Cass. pen., sez. IV, sentenza 08/02/2023, n. 05430

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. IV, sentenza 08/02/2023, n. 05430
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 05430
Data del deposito : 8 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: LA CA CO nato a [...] il [...] avverso l'ordinanza del 14/04/2022 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIAudita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO PEZZELLA;
lette le conclusioni ex art. 611 c.p.p. del PG in persona del Sostituto PG Ferdinando Lignola che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso e quelle dell'Avvocatura Generale dello Stato per il Ministero dell'Economia e delle Finanze che ha chiesto il rigetto del ricorso, con vittoria di spese.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Reggio Calabria, con ordinanza del 14/4/2022, rigettava la richiesta di riparazione per ingiusta detenzione avanzata ex art. 314 cod. proc. pen. dall'odierno ricorrente, LA CA CO, subita dal 18.10.2012 al 6.12.2013 in regime di custodia cautelare in carcere, e successiva- mente sino al 10.11.2015 in regime di arresti domiciliari- nell'ambito della fase cautelare del procedimento n. 1753/200 R.G.N.R. D.D.A., in quanto indagato per il reato di detenzione e vendita illecita di sostanza stupefacente, articolo 73 D.P.R. n.309/90;
"con condotta consistita nell'accordarsi per la cessione con DU Fran- cesco, metteva in vendita sostanza stupefacente". L'ordinanza del GIP presso il Tribunale di Reggio Calabria del 4.10.2012, ap- plicativa della misura carceraria, veniva confermata dal Tribunale della Libertà, con ordinanza del 15.11.2012. In sede di interrogatorio di garanzia del 22.10.2012, il La CA forniva una propria versione dei fatti. Con sentenza del 29.4.2014, emessa dal GUP presso il Tribunale di Reggio Calabria, l'odierno ricorrente veniva condannato alla pena di anni 4 di reclusione e 20.000 euro di multa;
successivamente con sentenza del 18.4.2016, della Corte di Appello di Reggio Calabria, lo stesso veniva assolto dal reato ascrittogli per non aver commesso il fatto.

2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, La CA ES deducendo, quale unico mo- tivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, co. 1, disp. att., cod. proc. pen. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 314 cod. proc. pen. Ci si duole che la corte di appello, in maniera pienamente contraddittoria, pur richiamando i principi che devono ispirare il giudizio di riparazione abbia premesso di non poter rivalutare i fatti come accertati nel giudizio di merito ed accogliere la diversa interpretazione delle prove fornita dalla difesa rispetto a quella accertata in sentenza. In sostanza, lamenta il ricorrente, la Corte reggina avrebbe escluso qualsiasi rivalutazione dei fatti rinunciando a fornire un'autonoma motivazione rispetto a quella del giudice di merito. Ci si duole, inoltre, che nel ripercorrere le motivazioni del giudice del riesame e del giudice di appello, l'analisi della condotta sia avvenuta in maniera parziale senza valorizzarla nella sua interezza, tenendo conto in particolare di quella endo- processuale alla luce del quadro indiziario.Sostanzialmente, i giudici della riparazione avrebbero valorizzato unicamente l'affermazione che il La CA manifestava la propria volontà di procurare la so- stanza stupefacente al DU sottolineando il linguaggio criptico di quell'unica conversazione in cui era coinvolto, omettendo una disamina completa dell'intera motivazione del provvedimento assolutorio al fine di valutare la condotta del ri- corrente. La restante parte della motivazione, in realtà, conduceva all'assoluzione dell'odierno ricorrente, proprio attraverso l'analisi delle intercettazioni che erano state poste alla base del provvedimento cautelare e del suo mantenimento. La sentenza di merito, nell'esame del dato intercettivo, ritiene il La CA, già ex ante, estraneo al circuito criminale oggetto delle intercettazioni, decontestua- lizzando il linguaggio a lui riferibile da quel circuito. Ciò non per mancanza di ele- menti probatori, ma a causa dell'esistenza di un dato intercettivo indicativo di tale estraneità. Si contesta l'affermazione, contenuta nell'impugnato provvedimento, che i giudici della cautela e del merito abbiano confermato la corrispondenza di signifi- cato dell'intercettazione tra il ricorrente e il DU con le altre conversazioni in- tercettate, in quanto il giudice di merito non ha offerto la stessa interpretazione del riesame sull'utilizzo di un linguaggio criptico. Si ritiene che i giudici della riparazione avrebbero dovuto valutare proprio la parte di motivazione pretermessa al fine di confrontare la condotta dell'indagato con il quadro di gravità indiziaria a suo carico. L'odierno ricorrente -si sostiene in ricorso- ha offerto una spiegazione alter- nativa del linguaggio utilizzato nell'unica intercettazione che lo riguardava, for- nendo un alibi documentato. La condotta gravemente colposa addebitata consisterebbe nell'utilizzo del lin- guaggio criptico. Nell'utilizzo del termine macchina, spiegato dal La CA imme- diatamente dopo l'adozione della misura. L'indagato -conclude il difensore ricorrente- non ha causato la misura né il suo mantenimento e non vi era alcuna ragione per ritenere falso il suo alibi. In realtà fin dal principio mancava la gravità indiziaria per l'emissione del provvedimento custodiale Chiede, pertanto, l'annullamento della ordinanza impugnata.

