Cass. civ., sez. I, sentenza 10/07/2004, n. 12809
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Il principio, già affermato in relazione alle disposizioni di cui agli artt. 6 e 7 della legge n. 154 del 1981, della tempestività ed utilità della rimozione della causa di incompatibilità del candidato eletto, ancorché tardiva rispetto al termine stabilito e tuttavia intervenuta in un momento anteriore al promuovimento del giudizio finalizzato all'accertamento della causa di incompatibilità, opera anche con riferimento alla nuova disciplina elettorale di cui al D.Lgs. n. 267 del 2000, le cui disposizioni - segnatamente gli artt. 68, che riprende nella sua formulazione letterale l'art. 6 della legge 154 cit., e l'art. 70, che disciplina l'azione popolare con rinvio all'art. 82 d.P.R. n. 570 del 1960 - ripetono il medesimo sistema.
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. G A - Presidente -
Dott. P D - Consigliere -
Dott. C W - rel. Consigliere -
Dott. S S - Consigliere -
Dott. D P S - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
F GARLO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA G. TROIANI 29, presso l'avvocato G S, rappresentato e difeso dall'avvocato A V, giusta mandato in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D'APPELLO DI NAPOLI;COMUNE DI SESSA AURUNCA;FESTA BARTOLOMEO;
- intimati -
avverso la sentenza n. 3279/03 della Corte d'Appello di NAPOLI, depositata il 27/11/03;
udita la relazione dalla causa svolta nella pubblica udienza del 08/06/2004 dal Consigliere Dott. W C;
udito per il ricorrente l'Avvocato V che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. C R che ha concluso per il rigetto del ricorso. SGIMENTO DEL PROCESSO
G F - il cui interesse giuridico alla contestazione derivava dall'aver conseguito, a seguito di una pronuncia del Tar Campania, la posizione di primo dei non eletti nella tornata elettorale del maggio-giugno 2002 per l'elezione del Sindaco e il rinnovo della consiliatura del Comune di Sessa Aurunca propose ricorso al Tribunale di Santa Maria Capua vetere per sentir dichiarare l'incompatibilità ai sensi dell'art. 63 n. 2 del D.Lgs. n. 267/2000 dell'eletto consigliere comunale Bartolomeo F.
Dedusse che l'incompatibilità denunciata "traspariva" dalle dichiarazioni rese dallo stesso F nella prima adunanza (del 26.06.02) del nuovo consiglio, nel senso delle "dimissioni, per la parte non ancora espletata, da tutti gli incarichi professionali di progettazione, di direzione dei lavori e di coordinamento della sicurezza nella fatte di esecuzione, avuti dall'amministrazione o comunque fruenti di finanziamento pubblico", laddove, secondo ali accertamenti da lui compiuti, il Comune aveva adottato soltanto due deliberazioni di sostituzione dell'ing. F negli incarichi relativi alla costruzione del campo sportivo e del bocciodromo, entrambe sotto la data del 22.07.2002 (la n. 27 e la n. 28) e dunque dopo circa un mese dalla suddetta adunanza del Consiglio comunale, e secondo le notizie apparse sulla stampa locale il F medesimo era titolare di altri incarichi oltre quelli di cui alle due indicate deliberazioni.
Nella contumacia del F, la cui costituzione in giudizio fu ritenuta tardiva, ed in contraddittorio con il Pubblico Ministero, il tribunale rigettò il ricorso.
La motivazione fu che a) i due incarichi del resta indicati dal ricorrente, aventi ad oggetto "la coordinazione della sicurezza dei lavori di costruzione e del bocciodromo e del campo sportivo", non concretavano la causa di decadenza prevista dal n. 2 dell'art. 67 D.Lgs. n. 267/2000, denunciata dal F;b) il tribunale non
era tenuto ad indagare su altre ipotesi di incompatibilità per attività professionali, riferibili ad esempio alla legge n. 23 del 1992 art. 5 che il ricorrente nemmeno aveva prospettato;c) le
dimissioni dichiarate dal F all'atto dell'insediamento del Consiglio comunale avevano fatto vanir meno ogni causa di incompatibilità.
Proposero appello il F in via principale e il F in via incidentale.
Quest'ultimo gravame che investiva, con censura di irritualità, la dichiarazione di contumacia fu rigettato.
