Cass. civ., SS.UU., sentenza 22/02/2010, n. 4063
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Nell'ipotesi di demansionamento, il danno non patrimoniale è risarcibile ogni qual volta la condotta illecita del datore di lavoro abbia violato, in modo grave, i diritti del lavoratore che siano oggetto di tutela costituzionale, in rapporto alla persistenza del comportamento lesivo (pure in mancanza di intenti discriminatori o persecutori idonei a qualificarlo come "mobbing"), alla durata e reiterazione delle situazioni di disagio professionale e personale del dipendente, nonché all'inerzia del datore di lavoro rispetto alle istanze del lavoratore. (Nella specie, relativa a dipendente del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale dapprima investito della reggenza "ad interim" di una sezione circoscrizionale dell'ufficio del lavoro e poi trasferito alla direzione provinciale con mansioni deteriori quali l'informazione al pubblico e la protocollazione della corrispondenza, la S.C., in applicazione del principio, ha cassato la decisione di merito, che aveva liquidato il danno professionale in una misura "poco più che simbolica").
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. V P - Primo Presidente f.f. -
Dott. P E - Presidente di Sezione -
Dott. F F M - Consigliere -
Dott. P P - Consigliere -
Dott. F F - Consigliere -
Dott. B E - Consigliere -
Dott. L T M - Consigliere -
Dott. M U - rel. Consigliere -
Dott. T F - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 23517/2006 proposto da:
A U, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DEL FANTE 2, presso lo studio dell'avvocato P P, rappresentato e difeso dall'avvocato C D, per delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI;
- intimato -
sul ricorso 24210/2006 proposto da:
MINISTERO DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
A U;
- intimata -
avverso la sentenza n. 1164/2005 della CORTE D'APPELLO di FIRENZE, depositata il 02/09/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/02/2010 dal Consigliere Dott. ULPIANO MORCAVALLO;
udito l'Avvocato Giovanni PALMERI per delega dell'avvocato David Cerri;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ricorso al Tribunale di Siena, in funzione di giudice del lavoro, Umberto Alba, già dipendente del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale dal 1973 e inquadrato nella sesta qualifica funzionale in qualità di assistente amministrativo, esponeva che: a seguito di ordine di servizio del direttore dell'Ufficio del Lavoro di Siena in data 1 luglio 1996 aveva assunto le funzioni vicarie, con poteri di coordinamento e di firma, della direttrice responsabile della sezione circoscrizionale di Poggibonsi e, per il protrarsi dell'assenza della titolare, aveva retto l'ufficio dal 3 luglio 1996 al 27 novembre 1999, venendo anche nominato "reggente ad interini" con ordine di servizio del 1 novembre 1997;gli era stata affidata, inoltre, la responsabilità di collaborare con il consegnatario dell'Ufficio Provinciale nella custodia e manutenzione del patrimonio mobiliare degli uffici;era stato successivamente inquadrato nella categoria "B3" del c.c.n.l. dei dipendenti del comparto Ministeri ed era stato trasferito, alla predetta data del 27 novembre 1999, all'Ufficio Provinciale, dove, però, era stato costretto ad una quasi totale inattività e al disimpegno di compiti mortificanti (addetto alle informazioni generali sulle competenze della Direzione Provinciale, addetto al protocollo della corrispondenza), tanto da essere colpito da vari disturbi di natura psico-somatica che lo avevano indotto, infine, al pensionamento. Domandava, perciò, la condanna del Ministero al pagamento delle differenze retributive per lo svolgimento delle mansioni superiori e il risarcimento del danno professionale, biologico ed esistenziale "da mobbing' in conseguenza del successivo demansionamento.
2. Costituitosi il Ministero, che eccepiva il difetto di giurisdizione per i fatti anteriori alla data del 30 giugno 1998 e contestava nel merito la pretesa attorea, il Tribunale, con sentenza del 13 dicembre 2002, accoglieva la domanda e condannava l'Amministrazione al pagamento di Euro 2.265,18 per differenze retributive correlate alle mansioni superiori ed Euro 17.000 per danni conseguenti al demansionamento.
3. Tale decisione veniva parzialmente riformata dalla Corte d'appello di Firenze, che, con sentenza del 1 luglio 2005, depositata il 2 settembre 2005, dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in relazione alla domanda di differenze retributive riguardanti il periodo anteriore al 30 giugno 1998 e condannava il Ministero alle sole differenze relative al periodo successivo, nonché al risarcimento del danno patrimoniale, liquidato in Euro 1.000,00, e del danno non patrimoniale, liquidato in Euro 3.000,00, in relazione al demansionamento.
