Cass. pen., sez. VII, ordinanza 07/04/2020, n. 11480

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VII, ordinanza 07/04/2020, n. 11480
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 11480
Data del deposito : 7 aprile 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

seguente ORDINANZA sul ricorso proposto da: CONTE LUIGI nato a NAPOLI il 05/10/1980 avverso la sentenza del 05/02/2018 della CORTE APPELLO di VENEZIAdato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE SGADARI;

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

La CORTE APPELLO di VENEZIA, con sentenza in data 05/02/2018, confermava la condanna alla pena ritenuta di giustizia pronunciata dal TRIBUNALE di VICENZA, in data 30/09/2015, nei confronti di CONTE LUIGI in relazione ai reati di cui agli artt. 628 e 337 CP. Propone ricorso per cassazione l'imputato, deducendo il seguente motivo: violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al trattamento sanzionatorio. Il ricorso è inammissibile. Le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell'equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l'adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, Contaldo, Rv. 245931). Nel caso in esame, essendo già state riconosciute in primo grado le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, la Corte di Appello ha ritenuto equa tale statuizione in ragione delle gravi modalità dei fatti e della personalità del ricorrente in quanto soggetto attinto da precedenti penali specifici. L'imputato non ha ragione di dolersi della determinazione della pena in quanto è stata fissata nel minimo edittale. Peraltro, le sue doglianze in proposito sono del tutto generiche. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che ritiene equa, di euro tremila a favore della cassa delle ammende.
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi