Cass. civ., sez. III, sentenza 01/12/2003, n. 18299

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All'interno di un contratto di subtrasporto, il primo vettore submittente risponde verso i mittenti dell'operato del subvettore,che opera quale ausiliario del vettore originario, ex art. 1228 cod.civ.

L'obbligazione di risarcimento del danno, sebbene derivante da inadempimento contrattuale, costituisce debito di valore, come tale quantificabile tenendo conto anche d'ufficio, della svalutazione monetaria sopravvenuta fino alla data della liquidazione (in applicazione di tale principio di diritto, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva concesso la rivalutazione monetaria in relazione all'obbligo del vettore di risarcire al mittente, proprietario della merce oggetto del trasporto, il danno derivante dalla violazione del vincolo di consegna, avendo questi consegnato la merce al destinatario senza attenersi alle istruzioni ricevute quanto alla previa consegna da parte del destinatario di una documentazione bancaria attestante l'avvenuto trasferimento della somma dovuta in pagamento della merce).

La ratifica tacita da parte del mandante dell'operato del mandatario ,ex art. 1712 cod.civ., presuppone che il mandato abbia avuto esecuzione e che di tale esecuzione il mandatario abbia dato notizia al mandante, specificando l'avvenuto compimento da parte sua delle attività divergenti o esorbitanti, laddove non può aversi ratifica tacita quando il comportamento del mandatario sia talmente divergente dalle istruzioni da far ritenere che si sia avuta una radicale inesecuzione del mandato stesso; in ogni caso, la ratifica tacita può operare nei soli rapporti tra mandante e mandatario, e non può essere invocata dall'ausiliario del mandatario nei confronti del mandante.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, sentenza 01/12/2003, n. 18299
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 18299
Data del deposito : 1 dicembre 2003

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. G A - Presidente -
Dott. L E - Consigliere -
Dott. P L R - rel. Consigliere -
Dott. M F - Consigliere -
Dott. M E - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SAIMA AVANDERO SPA, con sede in Milano, in persona del procuratore V Z, elettivamente domiciliata in

ROMA VIA CRESCENZIO

91, presso lo studio dell'avvocato C L, difesa dall'avvocato G S, giusta delega in atti;



- ricorrente -


contro
MAGLIFICIO MONDIAL SRL IN LIQ, in persona del liquidatore Sig. G M, elettivamente domiciliata in ROMA PZZA DELLA LIBERTÀ 20, presso lo studio dell'avvocato F C, che la difende anche disgiuntamente all'avvocato BRUNO DELL'ACQUA, giusta delega in atti;



- controricorrente -


e contro
COTTON &
COTTON SRL, in persona dell'Amministratore Sig.ra L T, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA ANAPO

20, presso lo studio dell'avvocato G C, che lo difende, giusta delega in atti;



- controricorrente -


contro
U O, titolare della ditta individuale

DALLAS

Creazioni in Pelle, domiciliato in ROMA presso LA CORTE DI CASSAZIONE, difeso dall'avvocato CAMILLO RAVAGLI con studio in 20100

MILANO CORSO SEMPIONE

5, giusta delega in atti;



- controricorrente -


e contro
SAIMA BELGIUM, GENERALE DE BANQUE S.A.;



- intimati -


e sul 2^ ricorso n. 05489/00 proposto da:
SAIMA AVANDERO BELGIUM, con sede in Bruxelles, in persona del liquidatore Sig. Hugues Henri Pinte, elettivamente domiciliata in

ROMA LUNGOTEVERE DEI MELLINI

39, presso lo studio dell'avvocato CLAUDIO D'ANGELANTONIO, che la difende anche disgiuntamente agli avvocati BRUNO TAGLIACOZZO, ELISA ANTONGIOVANNI, giusta procura speciale per Notar Denis Deckers di Bruxelles del 24/02/00 rep. n. 200110;

- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
FORTIS BANQUE S.A. (già GENERALE DE BANQUE SA), in persona degli amministratori Sigg. Johan Tack e Karel De Boeck, con sede legale in Bruxelles, elettivamente domiciliata in

ROMA VIA SANTA MARIA IN VIA

12, presso lo studio dell'avvocato PAOLO QUATTROCCHI, che la difende anche disgiuntamente all'avvocato FRANCO TOFFOLETTO, giusta delega in atti;