Sul gravame del F la Corte territoriale considerò quanto segue:
le uniche cause di incompatibilità che il ricorrente aveva denunciato, quelle previste dal n. 2 dell'art. 67 del D.lgs. n. 367 del 3000, derivanti dagli incarichi specificamente menzionati
conferiti al F erano state da questo validamente ed efficacemente rimosse con le "dimissioni" dichiarate nella seduta consiliare del 26.06 e con la lettera del 9.7. successivo che le aveva ribadita, dando luogo alla sostituzione con altro professionista deliberata dal Comune;
le ulteriori considerazioni dell'appellante su "altri incarichi" dei quali nemmeno si indicava il tipo, costituivano non più che supposizioni e dubbi";
i mezzi di prova richiesti dallo stesso appellante erano inammissibili il giuramento decisorio parche cadeva su diritti indisponibili ad altresì parane aveva ad oggetto fatti (altre delibere di sostituzione del festa da altri incarichi) non propri della parte (il F) ma di altri (il competente organo del Comune);
l'interrogatorio formale perché diretto a provocare la confessione del Sindaco che non rivestiva nel giudizio la qualità di parte;
la doglianza del F, secondo la quale il tribunale avrebbe dovuto ritenere prospettata e dedotta anche le diverse cause di incompatibilità di cui all'art. 5 della legge n. 33 del 1993 essendosi egli riferito nel ricorso introduttivo alle "notizie di stampa" che riportano dichiarazioni del F nel senso che egli era titolare di altri incarichi diversi da quelli di cui alle deliberazioni n. 27 e 28, era da ritenersi priva di fondamento alla stregua del preciso, nemmeno dal ricorrente contestato, contenuto del ricorso, proposto espressamente per far valere le incompatibilità di cui al cit. art. 67 del d.lgs. n. 367/00;
l'introduzione attuale di tali nuove domande era inammissibile, onde nemmeno era da valutare l'ammissibilità delle prove richieste dal F nel grado in relazione ad incarichi privati del F. Avverso tale sentenza ha preposto ricorso per Cassazione il Filippini.
Il F non ha svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L'esame dei motivi di ricorso deve prendere avvio dal seguente decisivo - e non controverso - rilievo contenuto nella sentenza ora impugnata (pag. 5/8/9): "la causa di incompatibilità denunciata dal F ex art. 63 n. 2 del D.lgs. n. 267 del 2000 attiene a incarichi professionali di cui il festa sarebbe stato investito da parte del Comune nell'ambito di appalti dell'ente;gli unici incarichi menzionati dal ricorrente sono quelli relativi alla realizzazione del campo sportivo e del bocciodromo". Risulta immediatamente smentito il presupposto - che la Corte di Appello abbia ritenuto introdotto il giudizio "per contestare la regolarità delle sostituzioni effettuate con le delibere n. 27 e n. 28 del 2002" - sul quale è basato il quarto motivo di ricorso e la "violazione e falsa applicazione dell'art. 115 comma 1 c.p.c." con esso denunciata.
Segue, nella sentenza, l'affermazione decisoria della Corte di merito, conseguente al rilievo di infondatezza del primo motivo di gravame del F, che "tali incarichi non soltanto risultavano incontestabilmente compresi nella dichiarazione formale di dimissioni resa nella seduta consiliare del 26.06.2002 ma sono anche oggetto dalla prodotta delibera della Giunta, contenenti la nomina di nuovi professionisti. Il ritardo nell'adozione di tali delibere ... non ha alcuna influenza sull'efficacia immediata delle incondizionate dimissioni già rassegnate il 26.06.2002, coma ribadito nella lettera del 9.7.2002...".
E, dunque, in relazione a tali situazioni soggettive dal F - di coordinatola, nominato dal Comune, della sicurezza dei lavori di costruzione sia dal bocciodromo cha dal campo sportivo - la Corte ha ritenuto rimossa la causa di incompatibilità in conseguenza dell'immediata efficacia delle incondizionate dimissioni già rassegnate il 26.06.2002.
A tale punto della decisione attiene il settimo motivo di ricorso che riferisce il denunciato vizio di "omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia" alle prospettazioni di esso appellante che "le dichiarazioni contenute nella delibera del 26.06.02 non avevano sortito un effetto giuridico che potesse far cassare il metus potestatis o la captatio benevolentiae" e che "secondo i principi affermati dalla Suprema Corte con la sentenza n. 2195 del 2003, le dimissioni non operano solo in virtù dell'iniziativa unilaterale di chi si dimette ma determinano la cassazione dall'Ufficio solo a seguito di accettazione da parta dall'Amministrazione...". Le censure proposta non maritano accoglimento.