3.1. In particolare, i giudici d'appello rilevavano che: a) la giurisdizione per le differenze retributive maturate prima della indicata data del 30 giugno 1998 spettava al giudice
amministrativo, alla stregua della disposizione di cui al D.Lgs. n.165 del 2001, art. 69, comma 7, così come interpretato dalla
giurisprudenza di legittimità;b) lo svolgimento delle superiori mansioni - come era risultato dagli atti acquisiti in giudizio - si era verificato per tutto il periodo dedotto dal dipendente ed era cessato solo con la sua assegnazione alla sede dell'Ufficio Provinciale di Siena, a seguito del trasferimento agli enti locali delle funzioni relative ai servizi dell'impiego e della opzione esercitata dall'Alba per la permanenza nei ruoli ministeriali;c) l'espletamento delle mansioni superiori non poteva configurarsi come esercizio di funzioni vicarie, in assenza della titolare, poiché l'assegnazione delle funzioni di responsabile della sezione circoscrizionale si era protratta per quasi due anni e mezzo senza che, peraltro, venisse attivata alcuna procedura per la copertura del posto;d) per tale periodo spettavano all'attore le differenze fra il trattamento economico percepito e quello spettante per la nona qualifica funzionale, alla quale erano da ascrivere le mansioni espletate, in considerazione di un principio generale di diritto del lavoro che doveva trovare applicazione nel pubblico impiego anche a prescindere dalle varie disposizioni normative succedutesi al riguardo (sino alla definitiva disciplina dettata dal D.Lgs. n. 387 del 1998, art. 15, che, modificando il D.Lgs. n. 29 del 1993, art.56, come a sua volta modificato dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 25,
aveva sancito anche per i pubblici impiegati - in ipotesi di svolgimento delle relative mansioni - il diritto al trattamento previsto per la qualifica superiore);e) il demansionamento professionale dedotto dal dipendente era effettivamente risultato dagli specifici riferimenti testimoniali acquisiti in giudizio, peraltro non contestati dal Ministero, che avevano evidenziato una obiettiva "sottoutilizzazione" del medesimo, a prescindere da "non provati intenti in qualche modo persecutori o discriminatori";f) doveva perciò riconoscersi, al riguardo, la responsabilità dell'Amministrazione ai sensi dell'art. 2087 c.c., secondo la qualificazione della domanda correttamente operata ex officio dal Tribunale sebbene la responsabilità contrattuale fosse stata espressamente prospettata dall'attore solo nelle note conclusive;g) quanto alla determinazione dei danni, quello professionale e quello esistenziale, connesso agli "aspetti di vissuta e credibile mortificazione", dovevano essere ridotti alle rispettive misure, equitativamente stabilite, di Euro 1.000,00, e di Euro 3.000,00, tenuto conto che il demansionamento era connesso alla difficile collocabilità dell'Alba nel nuovo modello organizzativo susseguente al trasferimento agli enti locali delle principali funzioni delle sezioni periferiche e che in ragione della nuova realtà lavorativa erano difficilmente configurabili particolari chances di progressione professionale, mentre il danno biologico non era stato specificamente allegato, ne' tempestivamente documentato. 4. Avverso questa sentenza l'Alba propone ricorso per cassazione deducendo quattro motivi di impugnazione, illustrati con memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c.. Il Ministero resiste con controricorso e propone ricorso incidentale affidato, anch'esso, a quattro motivi. CONSIDERATO IN DIRITTO
1. In via preliminare, i due ricorsi devono essere riuniti, ai sensi dell'art. 335 c.p.c., in quanto proposti avverso la stessa sentenza. 2. Il ricorso principale si articola in quattro motivi. 2.1. Con il primo motivo, denunciandosi violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 132, 156 e 437 c.p.c., si deduce la nullità della sentenza impugnata per insanabile contrasto fra motivazione e dispositivo;si rileva, in particolare, che il dispositivo, riferendosi a titoli e importi del tutto estranei all'oggetto della controversia, contiene statuizioni inconferenti rispetto alla motivazione.
2.2. Con il secondo motivo, denunciandosi violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 47, comma 17, e del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7, nonché vizio di motivazione, si deduce la erroneità della declaratoria di difetto di giurisdizione del giudice ordinario per le differenze retributive relative allo svolgimento di mansioni superiori nel periodo anteriore al 30 giugno 1998. Si sostiene che l'assegnazione a tali mansioni costituiva una situazione di fatto permanente, sicché ai fini della individuazione del giudice doveva farsi riferimento all'epoca di cessazione di tale situazione, che si era protratta oltre la predetta data.