Cass. pen., sez. V, sentenza 25/01/2023, n. 03345

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V, sentenza 25/01/2023, n. 03345
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 03345
Data del deposito : 25 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: CI NI nato a [...] il [...] CI SC nato a [...] il [...] avverso la sentenza del 02/11/2021 della CORTE APPELLO di MILANOvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere MATILDE BRANCACCIO;
udito il Sostituto Procuratore Generale PERLA LORI che ha concluso chiedendo l'inammissibilità dei ricorsi

RITENUTO IN FATTO

1. Viene in esame la sentenza della Corte d'Appello di Milano che, in parziale riforma della decisione di primo grado emessa dal GUP del Tribunale di Milano in data 14.1.2020, ha rideterminato la pena nei confronti di NT TE in anni 3 e mesi 4 di reclusione e di CE TE in anni 2 e mesi 6 di reclusione, in relazione a plurime condotte di reato in continuazione tra loro, mentre ha assolto la coimputata LU Di EO ed ha rideterminato la pena anche nei confronti di un coimputato coinvolto marginalmente nei fatti, Giuseppe TT. NT e CE TE sono stati condannati, in concorso tra loro, per i delitti di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale;
nonché per: bancarotta impropria da operazioni dolose (capo A, relativo al fallimento della Italia Cash & Carry s.p.a.);
truffa aggravata per aver fatto apparire solvibile la società fallita di cui al capo A ed averla fatta interagire contrattualmente con operatori economici vari, previa riqualificazione di alcune delle condotte contestate nella fattispecie di insolvenza fraudolenta, ed assoluzione di NT TE da una delle condotte contestate di truffa aggravata (capo B);
il solo NT TE è stato condannato anche per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale in relazione alla società fallita Immobiliare DE.A.M. s.r.l. (capo C), mentre già in primo grado egli era stato assolto dal delitto di cui all'art. 389 cod. pen. (contestatogli per aver trasgredito al divieto di esercitare impresa e uffici direttivi in impresa, derivante dalle condanne alle pene accessorie fallimentari riportate con due sentenze della Corte d'Appello di Milano irrevocabili, in relazione alla carica di amministratore unico della Immobiliare DE.A.M. s.r.I.: capo D).

2. Hanno proposto ricorso per cassazione avverso la richiamata sentenza d'appello NT e CE TE, con separati atti di impugnazione presentati dai rispettivi difensori di fiducia.

3. Il ricorso di CE TE ha formulato due motivi distinti.

3.1. La prima censura denuncia mancanza e manifesta illogicità della motivazione con riferimento al capo A dell'imputazione. Il ricorrente, condannato perché amministratore di fatto della società fallita "Italia Cash & Carry", nella ricostruzione dei giudici di merito, si è limitato, in seno alla società, a ricoprire il ruolo formale di amministratore unico per il tempo assai ridotto di circa quattro mesi, senza gestire di fatto alcunchè, nonostante l'incarico di responsabile dell'ufficio acquisti. La tesi difensiva è, da un lato, che non vi sarebbe prova del suo coinvolgimento nella gestione societaria, concentrata sul padre NT, e che, al più, per il ruolo legale rivestito dal ricorrente, sebbene per poco tempo, si potrebbe immaginare una eits riqualificazione dell'accusa contro di lui nella meno grave fattispecie di bancarotta semplice, prevista dall'art. 217 I. fall.

3.2. Il secondo motivo di ricorso eccepisce mancanza e manifesta illogicità della sentenza impugnata in relazione al reato di cui al capo B: la prova del reato è concentrata nel ruolo di amministratore di fatto del ricorrente che è frutto di una conclusione congetturale dei giudici di merito, priva di conforto nei dati processuali e nettamente respinta dalla difesa.

4. Il ricorso di NT TE propone quattro diversi motivi.

4.1. Il primo argomento eccepito dalla difesa denuncia erronea applicazione di legge e illogicità e carenza della motivazione del provvedimento impugnato, in ordine ai reati di bancarotta fraudolenta documentale contestatigli ai capi A e C: il ricorrente lamenta la mancanza di prova dell'elemento soggettivo del reato di bancarotta documentale per omessa tenuta ovvero sottrazione od occultamento delle scritture contabili della società fallita, costituito dal dolo specifico, poiché, quanto al capo A, non sono state fatte "sparire" tutte le scritture contabili, ma - per negligenza, al più - esse non sono state tenute come si sarebbe dovuto;
per la bancarotta di cui al capo B, la difesa, invece, sottolinea come non vi sia prova del dolo specifico da parte dell'imputato, il quale non era conoscenza neppure della dichiarazione di fallimento, una volta intervenuta.

4.2. La seconda eccezione del ricorrente attiene al travisamento della prova ed alla manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata relativamente alla bancarotta fraudolenta patrimoniale a lui ascritta al capo A. La sentenza impugnata ha ritenuto provato il reato sulla base della rappresentazione delle modalità di calcolo del valore dei beni costituite dalle giacenze di magazzino della fallita, vale a dire grandi quantità di merce, acquistate da Italia Cash & Carry prima del fallimento, senza corrispondere il prezzo ai fornitori. La difesa, invece, rappresenta che, da un lato, si trattava di merci deperibili (cibo) dal valore commerciale ridotto, via via che il tempo trascorreva, dall'altro evidenzia come non sia stato tenuto in conto debitamente il pagamento fatto dal ricorrente ad alcuni tra i creditori dei debiti per forniture della società Idea Casalinghi s.r.I., a sua volta creditrice dell'azienda Italia Cash & Carry: in relazione a tali pagamenti, la difesa sostiene trattarsi di versamenti effettuati solo in un circuito amicale e parentale (le due aziende erano amministrate da familiari) e non in frode ai creditori della fallita. Quanto ai prelievi dai conti correnti ed all'utilizzo della carta di credito aziendale, pure contestati, il ricorso evidenzia che si tratterebbe di prelievi spesi in emolumenti spettanti ai soci;
invece, con riguardo alla quota di contestazione afferente al trasferimento di danaro in favore di taluni soggetti - AR, TU, VA, IN e AR ID -, il ricorrente segnala che immotivatamente la Corte d'Appello non ha creduto alla circostanza che i primi tre avessero contratti di collaborazione con la fallita, quali 049 procacciatori d'affari;
mentre, le elargizioni decise a vantaggio degli ultimi due soggetti erano state effettuate in virtù della stipula da parte del coimputato TT, legale rappresentante della società, e dunque senza alcun coinvolgimento da parte del ricorrente poiché si trattava di operazioni di nessuna attinenza con l'impresa fallita. Infine, si contesta la condanna per il reato di bancarotta fraudolenta impropria da operazioni dolose, priva di motivazione e che non ha tenuto conto della sussistenza di rapporti commerciali tra la società fallita e la Idea Casalinghi s.r.I., entrambe gestite da soci tra loro parenti e, pertanto, caratterizzate da una commistione di interessi ed una gestione delle attività sociali superficiale ma non fraudolenta.

4.3. Il terzo motivo di ricorso eccepisce violazione di legge e illogicità manifesta e contraddittorietà della motivazione del provvedimento impugnato in ordine ai reati contestati al capo B dell'imputazione (truffa e insolvenza fraudolenta, a seguito di riqualificazione di alcune condotte dalla prima alla seconda fattispecie).

4.4. Il quarto motivo di ricorso denuncia violazione di legge in relazione alla

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