- controricorrente al ricorso incidentale -
e contro
U O, SAIMA AVANDERO SFA;



- intimati -


avverso la sentenza n. 3089/99 della Corte d'Appello di MILANO, Sezione 2^ Civile, emessa il 10/11/99 (R.G. 1024/97+1025/97);

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/03/03 dal Consigliere Dott. Renato PERCONTE LICATESE;

udito l'Avvocato Claudio LUCISANO (per delega Avv. G. SCARPA);

udito l'Avvocato Bruno DELL'ACQUA;

udito l'Avvocato Claudio D'ANGELANTONIO;

udito l'Avvocato Paolo QUATTROCCHI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Dario CAFIERO che ha concluso per l'accoglimento del 3^ motivo con rigetto degli altri per il ricorso principale ed il rigetto del ricorso incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Urciuoli Olindo, titolare della ditta individuale Dallas Creazioni in pelle, conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Milano, l'attuale s.p.a. Saima Avandero, per sentirla condannare a un risarcimento di lire 35.060.000, oltre agli accessori, esponendo di averla incaricata di consegnare in Belgio, alla Penfold Projects di Franco D M, numerosi capi di abbigliamento di pari importo, dietro ricevuta di attestazione bancaria di pagamento o di blocco dei fondi per l'importo fatturato. La Saima aveva invece consegnato la merce al destinatario, tramite la società P (poi Saima Belgium), senza il blocco bancario e comunque senza riscuotere il prezzo, non più pagato dal destinatario.
La convenuta si difendeva assumendo di essere spedizioniere e non vettore, avendo incaricato del trasporto la predetta P, che provvedeva a chiamare in causa.
Questa si costituiva in giudizio, negando ogni responsabilità, che addebitava alla Generale de Banque del Belgio, la quale, a sua volta, chiamata in causa dalla P, egualmente respingeva ogni addebito (n. 8778/90 R.G.).
Analoga controversia instaurava contro la Saima Avandero la s.r.l. Maglificio Mondial, per una partita di merce del valore di lire 313.420.000, non più pagata, da consegnare alla Penfold Projects, previo ricevimento dell'attestazione bancaria di avvenuto pagamento da parte della destinataria. Seguivano analoghe difese della convenuta (n. 5470/91 R.G.).
Un terzo giudizio dello stesso tenore veniva intrapreso dalla s.r.l. Cotton &
Cotton, per un carico di merce del valore di lire 6.890.000, da consegnare sempre alla stessa Penfold Projects (n. 9818/91 R.G.). Riunite le cause, la Saima manifestava l'intenzione di chiamare in causa la P anche nelle altre due cause.
quelle intraprese dal Maglificio Mondial e dalla Cotton &
Cotton. Nell'udienza del 3 febbraio 1993 il procuratore della P dichiarava di non opporsi a tale chiamata in causa e, nell'udienza del 29 aprile 1993, di accettare il contraddittorio nei confronti di tutte le parti in causa, mentre il procuratore della Generale de Banque si opponeva all'estensione del contraddittorio nei confronti della sua cliente relativamente alle cause n. 9818/91 e n. 5470/91. Con sentenza del 19 dicembre 1996 il Tribunale accoglieva le domande delle attrici, condannando la Saima Avandero a pagare loro, a titolo di risarcimento del danno, le somme rispettivamente richieste, oltre alla rivalutazione e agli interessi.
Condannava poi la Saima Belgium, già P, a rimborsare alla Saima Avandero quanto questa avrebbe dovuto pagare alle attrici. Rigettava ogni altra domanda.
Impugnavano separatamente tale decisione le società Saima Avandero e Saima Belgium.
Con sentenza del 17 dicembre 1999 la Corte d'Appello di Milano, nelle cause riunite, in parziale accoglimento del gravame della Saima Belgium, ha dichiarato la nullità dell'accettazione del contraddittorio resa dai procuratori della P nell'udienza del 29 aprile 1993 nonché della
sentenza impugnata, nei capi che pronunciano la condanna della P a tenere indenne la Saima Avandero delle somme dovute al Maglificio Mondial in liquidazione e alla Cotton &
