Cass. civ., sez. II, sentenza 23/02/2009, n. 4389

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Poichè le vedute, ai sensi dell'art.907 cod. civ., implicano il diritto ad una zona di rispetto che si estende per tre metri in direzione orizzontale dalla parte più esterna della veduta e per tre metri in verticale rispetto al piano corrispondente alla soglia della medesima, ogni costruzione che venga a ricadere in questa zona, ivi compresa una sopraelevazione del tetto, è illegale e va rimossa.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, sentenza 23/02/2009, n. 4389
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 4389
Data del deposito : 23 febbraio 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. V A - Presidente -
Dott. M E - Consigliere -
Dott. M D C L - Consigliere -
Dott. P L - Consigliere -
Dott. M E - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 15579-2004 proposto da:
A C, ANDERLE GIUSEPPE, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CONCA D'ORO 287, presso lo studio dell'avvocato G G, che li rappresenta e difende;

- ricorrenti -

contro
P G, A M A, elettivamente domiciliati in ROMA, LUNGRE DELLA VITTORIA 9, presso lo studio dell'avvocato A P, rappresentati e difesi dall'avvocato M T;

- controricorrenti -

avverso la sentenza n. 49/2004 della CORTE D'APPELLO di T, depositata il 07/02/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/12/2008 dal Consigliere Dott. E M;

udito l'Avvocato T R, con delega depositata in udienza dell'Avvocato M T, difensore dei resistenti che ha chiesto il rigetto ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. M V che ha concluso per l'accoglimento del ricorso per quanto di ragione.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione 9.5.1997 i coniugi P Guido e Alessandrini Maria Assunta, comproprietari della p.ed.56 di Pergine, convenivano in giudizio, davanti al Tribunale di Trento, A C, proprietario della limitrofa p.e.57/1 e A G, proprietario della limitrofa p.e. 55/1, chiedendo la condanna di costoro all'eliminazione di una serie di fatti lesivi del loro diritto di proprietà e cioè che A C nel 1994, nell'eseguire lavori di ristrutturazione del suo fabbricato, aveva inserito nella canna fumaria un'autonoma conduttura di sfiato dei fumi, che impediva l'utilizzo della stessa canna fumaria installata a servizio del proprio immobile;
il predetto aveva aperto una nuova veduta nel muro perimetrale del sottotetto della p.ed. 57/1 in violazione delle distanze legali e di regolamento, costituente quanto meno aggravamento della servitù di veduta g preesistente;
A G, due anni prima aveva depositato un cumulo di lastre di porfido nel cortile di pertinenza della p.ed. 56 a ridosso delle finestre del loro locale adibito a laboratorio creando disagi a scopo puramente emulativo.
Regolarmente costituitosi il contraddittorio, i convenuti respingevano le avverse pretese, asserendo che la canna fumaria era inserita in un muro di proprietà esclusiva di A C, per cui la conduttura di sfiato del fabbricato degli attori era del tutto abusiva senza che gli stessi avessero maturato il necessario termine per l'acquisto per usucapione del diritto a mantenerla;
la veduta nel muro perimetrale del sottotetto della p.ed. 57/1 era sempre esistita e comunque non era diretta ma obliqua e quindi rispettosa delle distanze legali;il terreno su cui erano state depositate le lastre di porfido era di proprietà Anderle per essere in possesso degli stessi risalente ad oltre ottanta anni prima;quindi,in via riconvenzionale, chiedevano che gli attori, avendo nel 1990 ricostruito il tetto del loro fabbricato con una sopraelevazione di circa 20-30 cm. realizzata in violazione delle distanze legali ed eseguito aperture lucifere prive della prescritta inferriata, fossero condannati a ripristinare la situazione "quo ante". L'adito Tribunale con sentenza n. 63/02,respingeva tutte le domande degli attori, dichiarando che costoro non avevano alcun diritto di uso della canna fumaria sita nel muro divisorio e condannandoli ad eliminare le opere finalizzate al relativo utilizzo;
respingeva ogni altra domanda riconvenzionale e compensava integralmente le spese di lite con A G e per la metà quelle con A C, ponendo la residua parte a carico degli attori. La Corte di Appello di Trento, con sentenza n. 49/04, depositata il 7.2.04, notificata il 20.5.04, in parziale riforma della sentenza impugnata in via principale dai coniugi P

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