Rispetto alla questione proposta con il motivo di Cassazione, nei termini dinanzi riportati, costituisce un prius logico-giuridico il rilievo che al caso di specie risulta applicabile il principio giuridico secondo il quale "il termine di dieci giorni,decorrente dalla data in cui è venuta a concretizzarsi la causa di ineleggibilità o incompatibilità, per la cessazione, da parte del candidato eletto, dalle funzioni incompatibili con la carica da assumere, non sancisce un'automatica sanzione di decadenza nel caso di inosservanza dell'adempimento da parte del candidato medesimo, ma concede a questo uno 'spatium delibarandi' con la conseguenza che la rimozione della causa di incompatibilità, pur se avvenuta successivamente al decorso di quel termine, preclude sia l'instaurazione del procedimento per la dichiarazione di decadenza dalla carica sia l'azione popolare di cui all'art. 9 bis del d.r.p. n. 370 del 1960, preordinata, al pari del suddetto procedimento, ad una dichiarazione siffatta" (in termini, la sentenza di questa Corte n. 4642 dal 1993 e n. 8178 dal 3000).
Tale principio, della tempestività ed utilità della rimozione della causa di incompatibilità con la carica di Sindaco di un Comune, ancorché tardiva rispetto al suddetto termine di dieci giorni, allorché tuttavia intervenga in un momento anteriore al promovimento del giudizio ex d.p.r. n. 570/1960 finalizzato all'accertamento della causa di incompatibilità, affermato da questa Corte in relazione alle disposizioni (gli artt. 6 e 7) della legge n. 154 del 1981, può essere tenuto fermo anche con riferimento alla nuova disciplina elettorale di cui al D.Lgs. n. 267 del 2000 le cui disposizioni, segnatamente gli artt. 68 (perdita delle condizioni di eleggibilità o incompatibilità - termine per rimuovere le cause di incompatibilità o ineleggibilità), che riprende nella sua formulazione letterale l'art. 6 della legge n. 154 cit., e l'art. 70 che disciplina l'azione popolare con rinvio all'art. 82 del d.p.r. n. 570 del 1960, ripetono il sistema.
Nel caso di specie, i giudici dell'appello hanno dato atto che la denunciata causa di incompatibilità del resta, prevista dall'art. 63 n. 2 del d.lgs. n. 267/2000, era stata rimossa sia con le
dichiarazioni rese nella prima adunanza (il 26.06.2002 del consiglio comunale eletto) sia con la lettera di conferma (in data 09.07.02) delle stesse dichiarazioni sia con le deliberazioni adottate dal Comune per la sostituzione del F dagli incarichi indicati, e che il giudizio ex art. 83 d.p.d. n. 570/1960 e stato introdotto dal F con il ricorso del 1.04.2003.
È dunque per tale ragione - sostituita qnesta alla ratio decidendi sulla quale, in parte qua, si fonda la sentenza impugnata e che il ricorrente ha censurato - che il dispositivo di rigetto dell'appello (e di conseguente conferma della sentenza del tribunale nel suo decifra di rigetto del ricorso introduttivo) va tenuto fermo in quanto conforme al diritto.
Altra affermazione, a rilevanza decisoria, della Corte di merito è che "gli altri incarichi in lavori appaltati nell'ambito delle figure giuridiche previste dall'art. 63 n. 2 D.Lgs. n. 267 di 2000" costituivano "supposizioni e dubbi dell'appellante" di cui nemmeno era indicato il tipo, se pure se ne denunciava la "grande mole". Questo essendo il rilievo della Corte suddetta - che il ricorrente non contesta quanto al suo oggetto ed alle relative valutazioni (di genericità delle allegazioni) - appaiono infondati il primo motivo di ricorso, che censura la mancata ammissione di una consulenza tecnica d'ufficio al fine di accertare tali "altri incarichi", ciò per la duplice ragione dall'incensurabilità in Cassazione delle decisioni al riguardo (circa l'opportunità di disporla) assunte, anche implicitamente, dal giudice del merito, e della vigenza del principio giuridico (v. le pronunce di questa Corte n. 1133 e n. 8395 del 2000, n. 7319 del 1999, n. 343 del 1997, n. 3734 del 1983 ed altre conformi) secondo il quale la c.t.u. non può essere utilizzata a fini esplorativi, per la ricerca di prove su fatti e per sopperire alla genericità delle allegazioni in fatto della parte;
del pari infondati il secondo (violazione dell'art. 345 c.p.c.) e il terzo motivo (violazione e falsa applicazione dell'art. 2739 c.c.) atteso che è da ritenersi giuridicamente corretta la decisione della Corte di inammissibilità del giuramento decisorio e dell'interrogatorio formale non perché dedotti in grado di appello bensì perché il primo verteva su fatti non propri della parte (il F), quali l'avvenuta adozione, in relazione ai suddetti "ipotetici e neppure indicati altri incarichi" (v. pag. 10 della sentenza impugnata), di delibere che il festa sostituivano altri professionisti, l'altro perché era rivolto al Sindaco che non rivestiva la qualità di parte nel processo.