Cotton. Ha dichiarato l'obbligo di manleva della Saima Belgium in favore della Saima Avandero esteso alla quota delle spese di fidejussione afferente alle somme dovute all'Urciuoli.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre in via principale la società Saima Avandero, sulla base di cinque motivi. Resistono con controricorso il Maglificio Mondial in liquidazione, Urciuoli Olindo, quale titolare della ditta individuale Dallas, la società Cotton &
Cotton, nonché la Saima Avandero Belgium (già Saima Belgium), la quale propone contestuale ricorso incidentale, sostenuto da tre motivi.
Al ricorso incidentale resiste con controricorso la Fortis Banque S.A., già Generale de Banque S.A..
La Saima Avandero, la Saima Avandero Belgium e il Maglificio Mondial hanno depositato una memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
È preliminare, ai sensi dell'art. 335 c.p.c., la riunione dei ricorsi.
Eccepisce la Saima Belgium che il mandato speciale in calce al ricorso avversario risulta conferito dal procuratore speciale V Z, senza che dal mandato o dall'intestazione del ricorso si ricavi l'esistenza, in capo al medesimo, dei poteri di rappresentanza sostanziale.
L'eccezione è priva di pregio, giacché è in atti la copia autentica del verbale della riunione del consiglio di amministrazione della Saima Avandero s.p.a. in data 24 ottobre 1994, dal quale risulta conferito allo Z il potere sostanziale di rappresentare la società nel settore, che qui interessa, dei contratti di spedizione e trasporto, oltre che, in conformità dell'art. 77 c.p.c., il corrispondente, espresso potere processuale di rappresentare la società in giudizio e all'uopo nominare e revocare avvocati e procuratori.
Col primo motivo la ricorrente principale, denunciando omessa o insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 n. 5 c.p.c.), sostiene che, contrariamente all'avviso della Corte d'appello, non le si può attribuire la qualifica di vettore, ma solo quella di semplice spedizioniere. Ammesso tuttavia, in via di ipotesi, che la Saima abbia assunto la veste di vettore solo per il primo tratto, una volta noto alle sedicenti danneggiate (o almeno al Maglificio Mondial) che, per il trasporto successivo, si sarebbe affidata ad un altro vettore, la fattispecie avrebbe dovuto inquadrarsi nell'art. 1699 C.c. (trasporto con rispedizione).
La Corte invece rileva non essere ben chiaro chi avrebbe trasportato la merce da Milano a Bruxelles, dove fu ritirata dalla P e consegnata al destinatario, e da tale unica deduzione trae il suo convincimento circa la qualità di spedizioniere vettore della ricorrente. La Saima viceversa non ha svolto con mezzi propri nessun tratto del trasporto, ma, seppure avesse, in ipotesi, svolto attività vettoriale dai propri depositi di Milano fino alla consegna alla P, la circostanza sarebbe del tutto ininfluente, perché responsabile della violazione del vincolo di consegna è proprio la P.
La censura non può essere accolta.
Osserva la Corte d'appello, a proposito della qualificazione giuridica del rapporto fra le attrici e la convenuta, per respingere la tesi di quest'ultima, secondo cui essa Saima Avandero sarebbe stata solo spedizioniere, che l'appellante "non ha mai neppure indicato, come invece avrebbe dovuto esserle agevole, se fosse stata davvero solo spedizioniere, chi fosse il vettore che aveva materialmente trasportato le merci dai suoi depositi di Milano fino in Belgio, ove poi erano state ritirate dalla P, che ne ha pacificamente eseguito la consegna al destinatario". Pertanto "la prospettazione del Tribunale, che la Saima fosse lo spedizioniere vettore e la P sua mandataria come subvettore, configura la più ragionevole e convincente delle ricostruzioni del rapporto possibili alla luce degli elementi documentali acquisiti e dev'essere necessariamente condivisa".
