Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 05/08/2005, n. 16559

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Nell'ipotesi di estinzione del rapporto di lavoro per novazione oggettiva - così come non si estinguono le obbligazioni già venute in essere al momento della novazione, ai sensi dell'art. 2130 cod. civ., e la responsabilità per danni sopravvive in tutti casi di cessazione del rapporto di lavoro - non viene meno la responsabilità del dipendente per illeciti commessi in costanza del primo rapporto di lavoro i cui effetti si dispieghino compiutamente anche durante lo svolgimento del rapporto successivo.

Nell'ipotesi di sentenza penale di condanna non definitiva e di sentenza definitiva di non doversi procedere essendo il reato estinto per prescrizione - che non hanno efficacia di giudicato nel giudizio civile di danno ai sensi degli artt. 651 e 654 cod. proc. pen. - il giudice civile (nella specie in sede di regresso da parte del condebitore solidale che aveva risarcito il danno cagionato dal dipendente) deve interamente rivalutare il fatto ma può tener conto di tutti gli elementi di prova acquisiti, nel rispetto del contraddittorio tra le parti, in sede penale e non gli è vietato ripercorrere lo stesso "iter" argomentativo del giudice penale e giungere alle medesime conclusioni.

L'azione di ripetizione di somme pagate in esecuzione della sentenza di primo grado provvisoriamente esecutiva, successivamente riformata in appello con sentenza confermata dalla Cassazione, non si inquadra nell'istituto della "condictio indebiti" (art. 2033 cod. civ.), dal quale differisce per natura e funzione, non venendo, tra l'altro, in rilievo gli stati soggettivi di buona o mala fede dell'"accipiens", atteso che il diritto alla restituzione sorge direttamente in conseguenza della riforma della sentenza, la quale, facendo venir meno "ex tunc" e definitivamente il titolo delle attribuzioni in base alla prima sentenza, impone di porre la controparte nella medesima situazione in cui si trovava in precedenza. Pertanto, gli interessi legali devono essere riconosciuti dal giorno del pagamento e non da quello della domanda.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 05/08/2005, n. 16559
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 16559
Data del deposito : 5 agosto 2005
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCIARELLI Guglielmo - Presidente -
Dott. SPANÒ Alberto - Consigliere -
Dott. DE LUCA Michele - Consigliere -
Dott. VIGOLO Luciano - rel. Consigliere -
Dott. D'AGOSTINO Giancarlo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
VI NN elettivamente domiciliato in ROMA via LUCREZIO 38, presso lo studio dell'avvocato CANESTRELLI Roberto, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato BONIFACIO GIUDICEANDREA, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro
CASSA RURALE VAL DI FASSA & AGORDINO SCARL già AS RA di Moena), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEL VIMINALE 43, presso lo studio dell'avvocato LORENZONI Fabio, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato CLAUDIO GREGORI, giusta delega in atti;

- controricorrente -

avverso la sentenza parziale 342/2003 depositata il 19.09.2003 e avverso la sentenza definitiva n. 17/04 della Corte d'Appello di TRENTO, depositata il 19/04/04 - R.G.N. 29/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 08/06/05 dal Consigliere Dott. Luciano VIGOLO;

udito l'Avvocato GIUDICEANDREA;

udito l'Avvocato LORIA per delega LORENZONI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NAPOLETANO Giuseppe che ha concluso per l'accoglimento del quinto motivo e rigetto nel resto.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto 20 maggio 1999 la AS RA di Moena s.c.a.r.l. ricorreva al Tribunale di RE - giudice del lavoro, nei confronti dell'ex direttore della sede centrale, sig. NN LL, chiedendo fosse condannato a pagarle:
1) L. 430.000.000, con rivalutazione ed interessi legali dal 7 marzo 1989, che assumeva di avere complessivamente corrisposto, a titolo di risarcimento dei danni e per altre ragioni connesse, a vari soggetti, quale responsabile civile, in solido col LL, ritenuto dalla Corte di Appello di RE autore di molteplici truffe, consumate 0 tentate, in danno delle persone predette;

2) L. 111.015.367, con interessi legali dal giugno 1996. a titolo di differenze retributive corrisposte a seguito di sentenza esecutiva del Pretore di Cavalese, peraltro riformate dal Tribunale con sentenza confermate dalla Corte di ASzione;

