Cass. pen., sez. I, sentenza 14/12/2022, n. 47354
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: MORABITO GIUSEPPE nato a AFRICO il 15/08/1934 avverso l'ordinanza del 25/02/2022 del GIP TRIBUNALE di REGGIO CALABRIAudita la relazione svolta dal Consigliere G R;
lette le conclusioni del PG L T che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Con l'ordinanza indicata in epigrafe, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria, in funzione di giudice dell'esecuzione, dichiarava inammissibile l'incidente di esecuzione proposto dal difensore di G M con cui si chiedeva la declaratoria di non esecutività delle sentenze comprese nel provvedimento di esecuzione di pene concorrenti emesso dalla Procura della Repubblica il 19/12/2009 nonché la rimessione in termini per proporre impugnazione. Il difensore del condannato aveva azionato l'incidente di esecuzione non essendo applicabile il rimedio della rescissione del giudicato, sostenendo, con riferimento a due sentenze di condanna, che M non aveva mai avuto conoscenza del procedimento a suo carico per essere stato per lungo tempo all'estero e, con riferimento a una terza sentenza, che la stessa non era eseguibile per le restrizioni tra l'imputato e il difensore derivanti dal regime di cui all'art. 41 bis ord. pen. oggetto della sentenza di illegittimità costituzionale n. 143 del 20/6/2013. Il Tribunale richiamava una pronuncia di legittimità su un caso analogo a quello oggetto della terza condanna e riteneva inammissibile anche la richiesta relativa alle prime due condanne: le eventuali nullità verificatesi nel corso del giudizio di cognizione non potevano essere fatte valere con l'incidente di esecuzione, atteso che la "cosa giudicata" si forma anche nei confronti di provvedimenti affetti da nullità assoluta. Il Tribunale respingeva, altresì, l'istanza di restituzione nel termine per proporre impugnazione, atteso che l'istanza era stata depositata dopo la scadenza del termine di trenta giorni previsto dall'art. 175 cod. proc. pen.
2. Ricorre per cassazione il difensore di G M, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione. Con riferimento alla sentenza della Corte di appello di Milano del 15/7/2002, il difensore sottolinea che M era stato assolto per il reato associativo, nonostante il ricorso per cassazione fosse stato dichiarato inammissibile per tardività: in forza dell'effetto estensivo dell'impugnazione proposta da altri coimputati, a seguito dell'annullamento con rinvio della sentenza di appello, anche M era stato assolto;
di conseguenza, risultava errato il conteggio compreso nel provvedimento di cumulo emesso dal Pubblico Ministero con riferimento alla pena di anni due di reclusione irrogata per il delitto di partecipazione ad associazione di stampo mafioso. Su questa deduzione e sulla conseguente richiesta di correzione del provvedimento di esecuzione di pene concorrenti il Tribunale non aveva provveduto. Inoltre, in conseguenza dell'interdizione legale di M disposta dalla sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria del 23/4/1997, irrevocabile il 30/4/1999, le citazioni successive nei suoi confronti avrebbero dovuto essere eseguite al tutore e sarebbe stata necessaria la nomina di un tutore provvisorio. La mancata citazione del tutore aveva gravemente compromesso il diritto di difesa di M e aveva prodotto una nullità assoluta che impediva una corretta instaurazione del rapporto processuale e l'irrevocabilità della sentenza di condanna. Inoltre, la sentenza della Corte di appello di Messina del 12/4/2003 era divenuta definitiva in quanto, in coincidenza con la scadenza dei termini di impugnazione, l'unico difensore di M era stato arrestato. Il difensore, inoltre, aveva dimostrato una pregressa declaratoria di un ne bis in idern con riferimento a tale sentenza da parte della Corte di appello di Reggio Calabria con riferimento ad alcune delle imputazioni. La seconda e la terza sentenza, inoltre, avrebbero dovuto essere dichiarate ineseguibili per violazione dei diritti di difesa dell'imputato, all'epoca sottoposto al regime di cui all'art. 41 bis ord. pen., in conseguenza delle limitazioni con i propri difensori apportate dalla legge 94 del 2009, dichiarate illegittime dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 143 del 2013. La difesa aveva prodotto la scheda dei colloqui difensivi rilasciati dagli istituti di detenzione. Inoltre, M non aveva ricevuto notifica dell'estratto conforme all'originale delle due sentenze, né la loro motivazione, nemmeno al momento dell'arresto, ma solo dell'ordine di esecuzione: era stata chiesta, pertanto, la rimessione in termini per l'impugnazione delle predette sentenze, di cui il condannato non aveva avuto conoscenza ufficiale. Il ricorrente aveva chiesto, quindi, al giudice dell'esecuzione di rimuovere il giudicato formale, non avendo M rinunciato a partecipare ai processi. Il ricorrente contesta l'affermazione dell'ordinanza secondo cui lo strumento dell'incidente di esecuzione è inutilizzabile per far valere i lamentati vizi: il giudicato ha valore recessivo rispetto a profili di giustizia sostanziale e il giudice dell'esecuzione, dinanzi a evidenti profili di ingiustizia sostanziale, può disapplicare il provvedimento in forza dell'art. 30 della legge n. 87 del 1953. Viene richiamato il dettato delle Sezioni Unite, G. Viene, altresì, contestato che il ricorrente sia decaduto dal!' istanza di restituzione nel termine per impugnare, atteso che il termine per presentare l'istanza che non poteva decorrere dal giorno della notifica al condannato del provvedimento di cumulo, non avendo il condannato mai ricevuto la notifica delle sentenze. Anche il riferimento alla data della procura conferita dal ricorrente al difensore (22/1/2014) era errato nella sostanza, poiché il difensore aveva dovuto effettuare numerose ricerche per presentare l'istanza. Il difensore conclude per l'annullamento dell'ordinanza impugnata.
