Cass. civ., SS.UU., sentenza 20/11/2003, n. 17631

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La domanda di revocazione della sentenza della Corte di Cassazione per errore di fatto, da proporre, in base al disposto dell'art. 391 bis cod. proc. civ., con ricorso ai sensi degli articoli 365 e seguenti, deve contenere, a pena di inammissibilità, l'indicazione del motivo della revocazione, prescritta dall'art. 398, comma secondo, cod. proc. civ. e la esposizione dei fatti di causa rilevanti, richiesta dall'art. 366, n. 3, cod. proc. civ. e non anche la riproposizione dei motivi dell'originario ricorso per Cassazione.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 20/11/2003, n. 17631
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 17631
Data del deposito : 20 novembre 2003

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C R - Primo Presidente f.f. -
Dott. O G - Presidente di sezione -
Dott. V P - Consigliere -
Dott. P G - Consigliere -
Dott. E A - Consigliere -
Dott. P R - rel. Consigliere -
Dott. A E - Consigliere -
Dott. R F - Consigliere -
Dott. M G - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
M G L, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

BRENTA

2/A, presso lo studio dell'avvocato I M S, che lo rappresenta e difende, giusta delega a margine del ricorso;



- ricorrente -


contro
B F, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

OFANTO

18, presso lo studio dell'avvocato F G, che lo rappresenta e difende, giusta delega a margine del controricorso;



- controricorrente -


e contro
G G;



- intimato -


avverso la sent. n. 780/01 della Corte suprema di cassazione, depositata il 19 gennaio 2001;

uditi gli avvocati I M S, F G;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio cl 3 luglio 2003 dal Consigliere Dott. Roberto PREDEN;

lette le conclusioni scritte dal Sost. Proc. Gen. Dott. Aurelio Golia;
udito in udienza il Sost. Proc. Gen. Dott. Marco Pivetti, il quale chiede che la Corte di Cassazione, in Camera di consiglio, dichiari l'ammissibilità del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso notificato il 19 gennaio 2002, Luigi Manuel Gismondi ha proposto nei confronti di Francesco Battaglia ricorso ex art. 391-bis c.p.c. per la revocazione della sentenza di questa Corte di
cassazione n. 780/01, depositata il 19 gennaio 2001
e non notificata, con la quale, decidendo il ricorso n. 12872/98 proposto dal Gismondi avverso la sentenza della Corte d'Appello di Ancona del 24 maggio 1997 n. 220, lo ha rigettato avendo ritenuto estinto il giudizio di primo grado, perché non tempestivamente riassunto a seguito dell'interruzione dichiarata all'udienza del 5 maggio 1992, causata dalla dichiarazione della morte della convenuta Evelina Battaglia. Ha esposto il ricorrente che la sent. n. 780/01 è fondata su un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, poiché l'udienza davanti al G.I. del Tribunale di Ancona nella quale fu dichiarata la morte della convenuta e, conseguentemente, l'interruzione del processo, non fu tenuta il 5 maggio 1992, bensì il 12 maggio 1992 per rinvio d'ufficio, come risulta dalla copertina del fascicolo d'ufficio e dal ruolo d'udienza, ed è riferito nel ricorso per riassunzione e nella comparsa conclusionale davanti al detto tribunale, e risulta quindi tempestivo l'atto riassuntivo, depositato il 24 dicembre 1992, entro i sei mesi previsti dall'art. 305 c.p.c., tenuto conto della sospensione dei termini durante il
periodo feriale.
Ha resistito, con controricorso, Francesco Battaglia. La terza sezione civile, alla quale il ricorso era stato assegnato, con ordinanza del 15 ottobre 2002, ha rilevato:
- che il resistente ha eccepito l'inammissibilità del ricorso per revocazione per la violazione dell'art. 366 c.p.c., per l'assenza dell'esposizione sommaria dei fatti di causa (n. 3) e dei motivi del ricorso (n. 4), intendendo per tali quelli del ricorso originaria già rigettato con la sentenza di cui si chiede la revocazione;

- che a fondamento dell'eccezione di inammissibilità è invocato un orientamento interpretativo enunciato da tre sentenze della prima sezione di questa Corte (n. 3682/99;
n. 6573/99;
n. 3875/00
), secondo cui il richiamo contenuto nell'art. 391-bis c.p.c. (la revocazione si chiede con "ricorso ai sensi degli articoli 365 c.p.c. e seguenti") va inteso nel senso che il ricorso per revocazione deve contenere, a pena di inammissibilità l'esposizione dei fatti e l'indicazione dei motivi dedotti a sostegno del ricorso per cassazione originario, non essendo sufficiente l'esposizione dei fatti e dei motivi necessari per la decisione sulla revocazione;

- che tale orientamento non è condiviso dal Collegio. Ha quindi rimesso gli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione del ricorso alle SEZIONI UNITE CIVILI per la composizione del contrasto.
Il ricorso è stato assegnato alle SEZIONI UNITE CIVILI. Le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) L'art. 391-bis, comma 1, c.p.c. dispone: "Se la sentenza pronunciata dalla Corte di cassazione è affetta da errore materiale o di calcolo ai sensi dell'articolo 287 c.p.c. ovvero da errore di fatto ai sensi dell'articolo 395 c.p.c., n. 4, la parte interessata può chiederne la correzione o la revocazione con ricorso ai sensi degli articoli 365 e seguenti da notificare entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla notificazione della sentenza ovvero di un anno dalla pubblicazione della sentenza stessa". Il comma 2, a sua volta dispone: "Sul ricorso la Corte di Cassazione pronuncia in Camera di Consiglio a norma dell'art. 375 c.p.c.". Circa il contenuto del ricorso per revocazione, alcune sentenze di questa S.C. hanno affermato il principio di diritto secondo cui l'art. 391-bis, comma 1, c.p.c. contiene un richiamo che impone il rispetto delle medesime forme richieste per il ricorso ordinario e l'applicazione delle medesime sanzioni previste per la loro inosservanza, e quindi l'integrale rispetto dei requisiti richiesti dall'art. 366 c.p.c. a pena di inammissibilità.

