Cass. civ., SS.UU., sentenza 07/04/2015, n. 6919
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La legislazione primaria e secondaria riguardante i servizi di accoglienza del Grande Giubileo dell'anno 2000 non pone alcuna obbligazione di finanziamento a carico dell'amministrazione statale, in quanto gli erogatori dei servizi acquistano un vero e proprio diritto soggettivo solo se l'autorità ha liquidato la somma in base ai criteri definiti in sede amministrativa. Ne consegue che la domanda di pagamento del corrispettivo avanzata dall'impresa erogatrice di quei servizi nei confronti dell'ente pubblico appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo e deve essere separata dalla domanda subordinata di ingiustificato arricchimento, che, invece, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, non coinvolgendo provvedimenti autoritativi con profili di discrezionalità.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. R L A - Primo Presidente f.f. -
Dott. S G - Presidente di Sez. -
Dott. R R - Presidente di Sez. -
Dott. B R - rel. Consigliere -
Dott. B G - Consigliere -
Dott. S A - Consigliere -
Dott. D I C - Consigliere -
Dott. D B A - Consigliere -
Dott. G A - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 26917-2013 proposto da:
AMA - AZIENDA MUNICIPALE AMBIENTE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VITTORIA COLONNA 40, presso lo studio dell'avvocato L D, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati MAZZONE GIORGIO, SBRANA FRANCESCA, per delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO MINISTRI, in persona del Presidente del Consiglio pro-tempore, MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, in persona del Ministro pro-tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;
- controricorrenti e ricorrenti incidentali -
contro
AMA - AZIENDA MUNICIPALE AMBIENTE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VITTORIA COLONNA 40, presso lo studio dell'avvocato DAMIANO LIPANI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati GIORGIO MAZZONE, FRANCESCA SBRANA, per delega a margine del ricorso principale;
- controricorrente all'incidentale -
e contro
COMMISSIONE PER ROMA CAPITALE, COMMISSARIO STRAORDINARIO PER IL GRANDE GIUBILEO DEL 2000, ROMA CAPITALE, ATAC S.P.A., FERROVIE DELLO STATO S.P.A., REGIONE CAMPANIA;
- intimati -
per la risoluzione del conflitto negativo di giurisdizione tra le sentenze nn. 5208/2009 depositata il 22/05/2009 del Tribunale Amministrativo regionale per il Lazio e la n. 4902/2012 depositata il 08/10/2012, della Corte d'Appello di Roma;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/01/2015 dal Consigliere Dott. RENATO BERNABAI;
uditi gli avvocati Damiano LIPANI, Francesca SBRANA, Giovanni PALATIELLO dell'Avvocatura Generale dello Stato;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. APICE Umberto, che ha concluso per l'affermazione della giurisdizione del giudice amministrativo per la domanda principale, per l'affermazione della giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda riconvenzionale, con rinvio al giudice del merito.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 24 febbraio 2004 l'Azienda Municipalizzata Ambiente-Ama s.p.a. conveniva dinanzi al Tribunale di Roma la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per ottenerne la condanna in solido al pagamento della somma di 11.000.531,95 (pari a 21,3 miliardi di lire), oltre interessi, quale corrispettivo dei servizi di igiene urbana prestati in occasione del grande giubileo dell'anno 2000, su incarico conferito dal commissario straordinario del governo con direttiva di coordinamento operativo n. 3/1998;nonché, la condanna in solido al risarcimento del maggior danno per oneri finanziari derivati dalla tardiva erogazione dei finanziamenti;o in via subordinata, al pagamento della medesima somma o altra di giustizia a titolo di ingiustificato arricchimento.