3. Nella requisitoria scritta, il Sostituto Procuratore generale dott. L T conclude per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è redatto in maniera discorsiva, comprendendo sotto un'unica censura diverse problematiche. Tuttavia, atteso che i provvedimenti del giudice dell'esecuzione sono per la massima parte vincolati, è possibile affrontare distintamente le singole questioni sollevate dal ricorrente al fine di verificare l'esistenza di violazioni di legge o di mancanza o manifesta illogicità della motivazione.
2. Il ricorrente sostiene di avere chiesto al giudice dell'esecuzione la correzione del provvedimento di esecuzione di pene concorrenti emesso dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria il 19/12/2009 con riferimento alla condanna, indicata al punto 1, pronunciata dalla Corte di appello di Milano il 15/7/2002. Il provvedimento di cumulo attestava che quella sentenza era divenuta irrevocabile anche con riferimento alla condanna di M alla pena di anni due di reclusione per il delitto di cui all'art. 416 bis cod. pen. in conseguenza della declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione presentato nel suo interesse. Secondo il difensore, nonostante tale pronuncia, M era stato successivamente assolto dall'imputazione nel giudizio di rinvio, disposto in accoglimento dei ricorsi di altri coimputati, in conseguenza dell'effetto estensivo della loro impugnazione. L'ordinanza impugnata tace su tale problematica. Si deve ricordare che il provvedimento di cumulo, emesso a
lette le conclusioni del PG L T che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Con l'ordinanza indicata in epigrafe, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria, in funzione di giudice dell'esecuzione, dichiarava inammissibile l'incidente di esecuzione proposto dal difensore di G M con cui si chiedeva la declaratoria di non esecutività delle sentenze comprese nel provvedimento di esecuzione di pene concorrenti emesso dalla Procura della Repubblica il 19/12/2009 nonché la rimessione in termini per proporre impugnazione. Il difensore del condannato aveva azionato l'incidente di esecuzione non essendo applicabile il rimedio della rescissione del giudicato, sostenendo, con riferimento a due sentenze di condanna, che M non aveva mai avuto conoscenza del procedimento a suo carico per essere stato per lungo tempo all'estero e, con riferimento a una terza sentenza, che la stessa non era eseguibile per le restrizioni tra l'imputato e il difensore derivanti dal regime di cui all'art. 41 bis ord. pen. oggetto della sentenza di illegittimità costituzionale n. 143 del 20/6/2013. Il Tribunale richiamava una pronuncia di legittimità su un caso analogo a quello oggetto della terza condanna e riteneva inammissibile anche la richiesta relativa alle prime due condanne: le eventuali nullità verificatesi nel corso del giudizio di cognizione non potevano essere fatte valere con l'incidente di esecuzione, atteso che la "cosa giudicata" si forma anche nei confronti di provvedimenti affetti da nullità assoluta. Il Tribunale respingeva, altresì, l'istanza di restituzione nel termine per proporre impugnazione, atteso che l'istanza era stata depositata dopo la scadenza del termine di trenta giorni previsto dall'art. 175 cod. proc. pen.