3) L. 45.965.648, con interessi legali dal 10 febbraio 1991 a titolo di ripetizione in via di surroga o regresso avendo corrisposto tale somma in esecuzione di condanna nei confronti delle attuali parti;

4) e a risarcirle il danno conseguente all'indisponibilità della somma di lire 340.139.056 per il periodo 12 giugno 1992 / 13 giugno 1997, a seguito procedure esecutive promosse dal LL, ancora in forza della sentenza del Pretore di Cavalese.
Con precedente decreto 15 aprile 1999, il Tribunale di RE, sezione distaccata di Cavalese, ingiungeva alla AS di pagare al LL L. 272.003.390 quali retribuzioni maturate dal 31 maggio 1990 al 23 aprile 1992. già al netto della somma di L..111.015.360. Proponeva opposizione la AS e il Tribunale, riunite le cause, con sentenza non definitiva in date 19 giugno 2001, dichiarava il diritto della AS RA di ricevere dal LL, a titolo di risarcimento danni, la somma di L..480.000.000 con interessi dal 7 marzo 1989, date di pagamento ai danneggiati;
- nonché il diritto alla restituzione di L. 111.015.367, con interessi dalla data del versamento (2.6.1992);
- infine, l'inammissibilità della domanda risarcitoria sopra indicate sub 4).
Con separate ordinanza disponeva per la prosecuzione del giudizio per la quantificazione dei crediti.
A seguito di consulenza tecnica di ufficio, il Tribunale di RE, con sentenza definitiva in data 12 novembre 2002, condannava il VA a pagare ala AS RA di Moena, la somma di L. 436.531.610 (E. 225.449, 76) con interassi dè i 14 aprile 2002. Con atti depositati il 28 marzo 2003 proponevano appello, in forma di impugnazione principale, entrambe te parti, il LL dolendosi della condanna al pagamento di L. 430.000.000 e di L. 45.965.648, in assenza di qualsiasi giudicato in ordine alle rispettive pretese e della mancata applicazione dell'art. 73 c.c.n.l., quando certamente egli aveva agito in esecuzione delle direttive impartitagli dagli organi sociali;
quanto alla restituzione della somma di L. 111.015.367, sosteneva che gli interessi avrebbero dovuto decorrere solo dalla data della domanda giudiziale, per essere stata tale somma percepita in buona fede.
Con proprio appello, pure proposto come principale, la | stessa AS deduceva che i rispettivi crediti non avrebbero dovuto essere rivalutati separatamente, bensì congiuntamente.
La AS RA di Moena chiedeva, con appello incidentale, la condanna del LL al pagamento della rivalutazione monetaria sulla somma di L. 430.000.000=.
Pronunziando sugli appelli riuniti, con sentenza non definitiva in data 19 settembre 2003, la Corte di appello di RE, in parziale riforma delle sentenze impugnate, riconosceva alla AS il diritto alla rivalutazione monetaria del credito di L. 430.000.000 e, con separata ordinanza, dava incarico a consulente tecnico di ufficio per l'elaborazione del conteggio delle poste di dare e avere tra le parti.
Con la sentenza definitiva, in data 19 aprile 2004, richiamato il riepilogo generale elaborato dal consulente di ufficio, con la progressiva compensazione delle poste di dare e avere tra le parti, ha condannato il LL a pagare la differenza a suo debito in E. 509.286, 28, con interessi legali dal 1 dicembre 2003 al saldo. In ordine alle domande sub 1) e 3) dell'esposizione in fatto che precede, il MM aveva dedotto quale motivo di appello che non si era formato alcun giudicato sulla sua responsabilità per i reati, derubricati in appropriazione indebita aggravata e dichiarati estinti per prescrizione dalla Corte di ASzione (sentenza n. 15568/1990). Alla luce dei dati fattuali contenuti in detta sentenza, la Corte di appello, con la sentenza non definitiva, ha ritenuto che il LL, quale direttore della AS RA di Moena, e gli stessi organi statutari dell'Istituto, in particolare il presidente del consiglio di amministrazione AN, negli anni 1980 - 1981, in presenza di una rilevante esposizione debitoria di certo EL TU nei confronti della AS, avevano deciso con costui e con un suo amico (certo IO OT), di fare in modo di consentire ai TU, la prosecuzione per