Costituendosi ritualmente, i convenuti resistevano alla domanda e chiedevano in via riconvenzionale la condanna dell'Ama alla restituzione di contributi per Euro 17.484.165,31 corrisposti in anticipo per attività poi non documentate con rendiconto. Con sentenza 18 febbraio 2008 il Tribunale di Roma dichiarava il difetto di giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria in ordine alla domanda principale e alla riconvenzionale;dichiarava altresì inammissibile la domanda subordinata ex art. 2041 cod. civ. per difetto di legittimazione passiva dei convenuti. L'AMA, oltre ad appellare la predetta sentenza,riproponeva le domande dinanzi al T.a.r. del Lazio, chiedendo, in via pregiudiziale, il beneficio della rimessione in termini.
Con sentenza 22 maggio 2009 il Tribunale amministrativo regionale del Lazio dichiarava inammissibile il ricorso per difetto di giurisdizione, motivando che era in contestazione un diritto soggettivo e non un interesse legittimo, trattandosi del corrispettivo di un rapporto prospettato come negoziale per prestazioni rese in occasione del giubileo del 2000: onde la controversia si risolveva nello stabilire se esistesse davvero un titolo dell'obbligazione - eventualmente sotto il profilo dell'arricchimento senza causa - e se le prestazioni fossero stati in concreto eseguite;senza alcuna attività di natura autoritativa, o provvedimento da parte dell'amministrazione statale: tale non potendosi considerare il riparto di fondi, via via disponibili, deliberato con numerosi decreti ministeriali, prodotti in giudizio, neppure impugnati dall'Ama.
Il processo civile ordinario frattanto proseguiva sui gravami, principale dell'Ama e incidentale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti: entrambi rigettati, con compensazione delle spese processuali, dalla Corte d'appello di Roma con sentenza 8 ottobre 2012. La corte territoriale motivava:
- che la pretesa avanzata dall'Ama riguardava la mancata assegnazione dei fondi di cui alla L. n. 494 del 1999, art. 8, sul presupposto che l'azienda fosse stata estromessa dalle assegnazioni parziali dei fondi in questione, senza che si desse atto dei criteri utilizzati per le scelte;
- che quindi il petitum sostanziale consisteva nella lesione dell'interesse legittimo al corretto esercizio della potestà della Pubblica amministrazione di attribuire i fondi pubblici ai vari soggetti che ne avessero fatto domanda, sulla base degli ampi poteri discrezionali riconosciuti dalla legge citata e dalla normativa secondaria di cui al decreto ministeriale 28 marzo 2000. - che, esaurita la ripartizione del fondo di 80 miliardi, l'Ama poteva solo partecipare con altri soggetti, titolari di interventi inclusi nei piani del giubileo, al concorso per il riparto dei fondi eventualmente liberati da provvedimenti di de finanziamento: fondi, che non costituivano corrispettivo del servizio pubblico, sorto in forza di un rapporto di concessione-contratto con il commissario straordinario del governo;
- che era pure infondata la doglianza sul difetto di legittimazione passiva delle amministrazioni centrali dello Stato sulla domanda subordinata di arricchimento senza causa, dal momento che i servizi erano andati a beneficio del comune di Roma, istituzionalmente tenuto a garantire il servizio di igiene urbana nei periodi di maggior afflusso di visitatori in ogni caso;e comunque, tale domanda non poteva essere esaminata nel merito, una volta ritenuto il difetto di giurisdizione sulla domanda principale;
- che andava rigettato altresì l'appello incidentale di ripetizione dell'indebito, riguardante la fase esecutiva del rapporto, che, pur rientrando nella giurisdizione ordinaria, era comunque inammissibile, in difetto del rapporto di dipendenza, ex art. 36 cod. proc. civ., dalla domanda principale.
Avverso la sentenza, non notificata l'Ama proponeva ricorso per cassazione, articolato in due motivi e notificato il 23 novembre 2013.