Trattasi, a giudizio della Corte, di una motivazione adeguata e congrua, esente da vizi logici e da errori giuridici, cui la ricorrente oppone proprie soggettive valutazioni e un diverso apprezzamento, anche in termini di qualificazione giuridica, del materiale probatorio acquisito, addirittura modificando adesso, inammissibilmente, la prospettazione dei fatti, per inserire, in relazione al trasporto per conto del Maglificio Mondial, tra essa Saima, primo vettore, e la P, esecutrice della consegna al destinatario, un secondo vettore, tale Ziegler Trasporti. Resta in definitiva fermo, in punto di fatto, l'accertamento del giudice di merito, da cui deriva che, stante il contratto di subtrasporto, la Saima, quale primo vettore submittente, debba rispondere, verso le mittenti, dell'operato del subvettore P, quale ausiliario (art.1228 c.c.) del vettore originario.
Col secondo mezzo, denunciando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione (art. 360 n. 5 c.p.c.), la Saima Avandero deduce che le attestazioni rilasciate dalla Generale de Banque, contenenti un ordine, diretto alla banca italiana, di pagamento, sia pure dilazionato, contrariamente, anche in questo caso, all'opinione della Corte, presupponevano l'esistenza dei fondi e non mutavano di contenuto solo perché in realtà i fondi non c'erano. Tuttavia è stato documentato non esser vero che la consegna della merce del Maglificio Mondial fosse subordinata al pagamento del prezzo, perché su alcune delle fatture, proprio quelle non versate in atti dall'attrice in primo grado, era previsto il pagamento dilazionato, e, per la spedizione più rilevante, di lire 74.658.400, la stessa venditrice aveva previsto esplicitamente, anche nelle istruzioni alla Saima, il pagamento bancario dilazionato rispetto alla consegna. Del resto, come documentato dalla sentenza che ha deciso in modo difforme dalla presente una fattispecie ad essa assolutamente identica, il Maglificio Mondial, nello stesso periodo, aveva compiuto operazioni identiche per merci destinate al medesimo acquirente, ma con diverso spedizioniere e l'interposizione dello stesso istituto di credito belga. Il Maglificio Mondial e la Dallas avrebbero dovuto accorgersi, sol che avessero voluto, sia dell'inadeguatezza delle attestazioni bancarie sia del mancato pagamento.
Anche la seconda, sostiene ancora la ricorrente, spiegandone il perché, era del tutto consenziente al pagamento differito. Questa problematica è stata erroneamente ritenuta dalla Corte assorbita da quella dell'inadeguatezza delle attestazioni bancarie, senza considerare che l'art. 1227 c.c. esclude la risarcibilità dei danni che il creditore avrebbe potuto evitare con l'ordinaria diligenza. Nemmeno questo motivo può trovare accoglimento.
La Corte, nel respingere il motivo di gravame concernente la violazione, accertata dal Tribunale, del vincolo di consegna, spiega anzitutto come non possa condividersi l'assunto che le attestazioni rilasciate dalla banca belga garantissero il pagamento del prezzo, giacché la contestualità dell'ordine impartito, col verbo al tempo presente, dalla banca belga alla banca italiana "non toglie che l'adempimento di questa fosse prospettato, nel documento, come funzionalmente collegato alla premessa e cioè all'ordine irrevocabile impartito alla Generale dal cliente D M, che, configurando certamente un'ipotesi di mandato (...), era certamente regolato dal disposto dell'art. 1719 c.c., che fa carico al mandante della somministrazione al mandatario dei mezzi necessari per l'esecuzione del mandato". E pertanto il D M, trattandosi di pagamento di somme, avrebbe dovuto mettere a disposizione dell'ordinataria, sul proprio conto, il denaro necessario perché a sua volta la banca italiana potesse eseguire i pagamenti. Senza questa provvista, prosegue la sentenza, le attestazioni della banca belga "non garantivano affatto il pagamento del prezzo delle merci vendute dalle attrici, la cui consegna al destinatario acquirente, a fronte di documentazione bancaria di quel tenore, ha certamente costituito violazione delle disposizioni impartite e dai venditori alla Saima e da questa alla P". Per rispondere poi all'obiezione che l'ordine di pagamento differito non violava l'interesse dei venditori, sia perché alcune fatture prevedevano la dilazione, sia perché, per le altre, il pagamento nei termini commerciali equivaleva in sostanza a un pagamento immediato, la Corte sottolinea come il problema sia mal posto, dal momento che le attestazioni bancarie della Generale non garantivano nessun tipo di pagamento, attesa la già ricordata assenza della provvista necessaria per l'esecuzione dell'ordine del D M;
