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (per quanto già detto in relazione al primo motivo di ricorso), tendendo esso a censurare la mancata ammissione della consulenza tecnica. L'ammissione della CTU, come più volte affermato da questa Corte, rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità, vieppiù ove con essa, come nella specie, si intendesse sollecitare non l'apporto di specifiche conoscenze scientifiche per dare soluzione ad una questione tecnica ad integrazione delle prove offerte, né la verifica di fatti che soltanto un esperto sia in grado di accertare, quanto la Rtc. 2014 n. 15718 sez. 52 - ud. 26-10-2018 -13- valutazione delle prove documentali costituite dai titoli di proprietà invocati dalle parti o la quantificazione della spesa di trascrizione di una sentenza (Cass. Sez. 1, 01/09/2015, n. 17399;Cass. Sez. 2, 03/01/2011, n. 72). IV. Il quinto motivo di ricorso di L C deduce la violazione degli artt. 2935, 2937 e 2947 c.c., quanto all'individuazione del dies a quo della prescrizione della domanda risarcitoria proposta nei confronti del notaio S e la rinuncia alla stessa prescrizione evincibile dal comportamento di quest'ultima. Il sesto motivo di ricorso deduce l'omesso esame e l'omessa valutazione della documentazione prodotta in primo ed in secondo grado, comprovante fatti decisivi per il giudizio, nonché il travisamento del contenuto della lettera e della bozza di atto di rettifica predisposte dal notaio S. IV.
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