Cass. civ., sez. II, sentenza 11/10/2022, n. 29619

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, sentenza 11/10/2022, n. 29619
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 29619
Data del deposito : 11 ottobre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

oncluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO . Con ricorso depositato il 12 dicembre 2012 il condomino A M impugnava, dinanzi al Tribunale di Padova, la deliberazione del 13.11.2012 unitamente all'approvazione dei bilanci consultivi 2010/2011 t 2011/2012 e del preventivo 2012/2013, chiedendo di accertarsi la nullità o annullabilità o comunque l'inefficacia della delibera assunta. Il Tribunale di Padova, nella resistenza del CONDOMINIO UMBERTO I, con sentepza n. 100/2015, dichiarava l'inammissibilità del ricorso in quanto vertente non su questioni di legittimità ma su questioni di merito, nel caso di specie riguardanti l'inserimento di alcune voci di spese oggetto di valutazione in sede di assemblea e sulle quali si era format4 la volontà della stessa dopo l'esame e la relativa discussione. Sul gravame interposto dal condomino, la Corte di appello di Venezia, nella resistenza del Condominio, con sentenza n. .1696/2016, rigettava l'appello e confermava il provvedimento gravato. La Corte di appello, in accoglimento dell'eccezione esperita dal Condominio, dichiarava l'inammissibilità della richiesta di declaratoria di invalidità di una delibera assembleare per novità dei motivi di impugnazione rispetto a quelli inizialmente dedotti con l'atto introduttivo del giudizio, risolvendosi ogni motivo di impugnazione in un titolo autonomo e, quindi, in un'autonoma domanda che, in quanto tale, avrebbe dovuto essere proposta nel termine di decadenza di trenta giorni previsto dall'art. 1137, ultimo comma c.c. Inoltre, la Corte distrettuale, condividendo le ragioni del primo giudice, rilevava, in relazione alle voci di spesa diverse da quella di "disostruzione dello scarico", l'inammissibilità della doglianza di parte attrice perché vertente non sulla legittimità della delibera ma sul merito, rimesso al potere di scelta dell'assemblea quale organo sovrano della volontà dei condomini. Ne conseguiva che la scelta assembleare - ritualmente convocata con la maggioranza prescritta - di riconoscere un diverso e maggiore compenso per l'amministratore per spese postali e bancarie, per la pulizia delle scale o per il maggior costo della polizza condominiale rientrava nelle competenze dell'assemblea ex art. 1135 c.c. Infine, circa l'impugnazione della delibera condominiale relativa alla spesa inserita nel bilancio 2011/2012 per la disostruzione e lavaggio di uno scarico e posto a carico dell'appellante nella misura di euro 150,03, la Corte distrettuale respingeva la censura per carenza di interesse, essendo stata sospesa la delibera in attesa dell'accertamento sulle spese relative allo scarico. Per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Venezia, ANTONIO MAURO propone ricorso fondato su quattro motivi, cui resiste con controricorso il

CONDOMINIO UMBERTO I.

In prossimità della pubblica udienza il Sostituto Procuratore, Dott. Alessandro Pepe, ha depositato una relazione, con la quale ha rassegnato le conclusioni nel senso del rigetto del ricorso. Entrambe le parti hanno curato il deposito di memorie illustrative.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ex art. 360 comma 1 n.3 c.p.c., la violazione e la falsa applicazione dell'art. 345 c.p.c. per aver il giudice di appello ritenuto nuova la domanda di parte. Il motivo è complessivamente inammissibile. La censura è viziata da difetto di specificità nella parte in cui con la stessa viene negata l'affermazione della Corte distrettuale di novità delle contestazioni relative ad alcune spese, in particolare quelle diverse dal compenso dell'Amministratore, spese postali e bancarie, quelle relative alla pulizia delle scale, per la polizza condominiale e per la disostruzione e lavaggio riguardante uno scarico di proprietà e in uso di un colo condomino, gravanti sul ricorrente nella misura di euro 150,03, non menzionate in citazione, peraltro come tempestivamente eccepito dal Condominio appellato in comparsa di costituzione, senza tuttavia riportare il contenuto del medesimo atto introduttivo. Del pari non corrisponde alla verità processuale quanto all'enunciata omessa pronuncia per tardività della contestazione relativa alla voce di spesa pari ad euro 150,03 per disostruzione- lavaggio scarico di proprietà del condomino Ruzzante, come sopra esposta, per avere la Corte territoriale ampiamente