tant'è vero che i venditori non hanno mai ricevuto nessun pagamento, immediato o differito che fosse.
Ancora una volta, rileva il Collegio, la motivazione del giudice di merito, per la sua compiutezza logica e la sua correttezza giuridica, non presta il fianco a censure, avendo la sentenza impugnata esattamente individuato, e giustamente sanzionato, la trascuratezza con la quale vennero accettate dalla P, in luogo di ben altrimenti tranquillante documentazione (attestazioni bancarie comprovanti o il pagamento delle fatture o il blocco dei fondi per l'importo corrispondente), attestazioni affatto divergenti dalle istruzioni ricevute e rivelatesi, anche "ex post", inidonee a garantire il pagamento immediato o anche solo, in subordinata ipotesi, differito, delle merci trasportate.
Le odierne difese della ricorrente si traducono o nell'asserzione di un'insostenibile conformità dei documenti ricevuti alle istruzioni impartite o comunque all'effettivo interesse dei mittenti ovvero in apprezzamenti personali di colpa dei creditori nell'aggravamento del danno, ai sensi dell'art. 1227 2^ comma c.c., questi ultimi espressi senza precisare, nel silenzio della sentenza sul punto, se, dove e quando una tale eccezione (in senso proprio) sia stata sollevata nel giudizio di merito;
con la conseguenza che la stessa deve presumersi inammissibilmente sollevata per la prima volta in questa sede (Cass.23 maggio 2001 n. 7025;
2 aprile 2001 n. 4799
).
Col terzo mezzo, denunciando lo stesso vizio di motivazione (art. 360 n. 5 c.p.c.), la Saima Avandero lamenta che erroneamente la sua
obbligazione, nascente dalla violazione del vincolo di consegna, sia stata ritenuta di valore e non di valuta.
Anche questa censura è senza pregio.
A giudizio della Corte d'appello, "il meccanismo della rivalsa di cui all'art. 1702 c.c., pur correttamente richiamato dall'appellante, non toglie che la responsabilità di questa trovi titolo nel risarcimento del danno subito dal venditore per la violazione del vincolo di consegna". E, poiché "il risarcimento del danno configura pacificamente un debito di valore, appunto come ha ritenuto il Tribunale", la decisione dev'essere "confermata anche nel punto in cui affermò dovuta alle parti attrici la rivalutazione monetaria". Rileva il Collegio che l'obbligazione di risarcimento del danno, sebbene derivante da inadempimento contrattuale (come quello configurabile a carico della Saima, verso i mittenti, per l'inosservanza delle istruzioni ricevute e quindi, "lato sensu", per l'omessa riscossione degli assegni dovuti ai medesimi: art. 1692 c.c.), è tipico debito di valore, come tale quantificabile tenendo
conto, anche d'ufficio, della svalutazione monetaria sopravvenuta fino alla data della liquidazione.
Con questa precisazione, anche la decisione sul punto sfugge alla critica della ricorrente.
Col quarto mezzo, denunciando ancora un vizio di motivazione (art.360 n. 5 c.p.c.), la Saima Avandero osserva, a proposito della
domanda riconvenzionale contro il Maglificio Mondial, che la sentenza dovrà essere riformata anche su questo punto, essendo evidente che l'odierna ricorrente ha ben eseguito l'incarico conferitole, col trasmettere ai successivi vettori istruzioni conformi a quelle fornitele dalla venditrice.
Il motivo è destituito di fondamento.