Deduceva:
1) la violazione delle norme sul riparto di giurisdizione, con particolare riferimento alla normativa relativa agli eventi giubilari dell'anno 2000;
2) la violazione di legge e la carenza di motivazione sulla ritenuta inammissibilità della domanda subordinata di arricchimento senza causa ex art. 2041 cod. civ.. La Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti resistevano con controricorso e svolgevano, a loro volta, ricorso incidentale in unico motivo, deducendo l'erroneità della ritenuta inammissibilità del gravame in ordine alla domanda di restituzione di indebito. La medesima parte depositava, nei termini, una memoria illustrativa ex art. 378 cod. proc. civ.. All'udienza del 27 gennaio 2015 il Procuratore generale e i difensori precisavano le rispettive conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo del ricorso principale è infondato.
Per dirimere la questione pregiudiziale di giurisdizione è necessario interpretare la normativa di riferimento, al fine di accertare se essa conceda un diritto soggettivo perfetto - nella specie, un diritto di credito avente ad oggetto la rifusione dei costi documentati per le attività connesse agli eventi giubilari del 2000 - o un interesse legittimo alla concessione del finanziamento da parte della Pubblica amministrazione. La questione è preliminare anche rispetto alla verifica della legittimazione passiva, pure negata, perché intanto si può statuire su una questione gradata, processuale o di merito, in quanto si sia provvisti dello jus dicendi in ordine alla controversia.
Al riguardo, si osserva come la legislazione primaria e secondaria riguardante gli interventi dei servizi di accoglienza del grande giubileo dell'anno 2000 non ponga alcuna obbligazione di finanziamento a carico dell'amministrazione statale. In particolare, il D.L. 23 ottobre 1996, n. 551, art. 2 (Misure urgenti per il grande giubileo del 2000, convertito con modificazioni in L. 23 dicembre 1996, n. 651) (Disposizioni finanziarie) prevede uno stanziamento di
lire 3.500 miliardi nei limiti delle risorse autorizzate contestualmente al comma 3, per gli anni 1997 e 1998.
Il fatto stesso che vi sia un limite di spesa porta ad escludere che gli enti privati erogatori di servizi sulla base di contratti stipulati con le amministrazioni locali, come per l'appunto l'AMA, godano di un diritto di credito, soggetto solo alla prova dell'avvenuta prestazione.
Ancor più chiaramente, la L. 16 dicembre 1999, n. 494 (Disposizioni temporanee per agevolare gli interventi e i servizi di accoglienza del grande giubileo dell'anno 2000) all'art. 8, comma 2, prevede che "l'assegnazione delle somme è effettuata con decreti del ministro dei Lavori Pubblici, delegato per le aree urbane, sulla base dei criteri definiti con la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, che tengono anche conto del cofinanziamento da parte delle regioni interessate e delle richieste presentate dalle amministratori competenti entro il 31 ottobre 1999". Già il riferimento ai soggetti coinvolti dalla previsione normativa (Stato, regioni e province autonome) ed ai criteri definiti in sede amministrativa porta ad escludere che le parti dei contratti di servizio siano contemplate come beneficiane dirette del finanziamento, nell'ambito di un'obbligazione ex lege (art. 1173 cod. civ.). Ancora: la L. 23 dicembre 1999, n. 488, art. 49 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2000) (Riduzione degli oneri sociali e tutela della maternità) ricomprende nell'u.c. (n. 16) una disposizione, di contenuto del tutto eterogeneo rispetto alla rubrica, con la quale si stabilisce: "Per la copertura dei maggiori costi conseguenti all'aumento della domanda di strutture e di servizi connessi all'accoglienza dei pellegrini in relazione agli eventi giubilari nelle diverse regioni d'Italia... è istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri un fondo di lire 80 miliardi. La ripartizione del fondo tra i soggetti interessati è effettuata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri". Ancora una volta, il limite del fondo porta a negare l'esistenza di un diritto di credito ad un corrispettivo pari al valore delle prestazioni eseguite;ed è pure da escludere, in carenza di alcun richiamo normativo in tal senso, che il riparto debba avvenire pro quota, in misura proporzionale, sulla base dei criteri propri dei processi civili esecutivi e fallimentari: e dunque, senza alcun margine di discrezionalità amministrativa.