1.1. Il principio risulta affermato per la prima volta dalla sent. n. 3682/99, secondo cui, nel caso di ricorso per revocazione di una sentenza della Corte di cassazione la quale abbia dichiarato l'improcedibilità di un ricorso ad essa presentato, la omessa, sommaria, esposizione dei fatti di causa e la omessa indicazione dei motivi dedotti a sostegno del ricorso deciso con la sentenza oggetto della domanda di revocazione determinano l'inammissibilità del ricorso.
Nel motivare il principio, la sentenza si limita, assai sinteticamente, ad affermare che: "La mancanza, nel ricorso, della sommaria esposizione dei fatti e l'omessa indicazione dei motivi dedotti ci sostegno del ricorso dichiarato improcedibile (nella specie: per mancata produzione della copia autentica della sentenza impugnata) risulta insuperabile, in quanto preclude qualsiasi decisione nella fase rescissoria del giudizio che dovesse seguire all'eventuale accoglimento della domanda di revocazione;
a tale mancanza non può infatti supplirsi facendo riferimento al ricorso per cassazione originariamente proposto, ostandovi il disposto dell'art. 391-bis c.p.c., a norma del quale l'impugnazione per revocazione delle sentenze della Corte di cassazione si propone con ricorso ai sensi degli articoli 365 e seguenti, con un richiamo che impone il rispetto delle medesime forme richieste per il ricorso ordinario per cassazione e l'applicazione delle medesime sanzioni previste per la loro inosservanza."


1.2. La sent. n. 6573/99 si è più diffusamente soffermata sulla questione, esaminando peraltro, prevalentemente, la carenza del requisito di cui all'art. 366, n. 3, c.p.c. Ha premesso la corte che a soddisfare il requisito della esposizione sommaria dei fatti di causa (art. 366 c.p.c., n. 3) "non è necessario che l'esposizione dei fatti costituisca una premessa autonoma e distinta rispetto al motivi di ricorso, ne' occorre una narrativa analitica e particolareggiata, ma è sufficiente, ed insieme indispensabile, che dal contesto del ricorso - e cioè dalla lettura di tale atto e con esclusione dell'esame di ogni altro documento, compresa la stessa sentenza impugnata - sia possibile desumere una conoscenza del 'fatto' sostanziale e processuale sufficiente per ben intendere il significato e le critiche rivolte contro la pronuncia impugnata, sicché deve ritenersi inammissibile il ricorso quando tali fatti, almeno nel loro nucleo essenziale, indispensabile per conoscere gli esatti termini della controversia, non siano neppure desumibili dallo svolgimento e dalla illustrazione delle censure svolte dal ricorrente."
Ha poi osservato che "tale requisito acquista una particolare rilevanza nell'ipotesi di impugnazione per revocazione delle sentenze della Corte di cassazione, poiché, sebbene l'art. 391-bis c.p.c. si limiti a disciplinare la forma dell'atto introduttivo (ricorso) ed i termini per la sua proposizione, aggiungendo unicamente che la corte pronuncia in Camera di Consiglio, deve ritenersi applicabile, per quanto non espressamente previsto, la disciplina generale dell'impugnazione per revocazione, secondo cui con la sentenza che pronuncia la revocazione il giudice decide il merito della causa, ferma restando l'impossibilità di scindere in una duplice fase il rescindente ed il rescissorio, considerato che nel giudizio di legittimità, volto unicamente al controllo della correttezza giuridica e della congruità logica della motivazione della sentenza impugnata, non si pone la necessità dell'assunzione di nuovi mezzi istruttori non essendo la corte di cassazione chiamata a pronunciare nel merito, ma solo a sostituire una pronuncia di legittimità viziata con un'altra pronuncia di legittimità immune da ogni errore di fatto."
Ha quindi affermato che "è perciò indispensabile che il ricorso per revocazione contro le sentenze della Corte di cassazione contenga non solo la narrativa dei fatti, ma anche l'esposizione della vicenda processuale, offrendo in tal modo al giudice le conoscenze indispensabili per esaminare, all'esito del giudizio rescindente, le censure originariamente proposte contro la sentenza di appello sulle quali deve pronunciarsi in sede rescissoria."
Del resto, ha concluso la sentenza, l'interpretazione accolta trova conforto nella precedente giurisprudenza, ed in particolare nella sent. n. 3682/99 sopra richiamata, nella quale si afferma che "la mancanza nel ricorso, della sommarla esposizione dei fatti e l'omessa indicazione dei motivi dedotti a sostegno del ricorso dichiarato improcedibile... risulta insuperabile".

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