qualche tempo dell'attività imprenditoriale tramite "finanziamenti indiretti" da parte di terzi con lui in rapporti di affari: il TU avrebbe dovuto indicare le persone disponibili che il LL avrebbe poi convinto della perdurante solidità economica del primo, prospettando alle medesime che l'Imprenditore avrebbe entro breve tempo dovuto incassare somme rilevantissime e così risolvere una situazione di crisi soltanto temporanea. La AS aveva potuto per tal via limitare i danni derivanti dall'esposizione del cliente il quale, tuttavia, nel 1982 venne dichiarato fallito. Seguirono quindi denunzie da parte dei finanziatori a seguito delle quali fu promossa azione penale nei confronti dello AN, dei consiglieri di amministrazione, e dello stesso TU.
La Corte di ASzione - su ricorso, tra gli altri, del LL avverso la sentenza penale della Corte di appello di RE (n. 156/1988), resa su appello del TU e di altri avverso la sentenza del Tribunale di RE 16.12.1965 - con sentenza in data 18 gennaio 1990, n. 15968, aveva confermato la sentenza di secondo grado, salvo qualificare (per un capo soltanto delle imputazioni) come appropriazione indebita aggravata il fatto contestato come malversazione, nei confronti del TU, del LL e dello AN, con rinvio al giudice civile, competente per valore in grado di appello, "che sarà libero di accertare la responsabilità civile degli stessi".
La Corte di appello di RE, con la sentenza ora impugnata, ha posto in i evidenza il rilevante interesse del LL e della Cassia RA al buon fine dell'operazione, con la pratica sostituzione di un debitore ormai decotto con altri in solide condizioni, e il sostanziale consenso del LL al notevole sconfinamento dal fido di L. 75.000.000 già regolarmente concesso al TU dal consiglio di amministrazione: il LL, vero "dominus" della AS, anche perché dotato competenze e capacità professionali, aveva riferito al consiglio di amministrazione notizie lui solo, di specifiche del tutto generiche e comunque tranquillanti sull'andamento del conto TU, come risultava dai verbali, scritti di pugno dallo stesso LL.
A seguito di segnalazioni che allarmarono la Federazione dei Consorzi Cooperativi, fu inviato il revisore Roberto Foresti che, dopo avere constato varie irregolarità, peraltro riguardanti quasi esclusivamente la posizione del TU, promosse la riunione del 3 dicembre 1980 ("punto cardinale del processo") alla quale parteciparono il Foresti, il LL e il TU e, marginalmente, alla fine, il Senoner, In quella sede, in presenza di assegni in sospeso (privi di copertura) che avevano raggiunto importo di L. 890.000.000 (in riferimento ai quali il LL. con lettera del 21 novembre 1980 aveva rivolto al TU un ennesimo invito a
riportare il movimento del conto corrente nell'ambito della regolarità: si trattò, tuttavia, secondo la TO di appello, di un mero espediente par "coprirsi le spalle", da parte del direttore, ben consapevole del grave sconfinamento dal fido, in vista di una ormai prevedibile azione di responsabilità della AS rurale) venne escogitato il sistema dei "finanziamenti indiretti", in favore del TU che già in quel momento non avrebbe potuto far fronte ai pagamenti con mezzi propri: si decise cioè di sacrificare dei terzi in rapporto di affari col TU per sanate la di lui posizione con la banca.
Poiché tutta l'operazione doveva svolgersi attraverso la banca cointeressata all'esito positivo, era evidente la necessità dell'apporto determinante del direttore, che In effetti si prestò alla manovra, anche perché già eccessivamente espostosi nel consentire le operazioni che avevano portato all'enorme sconfinamento del TU, e comunque Interessato a bene figurare con la AS. La Corta di appello, sia pure con riferimento a quanto risultava dalla sentenza penale della Corte di ASzione, ha posto in evidenza nella sentenza ora impugnata, come, appunto In coincidenza con la riunione del 3 dicembre 1980, presero l'avvio le truffe, ciascuna per L..120.000.000, in danno di certi Pastore,

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