Si tratta, per contro, di un'assegnazione disposta con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri;e quindi, sulla base di una valutazione conclusiva, all'esito di una comparazione ponderata tra i vari servizi erogati, incompatibile con l'assoluta doverosità del pagamento nella misura richiesta.
Perché quindi gli enti erogatori di servizio acquisiscano un vero e proprio diritto soggettivo è necessario che l'autorità amministrativa liquidi la somma spettante, indicandone nel contempo il beneficiario: come, ad esempio, fa il decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Ufficio per Roma capitale e Grandi Eventi 28 giugno 2000 all'art. 1, allorché determina la somma di lire 5 miliardi in favore dell'Ama, ed altre somme in favore di ulteriori enti erogatori di servizi. Lo stesso decreto, peraltro, nel successivo art. 2 precisa: "La ripartizione della restante quota di stanziamento di lire 8 miliardi, da erogare a titolo di contributo dello Stato per i maggiori oneri di gestione connessi alle celebrazioni giubilari, avviene sulla base dei seguenti criteri..." Segue l'indicazione dei parametri per giudicare ammissibile a finanziamento vari servizi nei territori comunali ivi indicati, per le tipologie di intervento precisate (sicurezza pubblica, protezione civile, sanità, igiene pubblica, informazione e comunicazione e assistenza, ecc, con un'indicazione prioritaria per le prime quattro): indicazione, che ancora una volta esclude la sussistenza di un'obbligazione perfetta, liquida ed esigibile, già riconosciuta, da soddisfare dietro presentazione del rendiconto documentale. Con il secondo motivo l'Ama censura la ritenuta inammissibilità della domanda subordinata di arricchimento senza causa ex art. 2041 cod. civ.. Al riguardo, si osserva come la sentenza della Corte d'appello di Roma enuclei due distinte rationes decidendi - l'accoglimento dell'eccezione di carenza di legittimazione passiva ed il difetto di giurisdizione, derivato dall'analoga statuizione sulla domanda principale: facendo invece salva una terza questione, pure pregiudiziale (la sussidiarietà dell'azione proposta). In tal modo, ha però invertito l'ordine prioritario di trattazione, giacché la dichiarazione di carenza di legittimazione passiva sconta l'errore, non infrequente nella prassi, di confondere la questione, effettivamente pregiudiziale, dell'identificazione del soggetto da evocare in giudizio - e cioè, la legittimazione passiva in senso tecnico: che si accerta sulla base della prospettazione della domanda e vale ad escludere ipotesi di sostituzione processuale non consentite espressamente dalla legge (art. 81 cod. proc. civ.: Cass., sez. 2, 23 maggio 2012 n. 8175;Cass., sez. 1, 16 maggio 2007 n. 11321) - con la questione di merito - soggetta al principio dell'onere della prova ed alle ordinarie preclusioni - rimessa alla disponibilità delle parti, concernente invece l'effettiva titolarità della situazione giuridica sottesa alla causa petendi:
nel caso in esame, la titolarità dell'obbligazione dei contributi, dal lato passivo.
Ne consegue che l'aver negato che lo Stato fosse beneficiario dell'attività prestata dall'Ama (tale essendo, invece, il comune di Roma), integra una pronuncia di merito: come tale, di ordine gradato rispetto alle questioni, a monte, della giurisdizione e della sussidiarietà dell'azione proposta. E occorre subito rilevare come le due statuizioni della Corte d'appello di Roma siano, in realtà, perplesse: giacché escludere la giurisdizione comporta il venir meno della potestas judicandi anche in ordine alla spettanza del diritto di credito.
