Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 01/02/2018, n. 02497

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 01/02/2018, n. 02497
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 02497
Data del deposito : 1 febbraio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

o la seguente REMTENZA sul ricorso 23326-2012 proposto da: I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE C.F. 80078750587, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CESARE BECCARIA

29, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli 2017 Avvocati ANTONIETTA CORETTI, V S, 4252 EMANUELE DE ROSE, VINCENZO TRIOLO, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

PICARDI FABRIZIO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

FLAMINIA

195, presso lo studio dell'avvocato S V, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato P N, giusta delega in atti;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 138/2012 della CORTE D'APPELLO di TORINO, depositata il 12/04/2012 R.G.N. 347/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 02/11/2017 dal Consigliere Dott. D C;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. R S che ha concluso per raccoglimento del ricorso;
udito l'Avvocato V S;
udito l'Avvocato S V. N.R.G. 23326/2012 INPS/P

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 138/2012, la Corte d'appello di Torino ha respinto l'appello proposto dall'INPS contro la sentenza resa dal Tribunale di Alessandria avente ad oggetto l'accertamento del diritto di F P ad ottenere la corresponsione dell'indennità di mobilità, negato dall'INPS a causa dell'attività di lavoratore a progetto svolta dallo stesso P che ne aveva ricavato un reddito superiore a quello minimo personale escluso da imposizione di cui all'art. 4 del d.lgs. n.181/2000. La Corte territoriale ha ritenuto che l'art. 9 comma sesto lett. a) della legge n. 223/1991 - come interpretato da questa Corte- prevedeva la cancellazione dalle liste solo in dipendenza di assunzione con contratto a tempo pieno ed indeterminato, mentre non vi era tale conseguenza per l'ipotesi in cui il lavoratore intraprendesse un'attività di lavoro autonomo ed anzi era prevista la corresponsione anticipata di siffatta indennità con successiva cancellazione dalle liste. Quanto al limite di reddito, poi, ritenuta la diversità di natura tra indennità di disoccupazione e mobilità, doveva escludersi il ricorso all'analogia suggerito dall'INPS. Contro la sentenza l'INPS propone ricorso per cassazione, sostenuto da un unico articolato motivo ed illustrato da memoria. F P resiste con contro ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l'unico motivo di ricorso l'Inps denuncia la violazione e/o la falsa applicazione della L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 7 comma nove e dodici, 77 del r.d.l. n. 1827/1935, 52 e ss del r.d. n. 2270/1924 e 4 d.lgs. n. 181/2000, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n.

3. Lamenta che l'assunto da cui muove la Corte d'appello, secondo cui sussisterebbe una lacuna normativa nella disciplina speciale dell'indennità di mobilità, è infondato alla luce della decisione di questa Corte di cassazione, a Sezioni Unite, 6 dicembre 2002, n. 17389, secondo cui il richiamo contenuto nella cit. L. n. 223 del 1991, art. 7, comma 12, alle disposizioni sull'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione, deve intendersi non già come un mero rinvio a tale disciplina, in quanto applicabile, bensì come un inserimento a tutti gli effetti formali e sostanziali della stessa nella L. n. 223 del 1991, con la conseguenza che le norme in tema di disoccupazione involontaria possono intervenire solo se ed in quanto le fattispecie non siano già regolate dalla stessa Legge del 1991. 2. Inoltre, rileva il ricorrente che la giurisprudenza di questa Corte di legittimità (Cass. n. 6463/2004) citata dalla sentenza impugnata ha espresso il principio yt 1 N.R.G. 23326/2012 INPS/P derivante da tali attività, entro il limite della retribuzione spettante al momento della messa in mobilità (art. 9, comma 9) (per quest'ultima ipotesi, v. Cass., 9 agosto 2005, n. 16762);
- emerge, dalle citate disposizioni, che la permanente iscrizione nelle liste non si lega, necessariamente, al diritto a percepire l'indennità di mobilità (in tal senso, v. pure Cass., 1 aprile 2004, n. 6463) e che l'art. 7, comma 5, il quale, - nel prevedere la possibilità per il lavoratore che intenda intraprendere un'attività autonoma o associarsi in cooperativa, di richiedere la corresponsione anticipata dell'indennità di mobilità, nella misura di cui al primo e secondo comma della stessa disposizione, detraendone il numero di mensilità già godute, non riconosce implicitamente la compatibilità tra il diritto alla indennità e lo svolgimento di lavoro autonomo, giacché la diversa interpretazione, sostenuta anche nella sentenza impugnata, non tiene conto dell'effettiva ratio della disposizione di cui all'art. 7, comma 5 L. cit. e trascura di considerare il richiamo contenuto nell'art. 7, comma 12, L. cit., a norma del quale l'indennità di mobilità è regolata dalla normativa che disciplina l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria, in quanto applicabile, nonché dalle disposizioni di cui alla L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 37. 4. Questa Corte si è già espressa circa le finalità perseguite dall'art. 7, comma 5, le quali devono ravvisarsi nello scopo di indirizzare ed incentivare il disoccupato in mobilità verso attività autonome, al fine di ridurre la pressione sul mercato del lavoro subordinato, risolvendosi in un contributo finanziario, destinato a sopperire alle spese iniziali di un'attività che il lavoratore in mobilità svolgerà in proprio" (cfr., ex plurimis, Cass., 18 settembre 2007, n. 19338;
Cass., 21 luglio 2004, n. 13562;
Cass., 28 gennaio 2004, n. 1587;
Cass., 10 settembre 2003, n. 13272;
Cass., 20 giugno 2002, n. 9007;
e da ultimo, Cass., 25 maggio 2010, n. 12746).
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