Cass. civ., sez. III, sentenza 28/06/2023, n. 28031

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Massime1

Nel caso di specie veniva accolto il ricorso di tre persone accusate di non aver versato un ingente importo di IVA, richiamando la legge Cartabia e la particolare tenuità del fatto, in quanto ciò che rileva è la condotta dopo il reato e nella fattispecie i manager avevano provveduto ad estinguere il debito con l'erario. Infatti, non è punibile per particolare tenuità del fatto l'omesso versamento IVA se il contribuente ha pagato integralmente il debito anche dopo l'apertura del dibattimento e la condotta successiva sarà valutata dal giudice insieme ad altri elementi ai fini della non punibilità. Infine, per effetto della novellazione dell'art. 131-bis del codice penale ad opera dell'art. 1, comma 1, lettera c), n. 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, la condotta dell'imputato, successiva alla commissione del reato, può essere valorizzata nell'ambito del giudizio complessivo sull'entità dell'offesa recata, da effettuarsi alla stregua dei parametri di cui all'art. 133, comma primo, codice penale. Pertanto, il giudizio sulla tenuità dell'offesa dev'essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all'art. 133, citato, non essendo necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l'indicazione di quelli ritenuti rilevanti.

Massima redatta a cura del Ce.R.D.E.F.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, sentenza 28/06/2023, n. 28031
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 28031
Data del deposito : 28 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Ritenuto in fatto



1. Con sentenza 19.09.2022, la Corte d'appello di MESSINA, in parziale riforma della sentenza del 22.09.2021 del tribunale di Messina, appellata da A.A., B.B. e C.C., ha riconosciuto agli stessi il beneficio della non menzione, revocando la disposta confisca, confermando nel resto l'appellata sentenza che li aveva riconosciuti colpevoli del reato omesso versamento IVA in relazione al periodo di imposta 2012 per un importo superiore alla soglia di punibilità.



2. Avverso la sentenza impugnata nel presente procedimento, i predetti propongono ricorso per cassazione tramite il comune difensore di fiducia, deducendo due motivi, di seguito sommariamente indicati.



2.1. Deducono, con il primo motivo, il vizio di violazione di legge in relazione all'art. 27 Cost. ed agli artt. 42 e 43, c.p., e correlato vizio di motivazione con riferimento al profilo soggettivo del reato.

In sintesi, si duole la difesa del fatto che la Corte d'appello non si sarebbe confrontata con gli elementi fattuali dimostrativi dell'impossibilità di adempiere al debito IVA, tali da integrare gli estremi della forza maggiore, giungendo ad un'affermazione di responsabilità penale distonica rispetto alle emergenze istruttorie, che attestavano la mancanza di un margine di scelta da parte degli imputati e la non riconducibilità agli stessi della mancanza di provvista necessaria per l'adempimento dell'obbligazione tributaria. I giudici avrebbero inoltre ritenuto sussistente il dolo generico ancorandolo al dato formale della carica ricoperta, senza svolgere alcun accertamento circa l'effettiva volontà dei ricorrenti di attuare la condotta evasiva. Sarebbe mancato ogni approfondimento sulla prospettata incidenza della crisi finanziaria che, agendo ab externo come evento imponderabile, avrebbe impedito di adempiere all'obbligazione tributaria, senza valutare che la società era in crisi e i ricorrenti si erano adoperati in tutti i modi per reperire la liquidità necessaria per assolvere il debito fiscale, contestando l'affermazione della sentenza impugnata che avrebbe ancorato la mancanza di liquidità a costi affrontati per l'andamento della società, senza tuttavia indicare le spese sostenute. Diversamente, si sostiene in ricorso, l'impossibilità di adempiere all'obbligazione tributaria sarebbe stata imputabile ad una crisi di liquidità non riconducibile ad una negligente gestione societaria nè a cause dipendenti dalla volontà degli imputati, ma a cause esterne ritenute erroneamente dalla Corte d'appello non qualificabili come fattori eccezionali incidenti sulla capacità dell'impresa di operare sul mercato.

Sul punto, viene dedotto in ricorso il vizio di travisamento probatorio per omissione con riferimento, da un lato, alla circostanza documentata della contrazione del mercato automobilistico con contestuale revoca degli affidamenti bancari e, dall'altro, alla circostanza dell'utilizzo della liquidità per il pagamento dei dipendenti e dei fornitori, con azzeramento da parte degli amministratori dei propri compensi. Richiamato un passaggio della relazione del c.t. D.D. che avrebbe riferito sulla crisi del mercato automobilistico e sull'improvvisa depressione dei ricavi, si sostiene in ricorso che ciò avrebbe rivestito il ruolo di evenienza imprevedibile ed estranea alla sfera di dominio dei ricorrenti, come sarebbe stato attestato dalla relazione del c.t.p. E.E. che dimostrerebbe come la crisi del settore automobilistico avrebbe causato alla società amministrata dagli imputati oltre il 70% di perdite, con revoca degli affidamenti bancari, atteso il ridursi dei ricavi tra il 2010 al 2013 dell'85%, con conseguente impossibilità di rispettare la scadenze degli oneri tributari ed in particolare dell'IVA dell'anno 2013.

Quanto al secondo profilo di travisamento probatorio, si censura la sentenza per non aver tenuto conto del fatto che la società non avrebbe più potuto usufruire della liquidità versata sul conto anticipi, che sarebbe stata trattenuta dagli istituti bancari attesa l'esposizione debitoria della società. Non si sarebbe tenuto conto che la segnalazione effettuata dalla Banca Popolare di Lodi alla Centrale rischi, da cui era scattata la decisione degli istituti di credito di chiedere alla società l'immediato rientro dall'intera esposizione (e da cui era conseguita l'indisponibilità di nuovi accrediti sul conto anticipo), era avvenuta in maniera repentina ed imprevedibile, privando la società della possibilità di pagare l'IVA in quanto il modus procedendi della società consisteva nella presentazione alle banche delle fattura non scadute emesse richiedendo l'anticipo dei relativi importi.

Difetterebbe, dunque, l'elemento soggettivo del reato contestato, avendo gli imputati adottato tutte le possibili azioni dirette a consentire il recupero in presenza di una crisi di liquidità, delle somme necessarie ad assolvere al debito tributario, peraltro senza che la Corte d'appello abbia valutato il dolo generico alla luce della condotta degli imputati che, pur di garantire la continuità aziendale, avrebbero provveduto al pagamento di dipendenti e fornitori azzerando i propri compensi, nella convinzione che tale scelta potesse consentire la prosecuzione dell'attività di impresa attraverso il conseguimento di ricavi e utili.



2.2. Deducono, con il secondo motivo, il vizio di violazione di legge in relazione all'art. 131-bis, c.p., ed il correlato vizio motivazionale.

In sintesi, premesso che dalle emergenze processuali risultava l'assoluta impossibilità dei ricorrenti di adempiere al debito tributario ed il loro pronto attivarsi al fine di reperire le risorse necessarie al fine di adempiere al debito tributario, si osserva come gli stessi avessero chiesto ed ottenuto dall'Erario la rateizzazione, con conseguente pagamento integrale del debito d'imposta, ciò che aveva giustificato la revoca della confisca.

Quanto sopra conduceva a ritenere dimostrata la particolare tenuità dell'offesa e il comportamento dei ricorrenti non abituale. Diversamente, la sentenza sul punto non avrebbe fornito alcuna motivazione e, in quanto, tale sarebbe censurabile.



3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato in data 31.03.2023, la propria requisitoria scritta, cui si è riportato in sede di discussione orale, chiedendo dichiararsi l'inammissibilità dei ricorsi per manifesta infondatezza.

Con le doglianze sviluppate nel primo e nel secondo motivo (rectius, con il solo primo motivo, n.d.r.) il ricorrente ha contestato l'esclusione della forza maggiore o comunque l'affermazione della sussistenza del dolo, deducendo che la sentenza impugnata ha omesso di considerare, in estrema sintesi, la difficile situazione finanziaria dell'impresa del ricorrente, la crisi del mercato automobilistico e l'improvvisa depressione dei ricavi aziendali, la contrazione del credito bancario e la chiusura del conto corrente. Secondo l'insegnamento consolidato della giurisprudenza, in tema di omesso versamento dell'imposta sul valore aggiunto, l'inadempimento della obbligazione tributaria può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all'imprenditore che non abbia potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico (cfr., per tutte, Sez. 3, n. 8352 del 24/06/2014, dep. 2015, S, Rv. 263128- 01, e Sez. 3, n. 2614 del 06/11/2013, dep. 2014, Saibene, Rv. 258595-01). In tempi più recenti, questa posizione è stata mitigata attraverso il riconoscimento di un più ampio contenuto alla categoria dolo, così da recuperare, in sostanza, Spa zio alla nozione della inesigibilità. In particolare, mentre in passato si affermava con nettezza che, nel reato di cui all'art. 10-ter D.Lgs. n. 74 del 2000, è richiesto il dolo generico, integrato dalla condotta omissiva posta in essere nella consapevolezza della sua illiceità, a nulla rilevando i motivi della scelta dell'agente di non versare il tributo (cfr. Sez. 3, n. 8352 del 24/06/2014, dep. 2015, S, Rv. 263127-01), diverse decisioni attribuiscono oggi un ruolo particolarmente significativo alla mancata riscossione delle somme indicate nelle fatture, quando le stesse corrispondono ad un'elevatissima quota del complessivo fatturato (cfr., ad esempio Sez. 3, n. 31352 del 05/05/2021, B, Rv. 282237-01;
Sez. 3, n. 19651 del 24/02/2022, S). La sentenza impugnata ha escluso che l'imputato abbia adottato tutte le misure necessarie per adempiere l'obbligo tributario;
anzi, ha rilevato che: - "la crisi del mercato automobilistico... è un fattore di ordine generale che influisce sul rischio di impresa, ma che di per sè non legittima l'omesso versamento dell'iva";
- "non sono stati dedotti... fatti eccezionali che possano aver inciso sulla capacità dell'impresa di operare sul mercato";
- "il pagamento rateale dell'imposta dovuta, effettuato parzialmente dopo l'emissione della cartella esattoriale e dopo l'apertura del dibattimento, dimostra che i prevenuti, ove avessero voluto, avrebbero potuto attivarsi anche in epoca precedente per onerare i loro impegni fiscali...". In sintesi, il collegio di secondo grado ha escluso una situazione di forza maggiore o di assenza di dolo.

Queste conclusioni per il PG sono immuni da vizi. La sentenza impugnata, infatti, ha escluso, in relazione all'impresa cui si riferisce l'IVA non versata, una situazione di mancati incassi a fronte delle fatture emesse. Anzi, detta situazione non è stata nemmeno allegata dal ricorrente, non solo in questa sede, ma neppure in appello, posto che il medesimo ha piuttosto fatto riferimento ad una situazione generale, derivante dalle condizioni del mercato, evidentemente prevedibile, rispetto alla quale era ben possibile istituire correttivi. Non essendo state allegate situazioni di oggettiva impossibilità di effettuare i versamenti dovuti o di mancati incassi a fronte delle fatture emesse, non risultano evidenziati fatti integranti gli estremi della forza maggiore o di una inesigibilità soggettiva ridondante in difetto di dolo, tali da rendere manifestamente illogica l'affermazione di responsabilità sotto il profilo soggettivo.

Anche il terzo motivo (rectius, il secondo, n.d.r.) è per il PG manifestamente infondato. In tema di omesso versamento IVA, la causa di non punibilità prevista dall'art. 131-bis c.p., è applicabile laddove la omissione abbia riguardato un ammontare di poco superiore alla soglia di punibilità, fissata ad Euro 250.000,00 dall'art. 10-ter D.Lgs. n. 74 del 2000, in ragione del fatto che il grado di offensività che fonda il reato è stato valutato dal legislatore nella determinazione della soglia di rilevanza penale (cfr., tra le altre, Sez. 3, n. 12906 del 13/11/2018, dep. 2019, Rv. 276546 - 01). La causa di non punibilità prevista dall'art. 131-bis c.p. è applicabile laddove la omissione abbia riguardato un ammontare vicinissimo alla soglia di punibilità (Sez. 3, n. 16599 del 20/02/2020, Rv. 278946 - 01).

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi