Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 07/11/2003, n. 16759
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Aula 'B' REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO $ LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE | Oggetto SEZIONE LA RO Lavoro1675 9 /03 Composta dagli Ill.mi Sig ri Dott. G SI Presidente R. G. N. 8198/01 Dott. F A M Consigliere Cron.34353 PICONE Consigliere Rep. Dott. Pasquale STILE Rel. Consigliere Ud.15/04/03 Dott. P Dott. Giovanni AMOROSO Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: CICERO MARIA, elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA COLA DI RIENZO 69, presso lo studio dell'avvocato R M, rappresentata e difesa dall'avvocato S M, giusta delega in atti; ricorrente contro INPS ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in del legale rappresentante pro tempore, persona elettivamente domiciliato in ROMA VIA DELLA FREZZA 17, 1'Avvocatura Centrale dell'Istituto, presso rappresentato e difeso dagli avvocati VINCENZO 2003 2290 CERIONI, GIOVANNA BIONDI, PILERIO SPADAFORA, giusta -1- | delega in calce alla copia notificata del ricorso; - resistente con mandato : avverso la sentenza n. 20/00 del Tribunale di MODICA, depositata il 23/03/00 R.G.N. 614/99; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/04/03 dal Consigliere Dott. P STILE; udito l'Avvocato LI MARZI per delega MAFFEI; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. A G che ha concluso per il rigetto del ricorso. -2- SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con ricorso depositato il 19 febbraio 1996, M C esponeva di avere lavorato come bracciante agricola negli anni 1991/92/93 presso l'azienda di Barone Carmelo e di avere richiesto all'INPS l'indennità di maternità per astensione obbligatoria e facoltativa relativamente al parto avvenuto in data 16 giugno 1994. Aggiungeva di essere stata iscritta negli elenchi anagrafici dei braccianti agricoli negli stessi anni, ma che l'INPS, con provvedimento del 22 maggio 1995, aveva sospeso la definizione del procedimento comunicando che riteneva insussistente il rapporto di lavoro denunciato. Tanto esposto, chiedeva che l'Istituto, previo accertamento del suo diritto alla chiesta indennità, venisse condannato al pagamento di quanto assumeva dovutole, oltre interessi e rivalutazione. Si costituiva il convenuto, contestando integralmente le avverse domande, deducendo nel merito l'insussistenza del rapporto di lavoro denunciato dalla by ricorrente e chiedendo il rigetto della domanda, oltre alle spese del giudizio. Con sentenza, depositata il 15 dicembre 1998, l'adito Pretore di Modica rigettava la domanda. Avverso tale sentenza, la C proponeva appello con ricorso depositato il 18 agosto 1999, deducendo che il Pretore aveva erroneamente ritenuto non provato il proprio rapporto lavorativo, non considerando che l'iscrizione negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli costituiva di per sé prova autonomamente sufficiente del rapporto di lavoro salva la ricorrenza di precisi elementi di fatto, tali da smentirne l'esistenza e da consentire la disapplicazione del provvedimento amministrativo;nel caso de quo non sussistevano tali elementi di fatto poiché al legame di affinità che univa l'appellante al datore di lavoro non si aggiungeva l'ulteriore elemento della coabitazione;le risultanze del verbale ispettivo non A erano affatto univoche e conducenti ai fini dell'esclusione del rapporto ed infine la mancata dimostrazione del pagamento di una retribuzione o del rispetto di un orario di lavoro ben poteva giustificarsi con la circostanza che per tale attività lavorativa la retribuzione poteva anche consistere in pagamenti in natura né era necessario il rispetto di un rigido orario di lavoro per poter ravvisare l'elemento della subordinazione. Si costituiva anche in questa fase l'INPS, contestando la fondatezza di tutte le doglianze, deducendo il difetto di qualsiasi prova sull'effettivo svolgimento