Il gravame avverso il rigetto della domanda riconvenzionale della Saima contro il Maglificio Mondial è stato disatteso dalla Corte territoriale con l'argomento che, a parte l'assenza di rilievi critici alla decisione del Tribunale, la quale già di per sè "configura un evidente profilo di inammissibilità della censura, esaustiva della controversia (...), le considerazioni svolte nell'esaminare gli altri motivi portano ad escludere che la Saima abbia correttamente adempiuto l'incarico affidatole dal Maglificio". Alla luce di quanto esposto nell'esame del secondo motivo, anche la decisione su questo punto appare ineccepibile, mentre la censura ripropone, in sostanza, la tesi, disattesa dal giudice di merito, della conformità dei documenti accettati alle istruzioni impartite dalla mittente e cade dunque con essa.
Col quinto motivo, denunciando vizio di motivazione, violazione di norme di diritto e nullità della sentenza (art. 360 n. 5 c.p.c.), la Saima Avandero si duole del rigetto della domanda di manleva nei confronti del Maglificio Mondial e della Cotton &
Cotton, deliberato per la nullità della dichiarazione di accettazione del contraddittorio resa dai procuratori della P all'udienza del 29 aprile 1993 davanti al Tribunale.
Trattasi di statuizione ingiusta, sia perché agli avvocati T e A fu rilasciata una procura "per ogni lite";
sia perché il contraddittorio fu regolarmente instaurato e comunque sul punto, per mancata impugnazione, s'è formato il giudicato.
Infatti l'eventuale nullità non è stata denunciata con l'appello, ma solo eccepita nel corso del giudizio di gravame. Per giunta, l'appello della P, anche per i capi di sentenza relativi al giudizio col Maglificio Mondial e con la Cotton s Cotton, è stato proposto in forza della stessa procura di cui si è contestata la validità, per cui delle due l'una: o quei capi di sentenza sono passati in giudicato o, se sono stati appellati ritualmente, la procura in questione era evidentemente estesa anche a tali giudizi. La doglianza è destituita di fondamento.
Osserva al riguardo la sentenza impugnata, giudicando sull'eccezione di nullità sollevata dalla Saima Belgium nell'udienza del 28 ottobre 1997 davanti al consigliere istruttore, che, come risulta dalla procura notarile del 15 maggio 1991, ai procuratori costituiti della Saima Belgium, avvocati Bruno T ed Elisa A, furono conferiti poteri di rappresentanza e difesa della loro assistita unicamente nella controversia pendente tra la Dallas e la Saima Avandero (nell'ambito della quale la seconda aveva chiamato in causa, per essere contro la prima garantita, la società P);
e quindi la dichiarazione di accettazione del contraddittorio anche con riferimento ai giudizi promossi contro la Salma Avandero dal Maglificio Mondial e dalla Cotton &
Cotton, resa dai procuratori della P all'udienza del 29 aprile 1993, non poteva produrre e non ha prodotto alcun effetto giuridico, per difetto di potere del patrocinio dichiarante. E peraltro, avendo la Saima Avandero chiamato in manleva la P solo nella causa promossa dalla Dallas, per quanto riguarda il Maglificio Mondial e la Cotton &
Cotton, in difetto della domanda della Saima, non esisteva neppure la controversia di manleva.
Di qui, deducono i giudici di appello, la nullità anzitutto della dichiarazione di accettazione del contrad-dittorio di cui è detto sopra, perché resa da dichiarante privo dei necessari poteri, e poi di tutte le attività processuali successivamente svolte, con riferimento ai due giudizi di manleva tra la Saima Avandero e la P relativi alle domande formulate dal Maglificio Mondial e dalla Cotton &
Cotton, di fatto inesistenti, perché mai introdotti dalla Saima Avandero.
Conclusivamente, ad avviso dei giudici di appello, va dichiarata la nullità della sentenza impugnata, nei capi
che pronunciarono la condanna della P a tenere indenne la Saima Avandero per le somme dovute al Maglificio Mondial e alla Cotton &
Cotton, nell'errato presupposto dell'esistenza di un contraddittorio rituale tra la Saima Avandero e la P anche in ordine alle domande di entrambe le predette ditte.