Viene dunque prioritariamente in considerazione, in questa sede, la dichiarazione di carenza di giurisdizione, che in sentenza viene ancorata ad un precedente di questa Corte (Cass., sez. unite 6 febbraio 2009 n. 2865) cui si attribuisce il significato della inscindibilità dell'azione di indebito arricchimento rispetto alla domanda principale, sotto il profilo della giurisdizione: affermata o negata la giurisdizione, per quest'ultima, conseguirebbe, automaticamente, analoga soluzione per la domanda subordinata ex art. 2041 cod. civ.. Ma in realtà, la generalizzazione del principio di diritto desunto dal precedente citato è erronea.
È infatti incontestabile che la giurisdizione sull'azione di arricchimento senza causa appartenga al giudice ordinario, non essendovi materia per provvedimenti autoritativi con profili di discrezionalità, propri dell'attività della Pubblica amministrazione (Cass., sez. unite, 28 aprile 2011 n. 9441;Cass., sez. unite, 18 novembre 2010 n. 23284);salva l'ipotesi, estranea al caso in esame, di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulla domanda principale e di trattazione unitaria della domanda subordinata di arricchimento senza causa;imposta dal diritto comunitario o interno (Cass., sez. unite, 8 agosto 2012 n. 14260). Nel precedente citato dalla parte era stata declinata, per contro, proprio la giurisdizione del giudice amministrativo su entrambe le azioni: onde, una volta ritenuta la natura contrattuale della domanda principale, ne era conseguita, de plano, la giurisdizione anche sulla domanda sussidiaria ex art. 2041 cod. civ.. Non così nella fattispecie qui in scrutinio.
La domanda principale concernente i criteri di riparto dei fondi ministeriali appartiene al giudice amministrativo per le ragioni testè indicate;ma questo non fa venir meno la giurisdizione civile ordinaria per la domanda subordinata di arricchimento senza causa, previa separazione dei giudizi.
Viene però in considerazione, a questo punto, l'altro requisito generale ed astratto della predetta azione, a pena di inammissibilità, non esaminato in sentenza, e cioè la sussidiarietà. In carenza della necessità di accertamenti di fatto, si può quindi confermare la decisione di inammissibilità dell'azione;solo rettificando la motivazione addotta dalla corte d'appello in ragione della mancanza del requisito in questione: alla luce del titolo contrattuale dell'obbligazione verso il comune di Roma e dell'allegata illegittimità dei provvedimenti assunti dalla Pubblica amministrazione di diniego dei contributi pretesi. Deve essere dunque rigettato il ricorso dell'Ama e affermata la giurisdizione amministrativa per la domanda principale ed emendata la motivazione di inammissibilità della domanda subordinata. È invece fondato il ricorso incidentale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Già la Corte d'appello di Roma, riformando in parte qua la decisione del tribunale, ha affermato la giurisdizione ordinaria per la cognizione della domanda di ripetizione dell'indebito svolta per lavori non eseguiti e finanziati. La pronunzia va confermata, trattandosi di un ordinaria obbligazione restitutoria per la quale non sussiste alcun elemento di discrezionalità.
Appare però erronea ed anche contraddittoria la conferma della dichiarazione di inammissibilità per mancanza di un vincolo di connessione dell'originaria domanda riconvenzionale con quella svolta, in principalità, dall'azienda. La connessione per oggetto e titolo assume rilievo ex art. 36 cod. proc. civ. solo quando comporti lo spostamento della competenza del giudice adito. In questo caso, peraltro, la separazione dei giudizi è necessitata, proprio perché la domanda principale è di competenza del giudice amministrativo, mentre quella riconvenzionale appartiene al giudice ordinario. Viene quindi meno ogni relazione di connessione e la domanda riconvenzionale di ripetizione dell'indebito va assegnata al giudice ordinario, la cui competenza territoriale non è stata contestata in giudizio. La sentenza deve essere quindi cassata sul punto, con rinvio alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione per un nuovo giudizio.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come dispositivo sulla base del valore della causa del numero complessità delle questioni trattate.