Cass. pen., sez. VI, sentenza 09/06/2023, n. 25169
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la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: U A A nato il 28/11/1970 a Borgomanero avverso la sentenza del 13/07/2022 della Corte di appello di Torino visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal consigliere M S V;lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, S S, che ha chiesto l'inammissibilità del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Torino, all'esito di rito abbreviato, in parziale riforma della sentenza del Giudice delle indagini preliminari di Novara del 2 dicembre 2021, concessa la circostanza attenuante di cui all'art. 62, n. 6, cod. pen., ha rideterminato la pena inflitta a U A A per il reato di peculato in anni uno e mesi due di reclusione. Si contesta all'imputato di essersi appropriato - nel periodo dal 9 al 29 ottobre 2019 - della complessiva somma di 15.700 euro, ricevuta in qualità di incaricato di pubblico servizio, quale titolare della ricevitoria del lotto sita in Cavaglio D'Agogna, in quanto ometteva di versare all'ufficio Monopoli di Stato la suddetta somma, a titolo di provento di gioco del lotto effettuato dagli utenti della ricevitoria. Il compendio probatorio si fonda sugli accertamenti documentali e sulle dichiarazioni dello stesso imputato che hanno permesso di accertare che il predetto, nella sua veste di incaricato di pubblico servizio, in quanto titolare di una ricevitoria del lotto, ometteva di versare all'Ufficio dei Monopoli di Stato la somma di euro 15.700, provento delle giocate effettuate nel suo locale. La Corte di appello, pur prendendo atto della versione dei fatti fornita dall'imputato, riscontrata dalle dichiarazioni della dipendente del suo negozio, secondo la quale una parte consistente delle somme dovute dall'Erario non era fisicamente entrata nella sua disponibilità avendo egli stesso, autonomamente, effettuato le giocate senza pagarle, in virtù della duplice veste di titolare della ricevitoria e di utente di quello stesso esercizio commerciale, nella speranza che le vincite realizzate, iscritte nel conto corrente, ne coprissero i relativi costi, ha ritenuto, in ogni caso, U responsabile del reato ascrittogli. Nella sentenza impugnata si richiama conseguentemente l'orientamento giurisprudenziale di questa Sezione secondo il quale "In terna di peculato, la nozione di possesso, riferita al danaro, deve intendersi come comprensiva non solo della detenzione materiale, ma anche della disponibilità giuridica, con la conseguenza che l'appropriazione può avvenire anche attraverso il compimento di un atto - di competenza del pubblico agente o connesso a prassi e consuetudini invalse nell'ufficio - di carattere dispositivo, che consenta di conseguire l'oggetto della appropriazione (Sez. 6, n. 16783 del 19/01/2021, Romei, Rv. 281511 - 01).
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