esaminato la questione ritenendola valutazione nel merito non sindacabile dall'autorità giudiziaria ove approvata con la maggioranza prescritta (v. pag. 3 ultimo capoverso della sentenza impugnata). Invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte il principio per cui l'interpretazione delle domande, eccezioni e deduzioni delle parti dà luogo ad un giudizio di fatto, riservato al giudice di merito, non trova applicazione quando si assume che tale interpretazione abbia determinato un vizio riconducibile alla violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato (art. 112 c.p.c.) od a quello del tantum devolutum quantum appellatum (art. 437 c.p.c.), trattandosi in tal caso della denuncia di un error in procedendo, che attribuisce alla Corte di cassazione il potere- dovere di procedere direttamente all'esame ed all'interpretazione degli atti processuali e, in particolare, delle istanze e deduzioni delle parti (cfr., Cass. n. 11755 del 2004;
Cass. n. 17109 del 2009). Tuttavia, come anche ribadito recentemente (cfr. Cass. n. 11738 del 2016;
Cass. n. 23420/2011), anche in ipotesi di denuncia di un error in procedendo, l'esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità, presuppone comunque l'ammissibilità del motivo di censura, cosicché il ricorrente è tenuto, in ossequio al principio di specificità ed autosufficienza del ricorso, che deve consentire al giudice di legittimità di effettuare, senza compiere generali verifiche degli atti, il controllo demandatogli del corretto svolgersi dell'iter processuale, non solo ad enunciare le norme processuali violate, ma anche a specificare le ragioni della violazione, in coerenza a quanto prescritto dal dettato normativo, secondo l'interpretazione da lui prospettata (cfr., ex plurimis, Cass. n. 5148 del 2003;
Cass.n. 20405 del 2006;
Cass. n. 21621 del 2007). Coerentemente, con riferimento all'ipotesi in cui sia stata denunciata la erroneità della pronuncia di inammissibilità da parte del giudice di secondo grado sulle doglianze mosse in appello per relationem alle ragioni esposte davanti al tribunale, è stato affermato che non viene rispettato il principio di autosufficienza allorché nel ricorso per cassazione non siano esposte quelle specifiche circostanze di merito che avrebbero portato all'accoglimento del gravame, non potendo ottemperarsi a tale principio mediante il richiamo ad altri atti o scritti difensivi presentati nei precedenti gradi di giudizio (cfr., Cass. n. 26693 del 2006);
più in generale, con riferimento ai casi di denunzia del vizio di omessa pronuncia ai sensi dell'art. 112 c.p.c., è stato reiteratamente affermata la necessità, da un lato, che al giudice del merito siano state rivolte una domanda od un'eccezione autonomamente apprezzabili, ritualmente ed inequivocabilmente formulate, per le quali quella pronunzia si sia resa necessaria ed ineludibile, e, dall'altro, che tali istanze siano riportate puntualmente, nei loro esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto de loro contenuto, nel ricorso per cassazione (cfr., ex plurimis, Cass. n. 7194 del 2000;
Cass. n. 6361 del 2007;
Cass. n. 21226 del 2010). Analogamente, laddove, come nel caso di specie, l'error in procedendo denunciato inerisca alla falsa applicazione del principio tantum devolutum quantum appellatum, l'autosufficienza del ricorso per cassazione impone che, nel ricorso stesso, siano esattamente riportati sia i passi del ricorso introduttivo con i quali la questione controversa è stata dedotta in giudizio, sia quelli del ricorso d'appello con cui le censure ritenute inammissibili per la loro novità sono state formulate. Tali oneri non sono stati ottemperati nel caso di specie dal ricorrente, che si è limitato a rappresentare l'oggetto delle proprie originarie domande e delle proprie successive doglianze, senza trascriverle negli esatti termini del loro svolgimento, ma riportandosi alla sintesi che delle medesime era stata fatta nella sentenza impugnata. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta, ex art. 360 comma 1 n. 23 c.p.c., la violazione e la falsa applicazione dell'art.1123 e 1135 c.c. in riferimento alla ripartizione delle spese tra i condomini e alle decisioni dell'Assemblea. In particolare, con riferimento al compenso dell'Amministratore per le spese postali e bancarie, il ricorrente sostiene che l'Amministratore non avrebbe potuto inserire nel bilancio 2010/2011 le pretese infondate dell'ex Amministratore PRATICELLI, ma sin dalla prima assemblea avrebbe dovuto esporle ai condomini, unitamente alle relative pezze giustificative. In relazione alla polizza condominiale, alla transazione, alla disostruzione con lavaggio scarico, il ricorrente afferma che le stesse atterrebbero all'amministrazione del MILANI, rispetto al quale l'assemblea non avrebbe mai deliberato un aumento del massimale della polizza e il MILANI non avrebbe mai riferito alle assemblee del 12.10.2010 e del 25.01.2011 che per la transazione CONDOMINIO/MAURO avrebbe richiesto un compenso extra. Infine, per quanto concerne lo scarico, ad avviso del ricorrente esso non sarebbe in comune tra i condomini CAPORALI, MAURO e RUZZANTE. Ribadisce in conclusione il ricorrente che le doglianze da lui prospettate non atterrebbero al merito ma alla non veridicità, all'infondatezza ed all'illegittimità delle spese addebitate sia dall'ex amministratore PRATICELLI che dall'attuale amministratore MILANI. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta, ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., la violazione e la falsa applicazione dell'art. 1135 c.c. in riferimento all'attribuzione delle decisioni all'Assemblea dei condomini. Nel dettaglio, il ricorrente contesta che l'assemblea non avrebbe mai riconosciuto un diverso e maggiore compenso per l'amministratore per le spese postali e bancari. Ancora, il ricorrente sostiene che il debito relativo alla pulizia delle scale sarebbe inesistente poiché non risultante dal bilancio 01.06.05 - 31.05.10, né dal Giornale di Cassa al 31/08/10 redatto dal PRATICELLI. Siffatte deduzioni sarebbero dimostrate, ad avviso del ricorrente, dalla documentazione di causa da cui si evincerebbe l'illegittimo esercizio del potere discrezionale dell'assemblea. Con il quarto motivo il ricorrente contesta, ex art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., la violazione e la falsa applicazione degli artt.1710 e 1713 c.c., sostenendo che la documentazione di causa proverebbe l'attuale amministrazione, non osservando il suo dovere di diligenza, non avrebbe richiesto all'amministratore precedente gli atti relativi all'amministrazione di quest'ultimo da presentare in assemblea e avrebbe dovuto esporre ai condomini gli asseriti crediti allegando apposita documentazione. I motivi di ricorso, da trattare congiuntamente data la loro stretta connessione argomentativa, sono inammissibili sotto vari profili. Premesso che l'impugnazione della delibera de qua attiene ai soli bilanci consultivi 2010/2011 - 2011/2012 (cfr. pagina 3 della sentenza) e che in riferimento alle spese di scarico la delibera è stata sospesa, il giudice di secondo grado (e prima ancora quello di primo grado), facendo buon governo dei principi enunciati da questa Corte, ha dichiarato inammissibile l'impugnazione della delibera condominiale in quanto vertente su questioni di merito. Invero, è pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che in tema di condominio negli edifici, il sindacato dell'autorità giudiziaria sulle delibere assembleari non può estendersi alla valutazione del merito e al controllo della discrezionalità di cui dispone l'assemblea, quale organo sovrano della volontà dei condomini, ma deve limitarsi ad un riscontro di legittimità che, oltre ad avere riguardo alle norme di legge o del regolamento condominiale, può abbracciare anche l'eccesso di potere, purché la causa della deliberazione risulti - sulla base di un apprezzamento di fatto del relativo contenuto, che spetta al giudice di merito - falsamente deviata dal suo modo di essere, in quanto anche in tal caso lo strumento di cui all'art. 1137 c.c. non è finalizzato a controllare l'opportunità o convenienza della soluzione adottata dall'impugnata delibera, ma solo a stabilire se la decisione collegiale sia, o meno, il risultato del legittimo esercizio del potere dell'assemblea (Cass. n. 20135 del 2017;
Cass. n. 10199 del 2012). Ebbene, anche sotto quest'ultimo profilo, l'eventuale sindacato circa la legittimità dell'esercizio del potere dell'amministrazione condominiale costituisce un tipico apprezzamento di fatto, come tale non censurabile in questa sede.Nella specie, il ricorrente con le doglianze prospettare mira ad un riesame del materiale probatorio inammissibile in sede di legittimità. In conclusione il ricorso va rigettato. Ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese sostenute dalla controricorrente nel presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi dell'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater dell'art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - della sussistenza dell'obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
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