3. Il P.G. presso questa Corte Suprema in data 18/10/2022, ha rassegnato ex art. 611 cod. proc. pen. le proprie conclusioni scritte chiedendo dichiararsi l'inammissibilità del proposto ricorso.In data 24/12/2022 ha rassegnato le proprie conclusioni il Ministero dell'Eco- nomia e delle Finanze per mezzo dell'Avvocatura Generale dello Stato che ha con- cluso per il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I motivi sopra illustrati appaiono infondati e, pertanto, il proposto ricorso va rigettato.

2. Va premesso che è principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte Suprema che nei procedimenti per riparazione per ingiusta detenzione la cognizione del giudice di legittimità deve intendersi limitata alla sola legittimità del provvedimento impugnato, anche sotto l'aspetto della congruità e logicità della motivazione, e non può investire naturalmente il merito. Ciò ai sensi del combinato disposto di cui all'articolo 646 secondo capoverso cod. proc. pen., da ritenersi ap- plicabile per il richiamo contenuto nel terzo comma dell'articolo 315 cod. proc. pen. Dalla circostanza che nella procedura per il riconoscimento di equo indennizzo per ingiusta detenzione il giudizio si svolga in un unico grado di merito (in sede di corte di appello) non può trarsi la convinzione che la Corte di Cassazione giudichi anche nel merito, poiché una siffatta estensione di giudizio, pur talvolta prevista dalla legge, non risulta da alcuna disposizione che, per la sua eccezionalità, non potrebbe che essere esplicita. Al contrario l'art. 646, comma terzo cod. proc. pen. (al quale rinvia l'art. 315 ultimo comma cod. proc. pen.) stabilisce semplicemente che avverso il provvedimento della Corte di Appello, gli interessati possono ricor- rere per Cassazione: conseguentemente tale rimedio rimane contenuto nel peri- metro deducibile dai motivi di ricorso enunciati dall'art. 606 cod. proc. pen., con tutte le limitazioni in essi previste (cfr. ex multis, Sez. 4, n. 542 del 21/4/1994, Bollato, Rv. 198097, che, affermando tale principio, ha dichiarato inammissibile il ricorso avverso ordinanza del giudice di merito in materia, col quale non si dedu- ceva violazione di legge, ma semplicemente ingiustizia della decisione con istanza di diretta attribuzione di equa somma da parte della Corte).

3. Il giudice della riparazione motiva in maniera ampia e circostanziata sui motivi del rigetto. L'art. 314 cod. pen., com'è noto, prevede al primo comma che "chi è stato prosciolto con sentenza irrevocabile perché il fatto non sussiste, per non aver com- messo il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, ha diritto a un'equa riparazione per la custodia cautelare subita, qua- lora non vi abbia dato o concorso a darvi causa per dolo o colpa grave".In tema di equa

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi