Cass. pen., sez. III, sentenza 18/02/2020, n. 06259

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. III, sentenza 18/02/2020, n. 06259
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 06259
Data del deposito : 18 febbraio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da A M, nato a Cagliari il 30/11/1988 avverso l'ordinanza del 25/07/2019 del G.i.p. del Tribunale di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere G F R;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale G C, che ha concluso chiedendo dichiararsi l'inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza 25 luglio 2019, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma ha convalidato, ai sensi dell'art. 6, comma 5, I. 13 dicembre 1989, n. 401, il provvedimento del precedente 4 luglio con cui il locale Questore aveva prescritto a M A, destinatario di provvedimento di divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono determinate manifestazioni sportive, di presentarsi presso il comando di polizia competente per residenza, secondo gli orari indicati, nei giorni in cui avevano luogo gli eventi per i quali operava il divieto.

2. Avverso detta ordinanza, ai sensi dell'art. 6, comma 4, I. 401 del 1989 ha proposto ricorso per cassazione il difensore della parte, deducendo il difetto di motivazione - meramente apparente, trattandosi di provvedimento che consta di un modulo prestampato con motivazione di pochissime righe - in relazione ai seguenti punti: - ragioni di necessità ed urgenza che giustificano l'adozione della misura (primo motivo);
- attribuibilità al ricorrente delle condotte addebitate (secondo motivo);
- pericolosità del ricorrente, trattandosi di requisito richiesto anche per i c.d. recidivi amministrativi (terzo motivo);
- necessità di predisporre anche l'obbligo prescrittivo di cui all'art. 6, comma 2, I. 401/1989, oltre al divieto di cui al primo comma della disposizione (quinto motivo);
- valutazione della memoria presentata dalla difesa, allegata al ricorso, sulla quale l'ordinanza non spende neppure una parola (sesto motivo). Con il quarto motivo si sono inoltre dedotti la violazione degli artt. 3 e 10 I. 241 del 1990 e l'eccesso di potere per difetto di motivazione del provvedimento del questore in relazione al principio di gradualità della sanzione (fissata in cinque anni) e del provvedimento del gip in relazione alla congruità della stessa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato. Il provvedimento di convalida adottato dal g.i.p. è affetto da vizio di mancanza di motivazione perché non spende una parola con riguardo al concreto caso di specie, leggendosi sul modulo prestampato meramente sottoscritto dal giudice che «dagli atti trasmessi devono dirsi sussistenti i presupposti richiesti per la emanazione del provvedimento di divieto e dell'ulteriore obbligo di presentazione emessi dal Questore di Roma» e che «la durata del provvedimento rispetta i limiti fissati dall'art. 6, comma 5, Legge 401/89».

2. E' ben vero che, giusta la specifica notazione contenuta nel provvedimento amministrativo, ricorre nella specie il caso disciplinato da tale ultima disposizione - quale introdotta dall'art. 2, comma 1, lett. b), d.l. 22 agosto 2014, n. 119, conv., con modiff., dalla I. 17 ottobre 2014, n. 146 e ratione temporis applicabile - nella parte in cui si prevede che «nei confronti della persona già destinataria del divieto di cui al primo periodo è sempre disposta la prescrizione di cui al comma 2 e la durata del nuovo divieto e della prescrizione non può essere inferiore a cinque anni e superiore a otto anni» (quest'ultimo termine è stato elevato a dieci anni dall'art. 13, comma 1, lett. a, dl. 14 giugno 2019, n. 53, conv. con modiff. dalla I. 8 agosto 2019, n. 77). Come questa Corte ha già ritenuto, tuttavia, detta disposizione - pur introducendo una presunzione di pericolosità (in questo senso, in particolare, v. Sez. 3, n. 5621 del 08/07/2016, dep. 2017, S e a., Rv. 269305) - non esime il giudice della convalida da una compiuta valutazione dei fatti indicati dall'autorità di P.S., al fine di verificare la riconducibilità delle condotte alle ipotesi previste dalla norma e la loro attribuibilità al soggetto, né dal dare conto, in motivazione, del proprio convincimento in ordine alla pericolosità concreta e attuale del destinatario del provvedimento (Sez. 3, n. 28067 del 03/11/2016, dep. 2017, L, Rv. 270329). Nella motivazione di tale condivisibile decisione - che richiama orientamenti in via generale consolidati (v. Sez. U, n. 44273 del 27/10/2004, Labbia, Rv. 229110;
Sez. 3, n. 20789 del 15/04/2010, B, Rv. 247186) - si legge che il controllo di legalità del giudice deve riguardare l'esistenza di tutti i presupposti legittimanti l'adozione dell'atto da parte dell'autorità amministrativa, compresi quelli imposti dalla circostanza che con esso si dispone una misura di prevenzione (ragioni di necessità e urgenza, pericolosità concreta ed attuale del soggetto, attribuibilità al medesimo delle condotte addebitate e loro riconducibilità alle ipotesi previste dalla norma), ed investire altresì la durata della misura che, se ritenuta eccessiva, può essere congruamente ridotta dal giudice della convalida. Diversamente opinando - prosegue la citata sentenza - l'automatismo sanzionatorio introdotto nel 2014 avrebbe l'effetto di privare completamente il giudice della convalida di ogni rilevante valutazione sui presupposti dell'applicazione della misura dell'obbligo di presentazione, con evidente violazione della riserva di giurisdizione in materia di libertà personale prevista dall'art. 13 Cost., essendo il suo sindacato limitato alla sola verifica dell'esistenza del dato formale, rappresentato dalla precedente sottoposizione del soggetto a divieto di accesso, essendogli già sottratto dal legislatore il sindacato su tale misura, attribuito al giudice amministrativo. In altri termini, la condizione per la compatibilità con i principi costituzionali dell'automatismo dell'applicazione della misura dell'obbligo di presentazione previsto dal nuovo comma 5 dell'art. 6 della legge n. 401 del 1989 è rappresentata dalla permanenza in capo al giudice della convalida del potere di valutare gli elementi essenziali del fatto, al fine di verificare in concreto l'esistenza di tutti i presupposti di legge.
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