Cass. pen., sez. VII, ordinanza 25/02/2020, n. 07344
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a seguente ORDINANZA sul ricorso proposto da: FANO CRISTOFORO nato a TORINO il 15/10/1946 avverso la sentenza del 29/03/2019 della CORTE APPELLO di GENOVAdato avviso alle parti;udita la relazione svolta dal Consigliere A P;--------- RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO La Corte di Appello di Genova, con sentenza in data 29/03/2019, confermava la pronuncia di primo grado resa dal Tribunale di La Spezia in data 29/03/2013 che aveva condannato C F alla pena di mesi otto di reclusione ed euro 200 di multa per i reati di cui agli artt. 648 cod. pen. (capo A) e 81, 640, 494 cod. pen. (capo B) nonché al risarcimento dei danni a favore della parte civile costituita liquidati in euro 1000. L'imputato ha proposto due distinti ricorsi per cassazione: il primo in proprio, il secondo tramite difensore. Il primo ricorso è assolutamente inammissibile. Come riconosciuto dalla Suprema Corte (Sez. U, n. 8914 del 21/12/2017, dep. 2018, Aiello, Rv. 272010), a seguito della riforma introdotta con I. n. 103/2017 e della modifica apportata agli artt. 571 e 613 cod. proc. pen., il ricorso personale dell'imputato, salvo specifiche eccezioni qui non ricorrenti, non è più consentito, a pena di inammissibilità, dovendo lo stesso essere sottoscritto unicamente da difensori iscritti nell'albo speciale della Corte di cassazione (nella motivazione della citata sentenza, le sezioni unite precisano che va tenuta distinta la legittimazione a proporre il ricorso dalle modalità di proposizione, attenendo la prima alla titolarità sostanziale del diritto all'impugnazione e la seconda al suo concreto esercizio, per il quale si richiede la necessaria rappresentanza tecnica del difensore). Il secondo ricorso è parimenti inammissibile. Con lo stesso si lamenta, con motivo unico, l'eccessività della pena inflitta. L'indicazione in motivazione - con riferimento alla determinazione dell'entità della pena - degli elementi negativi ritenuti di dominante rilievo non rende necessario l'esame dettagliato degli ulteriori elementi rappresentati solo genericamente nel ricorso (Sez. U, n. 5519 del 21/04/1979, Pelosi, Rv. 142252). E' quindi sufficiente, in considerazione dell'entità della pena determinata nella sentenza impugnata, il richiamo, tra i criteri di valutazione previsti dall'art.133 cod. pen., unicamente alla capacità a delinquere dell'imputato, desunta dai precedenti penali, e alla gravità dei fatti per le particolari modalità di commissione. Allorché la pena, come nel caso in esame, non si discosti eccessivamente dai minimi edittali, l'obbligo motivazionale previsto dall'art. 125, comma 3 cod. proc. pen. deve ritenersi assolto anche attraverso espressioni che manifestino sinteticamente il giudizio di congruità della pena o richiamino sommariamente i criteri oggettivi e soggettivi enunciati dall'art. 133 cod. pen. (cfr., Sez. 3, n. 38251 del 15/06/2016, Rignanese, Rv. 267949;Sez. 4, n. 27959 del 18/06/2013, Pasquali, Rv. 258356;Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, Serratore, Rv. 256197;Sez. 1, n. 24213 del 13/03/2013, Pacchiarotti, Rv. 255825;Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, Denaro, Rv. 245596;Sez. 6, n. 35346 del 12/06/2008, Bonarrigo, Rv. 241189;Sez. 3, n. 33773 del 29/05/2007, Ruggieri, Rv. 237402). Alla inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dai ricorsi (Corte cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si ritiene equa, di euro tremila a favore della cassa delle ammende
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