di attività lavorativa da parte dell'appellante ed insistendo per il rigetto dell'appello. Con sentenza del 23 marzo 2000, l'adito Tribunale di Modica, ritenuto non provata la sussistenza del rapporto di lavoro negli anni in discussione, rigettava il gravame, confermando la pronuncia di primo grado. Per la cassazione di tale decisione ricorre M C con un unico motivo, ulteriormente illustrato da memoria ex art.378 c.p.c. L'INPS si è limitato a depositare procura. M MOTIVI DELLA DECISIONE Con l'unico motivo di ricorso, M C, denunciando violazione degli artt. 253, 412 e 437 c.p.c., omessa e insufficiente motivazione circa l'uso dei poteri istruttori, nonché motivazione illogica ed irrazionale (art.360 nn. 3 e 5 c.p.c.), lamenta che il Tribunale, conformemente all'assunto del Pretore, : a) aveva ritenuto la prova offerta dalla ricorrente, volta a mostrare la esistenza del rapporto di lavoro, "affatto generica e priva della precisione e del rigore necessari per la verifica dell'esistenza e delle caratteristiche del rapporto di lavoro dedotto in giudizio";b) non aveva considerato che la legislazione vigente, al comma 4 dell'art. 10, d.l. 3 febbraio 1970 n. 7, riserva un trattamento di favore alle assunzioni di lavoratori dipendenti nell'ambito di un rapporto parentale, consentendone l'assunzione diretta, senza per questo far discendere conseguenze particolari sul piano probatorio;c) non aveva tenuto presente che l'adozione della documentazione (costituita dai registri di impresa e dai prospetti paga) era stata introdotta obbligatoriamente per le imprese agricole soltanto con il d.l. n.510/96 (art.9 bis e 9 ter), mentre per il passato tale documentazione era pressoché sconosciuta a tali imprese Il motivo, così articolato, non può trovare accoglimento, risolvendosi, in buona parte, in argomenti inidonei, anche in via astratta, ad inficiare l'iter argomentativo del Giudice di appello. Invero, costituisce ormai ius receptum, che, con riferimento ai lavoratori subordinati a tempo determinato nel settore dell'agricoltura, il diritto dei medesimi alle prestazioni previdenziali, al momento del verificarsi dell'evento protetto, e' condizionato, sul piano sostanziale, dall'esistenza di una complessa fattispecie, che e' costituita dallo svolgimento di una attivita' di lavoro subordinato a titolo oneroso per un numero minimo di giornate in ciascun anno di riferimento, che risulti dall'iscrizione dei lavoratori negli elenchi nominativi di cui al R.D. 24 settembre 1940 n. 1949 e successive modificazioni e integrazioni o dal possesso del cosiddetto certificato sostitutivo (il quale, a norma dell'art. 4 D.L.Lgt. 9 aprile 1946 n. 212, puo' essere rilasciato a chi lo richiede nelle more della formazione degli elenchi). Pertanto, sul piano processuale, colui che agisce in giudizio per ottenere le suddette prestazioni ha l'onere di provare, mediante l'esibizione di un documento che accerti la suddetta iscrizione negli elenchi nominativi o il possesso del certificato sostitutivo (ed eventualmente, in aggiunta, mediante altri mezzi istruttori), gli elementi essenziali della complessa fattispecie dedotta in giudizio, fermo restando che il giudice del merito, a fronte della prova contraria eventualmente fornita dall'ente previdenziale, anche mediante la produzione in giudizio di verbali ispettivi, non puo' limitarsi a decidere la causa in base al semplice riscontro dell'esistenza dell'iscrizione (anche perche' quest'ultima, al pari dei suddetti verbali ispettivi e alla stregua di ogni altra attivita' di indagine compiuta dalla pubblica amministrazione, ha efficacia di prova fino a querela di falso soltanto della provenienza dell'atto dal pubblico funzionario e della veridicita' degli compiuti, ma non del accertamenti contenuto di tali accertamenti, qualora questi siano basati su dichiarazioni rese da terzi o, addirittura, dall'interessato), ma deve pervenire alla decisione della controversia mediante la comparazione e il prudente