Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 12/06/2004, n. 11213

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 12/06/2004, n. 11213
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 11213
Data del deposito : 12 giugno 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. S G - Presidente -
Dott. D L M - Consigliere -
Dott. C P - Consigliere -
Dott. M F A - Consigliere -
Dott. D M A - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

S
sul ricorso proposto da:
INPS - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA della

FREZZA

17, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati GIUSEPPE FABIANI, P S, L U P, giusta delega in atti;



- ricorrente -


contro
F T, già elettivamente domiciliata in ROMA v.le B.

BUOZZI

32, presso lo studio dell'avvocato R A, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato L Z, giusta delega in atti, e da ultimo d'ufficio presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;



- controricorrente -


avverso la sentenza n. 244/01 della Corte d'Appello di MILANO, depositata il 26/04/01 - R.G.N. 1133/2000;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio il 11/03/04 dal Consigliere Dott. A D M;

lette le conclusioni scritte dal sostituto Procuratore Generale Dott. O FRAZZINI, che ha concluso chiedendo che la Corte di Cassazione, in Camera di consiglio, accolga per manifesta fondatezza il presente ricorso.
FATTO E DIRITTO
Con sentenza 8 febbraio/26 aprile 2001 n. 244 la Corte d'Appello di Milano ha confermato la sentenza del locale giudice del lavoro che aveva condannato l'Inps a pagare a Teresa Fino la differenza della indennità di mobilità, calcolata tenendo conto dei massimali e della variazione annuale dell'indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai ed impiegati.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l'Inps, lamentando, con unico motivo, violazione e falsa applicazione dell'art. 1, comma 5, del d.l. 16 maggio 1994 n. 299, convertito con modificazioni nella legge 10 luglio 1994, n. 451, con riferimento all'art. 7, comma 3, della Legge 23 luglio 1991, n. 223. La intimata si è costituita con controricorso, resistendo. La doglianza dell'ente previdenziale deve ritenersi manifestamente fondata, si che il ricorso può essere deciso con sentenza in Camera di consiglio ai sensi dell'art. 375 c.p.c., come modificato dall'art. 1 Legge 24 marzo 2001, n. 89.
La sentenza impugnata si pone infatti in contrasto con l'orientamento consolidato della dalla giurisprudenza di legittimità (pronunce 10 luglio 2001 n. 10379, 23 settembre 2002 n. 13841, 8 ottobre 2002 n. 14412 e 7 luglio 2003 n. 10651), secondo cui il criterio di adeguamento automatico posto dall'art. 1, quinto comma, decreto legge 16 maggio 1994 n. 290, convertito il legge 19 luglio 1994 n. 451, che
ha modificato l'art. 1 legge 13 agosto 1980 n. 427, riguarda unicamente il trattamento straordinario d'integrazione salariale e solo indirettamente, quanto alla rivalutabilità dei massimari del relativo trattamento, incide anche sull'indennità di mobilità, la quale, invece, dopo la sua iniziale quantificazione, non è più incrementabile in conseguenza delle variazioni dell'indice ISTAT;
ne' la diversità del meccanismo di indicizzazione dell'indennità di mobilità rispetto a quello relativo all'integrazione salariale straordinaria suscita dubbi di illegittimità costituzionale, in relazione agli artt. 3 e 38 Costituzione, sia perché la differenziazione risponde alla scelta discrezionale del legislatore di offrire al lavoratore collocato in cassa integrazione una tutela leggermente maggiore rispetto a quella assicurata al lavoratore in mobilità, sia perché la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 184 del 2000, ha escluso che vi sia una esigenza costituzionale che imponga la rivalutabilità dell'indennità di mobilità oltre alla rivalutazione dei suddetti massimali.
Il ricorso va pertanto accolto, e la sentenza impugnata cassata. Sussistono i presupposti di legge previsti dall'art. 384 c.p.c., come modificato dall'art. 66 Legge 26 novembre 1990, n. 353 (accoglimento del ricorso per violazione di legge e non necessità di ulteriori accertamenti di fatto), perché questa Corte decida la controversia nel merito, respingendo la domanda della Fino. Compensa le spese dell'intero giudizio.

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