Questa decisione è giuridicamente corretta e va condivisa, non avendo pregio le due fondamentali obiezioni sollevate dall'odierna ricorrente principale.
Invero, in primo luogo, anche l'esame diretto della procura notarile del 15 maggio 1991 conferma che la stessa venne rilasciata agli avvocati T e A soltanto per difendere la mandante dalla domanda di manleva proposta dalla Saima Avandero nel giudizio (allora separato) promosso dalla Dallas, sicché i predetti difensori, nell'ambito degli altri due giudizi, promossi rispettivamente dal Maglificio Mondial e dalla Cotton &
Cotton, erano privi di rappresentanza processuale della P e non potevano quindi compiere, in nome e per conto della stessa, nessuna accettazione di contraddittorio. A questa conclusione non osta l'espressione "mandataires speciaux dans tout litige" contenuta nella ridetta procura, giacché, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, "dans tout litige" significa non "in ogni lite", ma bensì "nell'intera lite", ovvero in ogni stato e grado dell'unica controversia.
In secondo luogo, vero è che manca sul punto un motivo di gravame della Salma Belgium e che anzi la procura del 15 maggio 1991, relativa al solo giudizio promosso dalla Dallas, non abilitava gli avvocati T e A ad impugnare anche la condanna della Saima Belgium, emessa negli altri due giudizi, a rivalere la Saima Avandero anche di quanto da questa dovuto al Maglificio Mondial e alla Cotton &
Cotton. Tuttavia, nella fattispecie, si configura non una semplice nullità, bensì l'inesistenza giuridica della sentenza di primo grado, "in parte qua", in quanto emessa tra soggetti che non avevano mai assunto le rispettive qualità di parte attrice e convenuta in un processo, senza cioè che si fosse tra gli stessi instaurata una qualsiasi controversia, e quindi, in definitiva, in difetto del requisito minimo essenziale per l'utile esercizio della giurisdizione: onde, sempre "in parte qua", tale vizio irreparabile sottraeva la sentenza alla generale sanatoria del giudicato formale e autorizzava il giudice di appello al corrispondente rilievo anche d'ufficio, non essendo concepibile una sentenza senza giudizio. Col primo motivo del ricorso incidentale la Saima Avandero Belgium, già P. denunciando la violazione dell'art. 112 c.p.c., in relazione all'art. 1712 c.c., nonché omessa motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 n. 3 c.p.c.), premesso che l'incarico di vincolare la riconsegna delle merci all'attestazione bancaria comprovante il pagamento del prezzo costituisce un mandato accessorio al contratto di trasporto, rileva che ne' la propria diretta mandante Saima Avandero ne' le mittenti, e specialmente la Dallas, dopo aver ricevuto le attestazioni rilasciate dalla banca, hanno mai sollevato eccezioni, se non dopo il mancato pagamento, circa la pretesa non conformità di tali attestazioni alle istruzioni impartite, così tacitamente approvando l'operato della man-dataria. Su questa eccezione, sollevata già in primo grado, non esaminata dal Tribunale, e riproposta in appello, la sentenza impugnata non si è pronunciata.
La censura è infondata.
È certamente esatto, osserva il Collegio, che, qualora il mittente incarichi il vettore di riscuotere suoi crediti verso il destinatario (come, per l'appunto, il prezzo della merce trasportata), s'innesta nel contratto di trasporto una stipulazione accessoria, rientrante nello schema del mandato;
anche se, nel caso di specie, non di mandato a riscuotere un credito si trattava, ma del diverso mandato ad esigere dal destinatario la consegna di una ben specificata documentazione bancaria, ritenuta dal mittente, per serietà ed affidabilità, equivalente al pagamento in contanti. Orbene, se è vero che la questione delle mancate obiezioni delle società venditrici venne posta dall'appellante Saima Belgium (già P) alle pagine 9 e 10 del gravame e ripresa alla pag. 17 della comparsa conclusionale e che la sentenza impugnata non se ne occupa;

