Cass. pen., sez. V, sentenza 11/05/2023, n. 20014
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Testo completo
la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: C M nato a TARANTO il 23/04/1940 C F nato a MLANO il 28/10/1971 avverso la sentenza del 27/04/2022 della CORTE APPELLO di MLANOvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere D B;lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale, Dott. Pasquale Serrao d'Aquino, il quale ha chiesto pronunciarsi il rigetto del ricorso. Ritenuto in fatto 1. Con sentenza indicata in epigrafe, la Corte appello Milano, in parziale riforma del provvedimento di primo grado con cui M C e F C erano stati condannati per il delitto di rapina aggravata, ha derubricato il delitto in quello di violenza privata aggravata ai sensi del secondo comma dell'art. 610, cod. pen., rideterminando la pena in mesi otto di reclusione ciascuno. 2. Avverso la sentenza, hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati, per il tramite del proprio difensore, Avv. D B, affidando le proprie censure ai motivi di seguito enunciati nei limiti richiesti dall'art. 173 disp. att. cod. proc. pen. 2.1. Con il primo motivo, si deduce vizio di motivazione in relazione alla ricostruzione della vicenda, per avere la Corte territoriale acriticamente recepito il narrato della persona offesa, T, che avrebbe tentato di aggravare i fatti avendo un interesse economico nella vicenda, senza considerare con altrettanta cura altre dichiarazioni acquisite agli atti, il cui contenuto si porrebbe in contrasto con le dichiarazioni della p.o. 2.2 Col secondo motivo, si lamenta violazione di legge con riferimento all'art. 192, comma terzo del codice di rito, per avere la Corte d'appello ritenuto attendibile il narrato della p.o., senza sottoporre a riscontri esterni le dichiarazioni dello stesso e senza adeguato vaglio della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto. 2.3 Col terzo motivo, si lamenta violazione di legge, con riguardo agli artt. 393 e 610 cod. pen. Nel disattendere l'eccezione difensiva, tesa alla riqualificazione della condotta ascritta agli imputati in esercizio arbitrario delle proprie ragioni, la Corte territoriale non avrebbe adeguatamente approfondito il profilo del convincimento, da parte degli imputati, di agire nella convinzione di tutelare un proprio diritto (alla riservatezza e alla sicurezza). 2.4 Col quarto motivo si lamenta violazione dell'art. 111 Cost., per avere la Corte applicato una aggravante (di cui al secondo comma dell'art. 610 cod. pen.) mai contestata, e dell'art. 69 cod. pen., per non essere la Corte territoriale addivenuta a un giudizio di prevalenza delle concesse circostanze attenuanti generiche rispetto alla contestata aggravante delle più persone riunite e alla recidiva per F C, nonché a fortiori per il ricorrente M C, incensurato. 2.5 Col quinto motivo, si lamenta violazione di legge in relazione all'art. 539 per avere i Giudici d'appello confermato la liquidazione della provvisionale esecutiva senza previo accertamento della prova dell'ammontare del danno;la parte civile - osserva la difesa- non ha prodotto prova alcuna del danno subito (documentazione medica, spese sostenute).3. Sono state trasmesse, ai sensi dell'art. 23, comma 8, d.l. 28/10/2020, n. 137, conv. con I. 18/12/2020, n. 176, le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale, Dott. Pasquale Serrao d'Aquino, il quale ha chiesto pronunciarsi il rigetto del ricorso. La difesa di parte civile ha depositato conclusioni, in cui si riporta una sintesi della vicenda processuale e si chiede il rigetto dei ricorsi con condanna dei ricorrenti alla refusione delle spese legali sostenute per il presente grado di giudizio, secondo il prospetto dell'allegata nota spese. Considerato in diritto 1. I primi due motivi sono inammissibili per manifesta infondatezza e assenza di specificità. Occorre premettere che le regole dettate dall'art. 192, comma 3, cod. proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di penale responsabilità dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigorosa rispetto a quella cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Bell'Arte, Rv. 253214). In ogni caso, la verifica attraverso indici esterni delle dichiarazioni della persona offesa non si deve tradurre nell'individuazione di prove dotate di autonoma efficacia dimostrativa, dal momento che ciò comporterebbe la vanificazione della rilevanza probatoria delle prime. Ciò posto, le critiche sviluppate nel primo e nel secondo motivo, a parte la genericità di formulazione e la loro assertività, si risolvono nell'aspirazione ad una rivalutazione delle risultanze istruttorie, preclusa in sede di legittimità. Al riguardo, va ribadito (v., di recente, Sez. 5, n. 17568 del 22/03/2021) che è estraneo all'ambito applicativo dell'art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. ogni discorso confutativo sul significato della prova, ovvero di mera contrapposizione dimostrativa, considerato che nessun elemento di prova, per quanto significativo, può essere interpretato per "brani" né fuori dal contesto in cui è inserito, sicché gli aspetti del giudizio che consistono nella valutazione e nell'apprezzamento del significato degli elementi acquisiti attengono interamente al merito e non sono rilevanti nel giudizio di legittimità se non quando risulti viziato il discorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa. Sono, pertanto, inammissibili, in sede di legittimità, le censure che siano nella sostanza rivolte a sollecitare soltanto una rivalutazione del risultato probatorio (Sez. 5, n. 8094 del 11/01/2007, Ienco, Rv. 236540;conf. ex plurimis, Sez. 5, n. 18542 del 21/01/2011, Carone, Rv.07-3 250168). Così come sono estranei al sindacato della Corte di cassazione i rilievi in merito al significato della prova ed alla sua capacità dimostrativa (Sez. 5, n. 36764 del 24/05/2006, Bevilacqua, Rv. 234605;conf., ex plurimis, Sez. 6, n. 36546 del 03/10/2006, Bruzzese, Rv. 235510). Pertanto, il vizio di motivazione deducibile in cassazione consente di verificare la conformità allo specifico atto del processo, rilevante e decisivo, della rappresentazione che di esso dà la motivazione del provvedimento impugnato, fermo restando il divieto di rilettura e reinterpretazione nel merito dell'elemento di prova (Sez. 1, n. 25117 del 14/07/2006, Stojanovic, Rv. 234167).
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