apprezzamento di tutti i contrapposti elementi probatori acquisiti alla causa (cfr., per tutte, Cass. sez. un. 26 ottobre 2000 n.1133). Orbene, il Tribunale di Modica, nel pervenire alla contestata decisione, si è attenuto scrupolosamente al sopra esposto insegnamento. Ha, infatti, osservato che la C non ha fornito elementi sufficienti a dimostrare di aver lavorato by presso l'azienda agricola di Barone Carmelo negli anni 1991, 1992 e 1993, poiché la sola iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli non può ritenersi sufficiente al fine di considerare assolto l'onere probatorio, allorché l'Istituto resistente deduca dei seri elementi di fatto che sconfessino la tesi del ricorrente. E nel caso de quo, non poteva sostenersi che l'Istituto di Previdenza si fosse limitato ad una generica contestazione del rapporto di lavoro, avendo fondato la stessa sugli elementi desumibili dal verbale ispettivo, ove era dato riscontrare la contraddittorietà e discordanza delle versioni fornite dal datore di lavoro (il quale aveva riferito che C Maria era stata impiegata solo nella raccolta delle mandorle, e perciò nei mesi di luglio e agosto, mentre la C negli anni 92 e 93 non aveva lavorato in tali mesi) e dalla C (la quale aveva sostenuto di aver provveduto anche ad abbeverare gli animali ma con modalità diverse da quelle indicate dal datore di lavoro riferisce per provvedere a tale attività nella sua azienda). A tali dati era inoltre da aggiungere -sempre secondo il Tribunale- la accertata circostanza dell'avvenuta cancellazione della C dagli elenchi anagrafici per gli anni 1991,1992 e 1993, per cui non poteva dubitarsi che nel 8 caso di specie sussistesse l'onere per la ricorrente di dimostrare l'esistenza del rapporto di lavoro con una documentazione maggiormente significativa. Andava, infine, osservato che -stante il rapporto di affinità tra la C e la famiglia del datore di lavoro anche qualora volesse negarsi sussistere la presunzione di gratuità della prestazione lavorativa tra persone affini per difetto della convivenza, non poteva certo ritenersi operare "ipso iure" una presunzione di senso contrario, indicativa cioè dell'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato dovendo comunque il lavoratore dimostrarne tutti gli elementi costitutivi (cfr. Cass. 8132/99). Nessuna violazione di legge o vizio di motivazione è, dunque, riscontrabile nella impugnata decisione. Né può fondatamente censurarsi l'affermazione del Tribunale, secondo cui by andava escluso che la prova per testi, dedotta nel ricorso introduttivo (“ Vero di aver lavorato alle dipendenze della ditta Barone Rosario negli anni 1991, 1992 e 1993") potesse ritenersi idonea a fornire tale tipo di dimostrazione, essendo essa 66affatto generica e priva della precisione e del rigore necessari per la verifica dell'esistenza e delle caratteristiche del rapporto di lavoro dedotto in giudizio". Trattasi, infatti, di un "articolato", che, per un verso, implica un inammissibile giudizio da parte del teste, circa lo svolgimento di un lavoro alle “dipendenze", e, che, per altro verso, -in quanto privo di ogni specificazione in ordine ai tempi ed ai modi di esecuzione della prestazione-, si pone in contrasto con l'orientamento di questa Corte, alla cui stregua la deduzione della prova per testi non può avvenire in modo generico ed impreciso, ma deve essere fatta con la indicazione specifica dei fatti da provare, al duplice scopo di consentire al giudice la valutazione della concludenza della prova ed alla controparte la preparazione di 5 adeguata difesa ( ex plurimis, Cass. 11 ottobre 1989 n.4056);la valutazione sulla idoneità della specificazione dei fatti dedotti nei capitoli di prova costituisce apprezzamento di merito non suscettibile di sindacato in sede di giudizio di cassazione se come nella specie- correttamente motivato (Cass. 19 febbraio 1997 n.1513). Il ricorso va, quindi, rigettato. Nulla per le spese non avendo l'INPS svolto attività difensiva.