è pur vero che la stessa appare giuridicamente irrilevante, tale rendendo, per logica conseguenza, la stessa omessa pronuncia sul punto da parte del giudice "a quo".
Benvero, perché si configuri, per presunzione di legge, ai sensi del combinato disposto del 1^ e 2^ comma dell'art. 1712 c.c., per effetto del solo silenzio del mandante, un'approvazione (o ratifica tacita) dell'operato del mandatario, anche se questi si è discostato dalle istruzioni o ha ecceduto i limiti del mandato, occorre pur sempre che il mandato abbia avuto esecuzione e che di tale esecuzione il mandatario abbia dato notizia al mandante, naturalmente includendovi l'indicazione delle attività divergenti od esorbitanti, da lui eventualmente compiute. Nella specie tuttavia l'accertamento di fatto del giudice di merito va inteso nel senso che l'accettazione di documenti radicalmente diversi da quelli prescritti nelle istruzioni del mandante comporta non già una semplice difformità di esecuzione ma bensì una radicale inesecuzione del mandato, come tale non suscettiva dell'approvazione implicita disciplinata dalla disposizione in esame.
In secondo luogo la norma, come è noto, opera esclusivamente nei rapporti diretti fra mandante e mandatario, onde non può essere invocata dall'ausiliario del mandatario, nella specie la Saima Belgium, contro i mandanti di quest'ultimo, rispetto ai quali è terzo, ma potrebbe giovarsene unicamente, alla ricordata condizione, la Saima Avandero contro le ditte mittenti, sue dirette mandanti. Col secondo mezzo, denunciando la violazione dell'art. 1227 C.c. (art. 360 n. 3 C.P.C.), la ricorrente incidentale osserva che la mittente omise di comunicare il mancato pagamento alla prima scadenza da parte della banca belga, e che l'omesso controllo delle spedizioni di merci, contrariamente all'avviso dei giudici di merito, costituisce il preteso creditore in colpa, per la mancata prestazione dell'ordinaria diligenza, con la conseguenza che il risarcimento non è dovuto (art. 1227 2^ comma C.c.). Nemmeno questa censura, sintetica fin quasi al limite della genericità, può essere accolta, per le stesse ragioni esposte a proposito dell'analoga censura contenuta nel secondo motivo del ricorso principale. Anche in questo caso infatti gli apprezzamenti personali di colpa del creditore mittente (peraltro imprecisato, posto che i mittenti in causa sono tre) nell'aggravamento del danno, ai sensi dell'invocato art. 1227 2^ comma C.c., vengono espressi senza precisare, nel silenzio della sentenza sul punto, se, dove e quando una tale eccezione (in senso proprio) sia stata sollevata nel giudizio di merito;
con la conseguenza che la stessa deve presumersi inammissibilmente sollevata per la prima volta in questa sede (Cass.23 maggio 2001 n. 7025;
2 aprile 2001 n. 4799
).
Col terzo motivo, denunciando la violazione degli artt. 1324, 1333, 1334, 1362 e segg. C.c. nonché insufficiente e contraddittoria motivazione (art. 360 n. 3 e 5 C.p.c.), la ricorrente incidentale sostiene che, in base alle attestazioni rilasciate, da qualificare atti unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale e divenute irrevocabili non appena a conoscenza della persona cui erano destinate, la banca belga era obbligata a pagare il controvalore delle fatture delle mittenti. Il carattere di vero e proprio impegno di dette attestazioni fu percepito da tutte le parti coinvolte nella vicenda, dando ad esse l'unica interpretazione plausibile sulla base delle regole ermeneutiche. In ogni caso l'equivocità e ambiguità di tali dichiarazioni, non sfuggite alla Corte d'appello, non dovevano ritorcersi in danno di coloro che in esse avevano confidato. Quest'ultimo motivo non merita miglior sorte dei precedenti. Con la motivazione ampia, articolata ed esaustiva, e dunque incensurabile in questa sede sotto il profilo logico giuridico, già riassunta in occasione della disamina del secondo motivo del ricorso principale, e con ulteriori approfondimenti esposti sul tema nel prosieguo della sentenza impugnata, la Corte distrettuale sottolinea e riafferma che il tenore delle attestazioni rilasciate dalla banca belga ("attestiamo che, d'ordine irrevocabile del signor D M, incarichiamo la Banca Cariplo di pagare (...)"), pur non spiccando "come modello di chiarezza e linearità", non si presta tuttavì a ad equivoci, nel senso che non garantiva all'evidenza alcun pagamento, nè immediato ne' dilazionato;
che nemmeno l'uso del verbo al tempo presente ("incarichiamo") faceva supporre l'esistenza della provvista;
che insomma, essendo l'incarico conseguenziale a un "ordine irrevocabile" del D M, esso soggiace, come già a suo tempo rilevato, alle regole del mandato, e in particolare al già richiamato art. 1719 C.c., il quale sancisce l'obbligo del mandante di somministrare al mandatario i mezzi necessari per l'esecuzione del mandato: mezzi che invece il D M non ha mai fornito alla banca belga e che questa di conseguenza non ha potuto fornire alla banca italiana.
La conclusione, ad avviso del giudice "a quo", è che non era possibile alcun equivoco, "nè sull'esistenza di una garanzia del pagamento e men che meno sull'assunzione di un ipotetico obbligo diretto da parte della banca";
per cui "nessuno avrebbe potuto essere tratto in inganno sulla portata di quelle attestazioni bancarie". Ebbene, questa motivazione appare ineccepibile vuoi per quanto attiene alla ricerca e individuazione della volontà delle parti (il D M e la Generale de Banque) vuoi nella riconduzione di tale comune volontà allo schema legale del contratto di mandato, rimasto ineseguito per carenza di provvista;
sicché la critica della ricorrente incidentale, che non condivide tali risultati, si risolve inammissibilmente nella proposta di una nuova interpretazione e di una diversa qualificazione giuridica, funzionale allo scopo, da essa perseguito, del rigetto dell'avversa domanda di manleva (quella, superstite, per le somme dovute dalla Saima Avandero all'Urciuoli). Stante la reciproca soccombenza, stimasi equo compensare tra le parti le spese di questo giudizio.

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