Cass. civ., SS.UU., sentenza 23/07/2015, n. 15477

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 23/07/2015, n. 15477
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 15477
Data del deposito : 23 luglio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

E T 15477-15 N E REPUBBLICA ITALIANA S E IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE CIVILI Composta dagli Ill.mi Sig.ri Magistrati: - Primo Presidente Agg. Dott. L A RI Dott. R R - Presidente Sez. R.G. 16573/2014 Cron 15477 Dott. S D P - Presidente Sez. Dott. G B - Consigliere Rep. Dott. R V - Consigliere Ud. 7.7.2015 Dott. C D I - Consigliere - Consigliere Rel. Dott. S P Dott. R F - Consigliere impiego pubblico Dott. A G - Consigliere ha pronunciato la seguente C.U. SENTENZA sul ricorso, iscritto al N.R.G. 16573 del 2014, proposto da: D L F (DLE FNC 45A71 C983K), rappresentata e difesa, per procura speciale a margine del ricorso, dagli Avvocati P L e Laura Totino, elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Roma, Largo Messico n. 7;

- ricorrente -

contro MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITA' CULTURALI E DEL TURISMO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge; - resistente - avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 3744/2014, depositata in data 2 aprile 2014. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 7 luglio 2015 dal Consigliere relatore Dott. S P; sentito l'Avvocato dello Stato A B; 316/15 sentito il Pubblico Ministero, in persona dell'Avvocato Generale Dott. U A, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con sentenza depositata il 2 aprile 2014, il Tribunale di Roma, sezione lavoro, in accoglimento della eccezione sollevata dalla difesa erariale per il Ministero dei beni e delle attività culturali, dichiarava il difetto di giurisdizione dell'AGO in ordine alla domanda proposta da F D L, già dipendente della indicata amministrazione, di accertamento del suo diritto al riconoscimento del periodo di sospensione cautelare dal servizio nel calcolo del trattamento di quiescenza. In proposito, il Tribunale rilevava che analoga domanda era già stata proposta dalla ricorrente dinnanzi alla Corte dei conti che, con sentenza n. 11640/2011, passata in giudicato, aveva dichiarato il proprio difetto di giurisdizione a favore del giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro. Premesso, quindi, che l'affermazione della giurisdizione ordinaria non poteva ritenersi vincolante per il giudice indicato come dotato di giurisdizione, tale effetto essendo proprio delle sole sentenze delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, il Tribunale riteneva che la giurisdizione non potesse spettare al giudice ordinario in quanto la domanda era relativa a fatti svoltisi prima del 30 giugno 1998. I periodi di sospensione cautelare dal servizio e i provvedimenti che detta sospensione avevano disposto, infatti, si collocavano tutti prima del 30 giugno 1998, e segnatamente nel periodo compreso tra il 1985 e il 1993, mentre il provvedimento che statuiva che a decorrere dal 1° gennaio 1978, e per la durata di due anni, il servizio prestato dall'interessata non sarebbe stato calcolato ai fini della progressione in carriera era stato assunto con d.m. 16 giugno 1992, emesso a seguito di sentenza della Corte d'appello di Bologna che aveva condannato la ricorrente alla pena di due anni di reclusione, con sospensione della pena. Né, proseguiva il Tribunale, la giurisdizione ordinaria poteva radicarsi per il fatto che il provvedimento impugnato fosse la determinazione INPDAP del 26 marzo 2010, relativa alla liquidazione del trattamento pensionistico, -2- atteso che questa determinazione era un mero atto derivato da quanto a suo tempo stabilito dal citato d.m. del 1992, con la conseguenza che, essendo quest'ultimo insindacabile, il provvedimento INPDAP doveva ritenersi legittimamente adottato. Ad avviso del Tribunale, non trovava quindi applicazione la disposizione di cui all'art. 68 del d.lgs. n. 29 del 1993, poiché l'art. 45, comma 17, del d.lgs. n. 80 del 1998 aveva poi statuito la devoluzione al giudice del lavoro delle controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro successive al 30 giugno 1998, rimanendo quelle relative al periodo anteriore devolute alla giurisdizione amministrativa, dinnanzi alla quale avrebbero dovuto essere proposte entro il 15 settembre 2000;
con la conseguenza che, al momento della proposizione della domanda, la giurisdizione amministrativa non poteva più essere adita. Il Tribunale rigettava invece la domanda volta all'accoglimento dell'istanza di trattenimento in servizio oltre il sessantacinquesimo anno di età con tutte le conseguenze di legge, anche a titolo di risarcimento dei danni, rilevando che tale domanda si riferiva ad una istanza avanzata dalla ricorrente in data 15 dicembre 2008 e che, prima che intervenisse il diniego ministeriale, con il provvedimento di collocamento a riposo con decorrenza dal 1° febbraio 2010, la medesima ricorrente, con missiva del 6 ottobre 2009, aveva formulato istanza di collocamento a riposo a partire dal 1° gennaio 2010. Avverso questa sentenza F D L ha proposto ricorso denominato "istanza di regolamento di giurisdizione”, chiedendo la dichiarazione della giurisdizione del giudice ordinario e la cassazione della sentenza impugnata. L'amministrazione intimata ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all'udienza di discussione. In prossimità dell'udienza la medesima amministrazione ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ. -3- MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Con l'unico motivo di ricorso la ricorrente denuncia violazione dell'art. 133 cod. proc. amm. e chiede affermarsi la giurisdizione del giudice ordinario. La ricorrente rileva la contraddittorietà delle difese svolte dall'amministrazione, atteso che la difesa erariale, costituitasi in giudizio dinnanzi alla Corte dei conti, aveva eccepito in quella sede il difetto di giurisdizione del giudice delle pensioni, affermando invece la giurisdizione del giudice ordinario e non del giudice amministrativo, mentre dinnanzi al giudice ordinario ha poi sostenuto l'appartenenza della controversia alla giurisdizione del giudice amministrativo. In realtà, sostiene la ricorrente, la controversia rientrerebbe nella giurisdizione del giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, ai sensi dell'art. 63 del d.lgs. n. 165 del 2001. 