Il quinto motivo di ricorso è rubricato "violazione e falsa applicazione dell'art. 345 c.p.c. nonché omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia", ed è svolto con riferimento al rilievo della Corte di merito che costituiva demanda nuova, inammissibile in grado di appello, quella volta a far valere la causa di incompatibilità prevista dall'art. 5 della legge n. 23 del 1992. La tesi del ricorrente è che il petitum della domanda proposta già in primo grado riguardava la dichiarazione di incompatibilità del F e che "egli aveva impugnato la sentenza del tribunale perché quel Giudice aveva negato la relativa istruttoria sull'espletamento di incarico di cui alla legge n. 319/81 per contrasto con l'art. 5 della legge n. 21 dal 1992".
Tale motivo è infondato.
La Corte di Appello ha respinto (pag. 11 e 12 della sentenza) la tesi dell'appellante secondo la quale la causa di incompatibilità di cui all'art. 5 della legge n. 23 del 1992 era stata dedotta in giudizio attraverso la frase riportata nel ricorso "Pure se le notizie di stampa vanno opportunamente prese con cautela, si evidenzia che su un quotidiano locale il F avrebbe dichiarato di essere titolare anche di altri incarichi che non sono certamente quelli di cui alle delibere n. 27 e 28" con due rilievi riguardanti l'uno il contenuto del foglio di stampa, nel senso che questo "non conteneva nessuna emissione del F" circa incarichi conferiti da privati per lavori finanziati attraverso la legge n. 219/1981, l'altro il contenuto del ricorso introduttivo, "non contestato dal F", che faceva riferimento alla incompatibilità derivante da quegli incarichi per il quale il F era stato sostituito con le due delibere nn. 27 e 28.
Ora, tali rilievi della Corte di merito che, com'è evidente, riguardano l'individuazione della causa di incompatibilità elettorale fatta valere dal F in primo grado non è oggetto di censura da parte dello stesso ricorrente, essendo incentrato il motivo in esame sulla falsa applicazione dell'art. 345 c.p.c. che 4 denunciata con ovvio riferimento all'affermazione della stessa Corte che in quanto fatta per la prima volta nel giudizio di appello, l'allegazione della causa di incompatibilità di cui all'art. 23 cit. costituiva domanda nuova.
Ancorata a tale giudizio espresso dalla Corte, la censura, svolta nel senso che debba escludersi la mutatio libelli allorché la modifica della domanda iniziale venga ad incidere sul petitum - che il ricorrente individua nella dichiarazione di incompatibilità elettorale del resta - solo nel senso di adeguarlo in una direzione più idonea a legittimare la concreta attribuzione del bene oggetto della originaria domanda, mostra la sua infondatezza quando si rifletta sulla diversità sostanziale, basata anche sulla diversità dei presupposti di fatto, della causa di incompatibilità di cui all'art. 63 n. 2 del D.Lgs. n. 267 del 2000 rispetto a quella prevista dall'art. 5 della legge n. 23 del 19921 la prima è connessa, e deriva, dall'avere l'eletto parte, con le qualità indicate, direttamente o indirettamente, "in servizio ... somministrazioni o appalti, nell'interesse del Comune...", la seconda connessa a ciò che l'eletto consigliere comunale rivesta la qualità di "progettista, direttore dei lavori o collaudatore" o comunque eserciti "attività professionali connesse con lo svolgimento" di opere pubbliche e private, ubicate nello stesso Comune, finanziate ai sensi della legge 14 maggio 1981 n. 219 e successive modificazioni. Vista, dunque, in relazione alla necessaria specificazione della causa petendi, la seconda delle indicate cause di incompatibilità richieda l'allegazione di fatti specifici relativi non soltanto alle qualità o agli uffici ricoperti dall'eletto ma anche all'ubicazione delle opere e alla circostanza che aveva a trattarsi di opere finanziate ai sensi della legge n. 219 cit., sicché la denuncia della stessa causa di incompatibilità per la prima volta in grado di appello comportava - come la Corte di merito ha correttamente ritenuto - quel radicale mutamento della domanda che valeva a costituirla come nuova e perciò inammissibile.
Resta da ciò assorbito il sesto motivo a mezzo del quale il ricorrente F denuncia la violazione proprio dell'art. 5 della legge n. 23 del 1992 con riferimento a ciò che, appunto in
grado di appello, egli aveva "dimostrato con l'esibizione di documenti che gli incarichi persistevano nella materia sismica". Il ricorso va dunque rigettato.
Appare equo che le spese del giudizio restino compensate.