Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 13/03/2003, n. 3754
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Ai fini del conseguimento del diritto alla pensione di vecchiaia a carico della Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei dottori commercialisti, il requisito della libera professione, richiesto dall'art. 2 della legge n. 100 del 1963 per l'obbligatoria iscrizione alla Cassa, non è soddisfatto dalla sola potenzialità dell'attività professionale, ma richiede l'effettività della pratica professionale stessa, in ordine alla quale l'iscrizione all'albo ed il versamento del contributo fisso hanno il valore di presunzione semplice in ordine alla prova dell'effettivo svolgimento dell'attività professionale. La Cassa di previdenza può accertare autonomamente, anche in mancanza di un provvedimento di cancellazione dall'albo, il mancato esercizio della professione e conseguentemente annullare la posizione contributiva per gli anni nei quali non risulti esercitata l'attività professionale, ed in caso di controversia può fornire la prova contraria all'avvenuto esercizio dell'attività, anche mediante la produzione in giudizio di documentazione proveniente dall'interessato in risposta alla richiesta di chiarimenti sull'esercizio della professione. (In applicazione dell'indicato principio di diritto, la Suprema Corte ha ritenuto viziata la sentenza del giudice di merito che si era limitato ad effettuare il semplice riscontro, per il periodo regolato dall'art. 2 della legge n. 100 del 1963, dell'esistenza dell'iscrizione all'albo e dell'avvenuto pagamento del contributo fisso, senza operare la comparazione ed il prudente apprezzamento di tutti i contrapposti elementi probatori acquisiti alla causa).
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CICIRETTI Stefano - Presidente -
Dott. LUPI Fernando - Consigliere -
Dott. CELENTANO Attilio - rel. Consigliere -
Dott. GUGLIELMUCCI Corrado - Consigliere -
Dott. DE RENZIS Alessandro - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA PER I DOTTORI COMMERCIALISTI, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE DELLE MILIZIE 38, presso lo studio dell'avvocato GIANGUIDO FOSSÀ, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
EL NT, elettivamente domiciliato in ROMA VIA G. MENGARINI 84, presso lo studio dell'avvocato ROSARIO FRANCO, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 3506/00 del Tribunale di NAPOLI, depositata il 20/06/00 - R.G.N. 45364/96;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/12/02 dal Consigliere Dott. Attilio CELENTANO;
udito l'Avvocato FOSSÀ GIANGUIDO;
udito l'Avvocato FRANCO ROSARIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Elisabetta Maria CESQUI che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso del 19 luglio 1996 la Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei dottori commercialisti proponeva appello avverso la sentenza del Pretore di Napoli del 4 giugno 1996, con la quale era stato riconosciuto il diritto del ricorrente NI LL alla corresponsione della pensione di vecchiaia a decorrere dal gennaio 1994.
La Cassa appellante deduceva che, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, non è sufficiente la semplice iscrizione all'albo, che comporta una mera potenzialità dell'attività professionale, ma è necessario un concreto accertamento della effettività della professione per tutto l'arco della anzianità contributiva.
A parere dell'appellante, il TO LL non aveva provato di avere esercitato abitualmente e continuativamente la professione. NI LL si costituiva e resisteva al gravame. Con sentenza del 15 maggio/20 giugno 2000 il Tribunale di Napoli rigettava l'appello e condannava l'appellante alle spese. I giudici di secondo grado rilevavano che la fattispecie era regolata da due disposizioni di legge: l'art. 2 della legge n. 100 del 1963, per il quale era sufficiente l'iscrizione obbligatoria
alla Cassa del dottore commercialista iscritto all'albo, a prescindere dall'entità o intensità del lavoro professionale concretamente svolto;
l'art. 22 della legge n. 21 del 1986 (che ha sostituito l'art. 2 1. 100/63), che richiedeva, invece, per l'iscrizione alla Cassa sia l'iscrizione all'albo professionale che l'esercizio della professione con carattere di continuità. Ritenevano che, per il periodo antecedente all'entrata in vigore della legge n. 21 del 1986, una volta accertato l'obbligo contributivo (indipendentemente dall'entità del lavoro svolto) e il versamento del contributo fisso, la Cassa è tenuta ad erogare le prestazioni. Aggiungevano che, se la Cassa riteneva, invece, che l'esercizio della professione fosse incompatibile o insussistente, essa avrebbe dovuto preventivamente richiedere la cancellazione dell'assicurato dall'albo professionale, non potendo, prima di tale cancellazione, rifiutare la prestazione.
Osservavano ancora, in punto di fatto, che era risultata infondata la circostanza, dedotta dell'appellante, che il LL non avrebbe esercitato la libera professione tra il 1963 e il 1973. Rilevavano che l'appellato era stato iscritto alla Cassa per tale periodo, aveva versato i contributi (indipendentemente dall'entità del lavoro svolto), aveva quindi maturato la relativa anzianità contributiva alla stregua della legge n. 100 del 1963, all'epoca vigente.
Osservavano, infine, che l'unico elemento che prova l'esercizio della professione è il perdurare della iscrizione all'albo professionale in assenza di contestazione "degli organi della Cassa e dell'albo".
Per la cassazione di tale sentenza ricorre, formulando due motivi di censura, la Cassa nazionale di previdenza e assistenza per i dottori commercialisti.
Il dottor NI LL resiste con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la difesa della Cassa denuncia violazione ed erronea applicazione dell'art. 2 della legge 3 febbraio 1963, n. 100 e dell'art. 22 della legge 29 gennaio 1986 n. 21;
nonché difetto e contraddittorietà di motivazione (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.). In primo luogo deduce che la Cassa aveva documentato fin dal giudizio di primo grado, con la produzione delle certificazioni relative alle ritenute di acconto, prodotte dallo stesso TO LL e riferite agli anni 1977/1992. nonché con la produzione della lettera 30 maggio 1967 del dott. LL (nella quale si faceva esplicito riferimento al mancato esercizio della professione), che non vi era stata attività professionale prima del 1977.
I giudici di appello non avrebbero tenuto conto di tale documentazione, omettendo ogni motivazione sulla stessa. Tale vizio di motivazione è collegato, per la difesa della ricorrente, alla erronea opinione che fino all'entrata in vigore della legge n. 21 del 1986 non era necessario l'effettivo esercizio della professione ai fini della legittimità della iscrizione alla Cassa di previdenza.
Viene poi contestata la affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, sulla infondatezza della censura di mancato esercizio della professione tra il 1963 e il 1973, per la ritenuta sufficienza del