2. Il ricorso è inammissibile. 2.1. Il regolamento preventivo di giurisdizione, infatti, non è proponibile dopo che il giudice di merito abbia emesso una sentenza, anche soltanto limitata alla giurisdizione o ad altra questione processuale, fissando in tale momento il termine finale per la proposizione di detto rimedio preventivo (Cass., S.U., n. 22382 del 2011). Invero, a seguito alla formulazione dell'art. 367 cod. proc. civ., introdotta dalla legge 26 novembre 1990 n. 353, il disposto della prima parte dell'art. 41 cod. proc. civ. deve essere interpretato nel senso che qualsiasi decisione emanata dal giudice presso il quale il processo è radicato ha efficacia preclusiva del regolamento preventivo di giurisdizione;
di conseguenza il regolamento non è proponibile dopo che il giudice del merito abbia emesso una sentenza, anche soltanto limitata alla giurisdizione o ad altra questione processuale, atteso che la risoluzione della questione di giurisdizione può essere rimessa al giudice processualmente sovraordinato, secondo l'ordinario svolgimento del processo (Cass., S.U., n. 2466 del 1996;
Cass., S.U., n. 6042 del 2002). - 4- Si deve solo aggiungere che tale regola è rimasta ferma anche a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 59 della legge 18 giugno 2009, n. 69, che ha disciplinato la translatio iudicii, risultandone anzi da quest'ultima rafforzata, sia perché le disposizioni sul regolamento preventivo di giurisdizione sono rimaste immutate in virtù del comma 3, ultima parte, del suddetto art. 59, sia perché, anche nel nuovo sistema processuale, in materia di giurisdizione il legislatore ha inteso conservare la natura non impugnatoria del rimedio del regolamento preventivo, la cui funzione continua ad essere proprio quella di prevenire decisioni impugnabili o possibili conflitti reali di giurisdizione, e, quindi, quella di soddisfare un'esigenza di rispetto della compresenza nell'ordinamento di ordini giudiziali distinti (vedi Cass., S.U., n. 2716 del 2010). Il ricorso è dunque inammissibile ove qualificato come regolamento preventivo. 2.2. Il ricorso sarebbe altresì inammissibile ove lo si volesse qualificare come ricorso ordinario, atteso che esso è riferito ad una sentenza di primo grado, in quanto tale appellabile. 3. - Né potrebbe ipotizzarsi che il ricorso in esame possa essere convertito in una denuncia di conflitto negativo reale di giurisdizione che, ai sensi dell'art. 362, secondo comma, n. 1, cod. proc. civ., è proponibile in ogni tempo, e che deve ritenersi sussistete anche nel caso in cui, declinata la giurisdizione da parte del primo giudice adito, quello successivamente adito declini a sua volta la giurisdizione in favore di un terzo giudice. Nella giurisprudenza di queste Sezioni Unite si è affermato che il ricorso, inammissibile come ricorso ordinario e quale istanza di regolamento preventivo, può essere convertito in denuncia di conflitto di giurisdizione, ove ne presenti i requisiti formali e i relativi presupposti, ovvero quando, da un lato, il ricorso risulti ritualmente notificato al soggetto destinatario personalmente e non al suo procuratore e, dall'altro, quando sia riferibile a sentenze che costituiscono altrettante decisioni declinatorie della potestas iudicandi, non più revocabili dai diversi giudici che le hanno pronunciate su di una identica domanda, e sono perciò idonee ad integrare gli estremi del -5- conflitto reale negativo, denunciabile ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 362, comma secondo, n. 1, cod. proc. civ. (Cass., S.U., n. 22521 del 2006; Cass., S.U., n. 2716 del 2010;
Cass., S.U., n. 16040 del 2010). Nella specie, peraltro, deve ritenersi insussistente il secondo requisito. La volontà della ricorrente di denunciare alla Corte la situazione di stallo derivante dal diniego di giurisdizione su un capo della domanda da parte dei due giudici aditi, risulta esclusa dal fatto che la ricorrente stessa non ha esteso la denuncia ad entrambe le sentenze emesse sulla domanda, ma la ha limitata a quella del giudice ordinario. Si è dunque al di fuori della ipotesi della denuncia di conflitto, atteso che, nella sostanza, la doglianza della ricorrente è limitata alla decisione del Tribunale di Roma, della quale sollecita la cassazione;
sentenza che, per quanto detto in precedenza, avrebbe dovuto essere assoggettata ad appello. 4. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo. Poiché il ricorso, notificato in data successiva al 31 gennaio 2013, è rigettato, e poiché risulta dagli atti del giudizio che il procedimento in esame è assoggettato al pagamento del contributo unificato, deve dichiararsi la sussistenza delle condizioni di cui al comma 1-quater dell'art. 13 del testo unico approvato con il d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato Legge di stabilità 2013).-

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