2. Ricorre per cassazione il difensore di G M, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione. Con riferimento alla sentenza della Corte di appello di Milano del 15/7/2002, il difensore sottolinea che M era stato assolto per il reato associativo, nonostante il ricorso per cassazione fosse stato dichiarato inammissibile per tardività: in forza dell'effetto estensivo dell'impugnazione proposta da altri coimputati, a seguito dell'annullamento con rinvio della sentenza di appello, anche M era stato assolto;
di conseguenza, risultava errato il conteggio compreso nel provvedimento di cumulo emesso dal Pubblico Ministero con riferimento alla pena di anni due di reclusione irrogata per il delitto di partecipazione ad associazione di stampo mafioso. Su questa deduzione e sulla conseguente richiesta di correzione del provvedimento di esecuzione di pene concorrenti il Tribunale non aveva provveduto. Inoltre, in conseguenza dell'interdizione legale di M disposta dalla sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria del 23/4/1997, irrevocabile il 30/4/1999, le citazioni successive nei suoi confronti avrebbero dovuto essere eseguite al tutore e sarebbe stata necessaria la nomina di un tutore provvisorio. La mancata citazione del tutore aveva gravemente compromesso il diritto di difesa di M e aveva prodotto una nullità assoluta che impediva una corretta instaurazione del rapporto processuale e l'irrevocabilità della sentenza di condanna. Inoltre, la sentenza della Corte di appello di Messina del 12/4/2003 era divenuta definitiva in quanto, in coincidenza con la scadenza dei termini di impugnazione, l'unico difensore di M era stato arrestato. Il difensore, inoltre, aveva dimostrato una pregressa declaratoria di un ne bis in idern con riferimento a tale sentenza da parte della Corte di appello di Reggio Calabria con riferimento ad alcune delle imputazioni. La seconda e la terza sentenza, inoltre, avrebbero dovuto essere dichiarate ineseguibili per violazione dei diritti di difesa dell'imputato, all'epoca sottoposto al regime di cui all'art. 41 bis ord. pen., in conseguenza delle limitazioni con i propri difensori apportate dalla legge 94 del 2009, dichiarate illegittime dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 143 del 2013. La difesa aveva prodotto la scheda dei colloqui difensivi rilasciati dagli istituti di detenzione. Inoltre, M non aveva ricevuto notifica dell'estratto conforme all'originale delle due sentenze, né la loro motivazione, nemmeno al momento dell'arresto, ma solo dell'ordine di esecuzione: era stata chiesta, pertanto, la rimessione in termini per l'impugnazione delle predette sentenze, di cui il condannato non aveva avuto conoscenza ufficiale. Il ricorrente aveva chiesto, quindi, al giudice dell'esecuzione di rimuovere il giudicato formale, non avendo M rinunciato a partecipare ai processi. Il ricorrente contesta l'affermazione dell'ordinanza secondo cui lo strumento dell'incidente di esecuzione è inutilizzabile per far valere i lamentati vizi: il giudicato ha valore recessivo rispetto a profili di giustizia sostanziale e il giudice dell'esecuzione, dinanzi a evidenti profili di ingiustizia sostanziale, può disapplicare il provvedimento in forza dell'art. 30 della legge n. 87 del 1953. Viene richiamato il dettato delle Sezioni Unite, G. Viene, altresì, contestato che il ricorrente sia decaduto dal!' istanza di restituzione nel termine per impugnare, atteso che il termine per presentare l'istanza che non poteva decorrere dal giorno della notifica al condannato del provvedimento di cumulo, non avendo il condannato mai ricevuto la notifica delle sentenze. Anche il riferimento alla data della procura conferita dal ricorrente al difensore (22/1/2014) era errato nella sostanza, poiché il difensore aveva dovuto effettuare numerose ricerche per presentare l'istanza. Il difensore conclude per l'annullamento dell'ordinanza impugnata.
3. Nella requisitoria scritta, il Sostituto Procuratore generale dott. L T conclude per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è redatto in maniera discorsiva, comprendendo sotto un'unica censura diverse problematiche. Tuttavia, atteso che i provvedimenti del giudice dell'esecuzione sono per la massima parte vincolati, è possibile affrontare distintamente le singole questioni sollevate dal ricorrente al fine di verificare l'esistenza di violazioni di legge o di mancanza o manifesta illogicità della motivazione.
2. Il ricorrente sostiene di avere chiesto al giudice dell'esecuzione la correzione del provvedimento di esecuzione di pene concorrenti emesso dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria il 19/12/2009 con riferimento alla condanna, indicata al punto 1, pronunciata dalla Corte di appello di Milano il 15/7/2002. Il provvedimento di cumulo attestava che quella sentenza era divenuta irrevocabile anche con riferimento alla condanna di M alla pena di anni due di reclusione per il delitto di cui all'art. 416 bis cod. pen. in conseguenza della declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione presentato nel suo interesse. Secondo il difensore, nonostante tale pronuncia, M era stato successivamente assolto dall'imputazione nel giudizio di rinvio, disposto in accoglimento dei ricorsi di altri coimputati, in conseguenza dell'effetto estensivo della loro impugnazione. L'ordinanza impugnata tace su tale problematica. Si deve ricordare che il provvedimento di cumulo, emesso a
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