Cass. pen., sez. I, sentenza 16/03/2023, n. 11212
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: DI MARINO SALVATORE nato a CASERTA il 24/12/1966 avverso l'ordinanza del 12/07/2022 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMAudita la relazione svolta dal Consigliere A V L;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale S S, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con l'ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Roma ha rigettato l'impugnazione proposta ex art. 680 cod. proc. pen. da S D M avverso l'applicazione della misura di sicurezza della libertà vigilata per la durata di anni uno, dichiarata eseguibile dal Magistrato di sorveglianza di Frosinone, su richiesta del P.M., con provvedimento del 14/12/2020 e che era stata disposta con la sentenza emessa dal Tribunale di Piacenza passata in giudicato il 09/02/2016. Il condannato aveva dunque terminato in data 12/05/2021 l'espiazione di una pena pari ad anni tredici, mesi tre e giorni ventinove di reclusione, derivante da cumulo disposto ad opera della Procura della Repubblica di Piacenza in data 09/11/2016 e conseguente ad una serie di condanne per delitti di associazione a delinquere, violazione della legge sulle armi, lesioni personali ed estorsioni aggravate. A fondamento dell'impugnata decisione, il Tribunale di sorveglianza ha posto la considerazione della perdurante pericolosità sociale del soggetto;
tale pericolosità è stata desunta non solo dalla intrinseca gravità dei fatti accertati, ma anche dalla condotta serbata dal D M, in epoca sia contemporanea che susseguente rispetto al tempo di commissione dei reati stessi. Il Tribunale ha in particolare evidenziato - in punto di attualità del requisito della pericolosità - la prolungata organicità del condannato alla compagine camorristica denominata D R, costola del clan Pianese attivo nel territorio di Qualiano e nelle zone limitrofe, oltre che la capacità del soggetto di riannodare i legami criminali intessuti in epoca antecedente rispetto alla carcerazione. Sul punto specifico, notevole rilievo ha assunto un dato oggettivo, rappresentato dall'essersi il D M nuovamente accompagnato - una volta espiata la pena - agli stessi
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale S S, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con l'ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Roma ha rigettato l'impugnazione proposta ex art. 680 cod. proc. pen. da S D M avverso l'applicazione della misura di sicurezza della libertà vigilata per la durata di anni uno, dichiarata eseguibile dal Magistrato di sorveglianza di Frosinone, su richiesta del P.M., con provvedimento del 14/12/2020 e che era stata disposta con la sentenza emessa dal Tribunale di Piacenza passata in giudicato il 09/02/2016. Il condannato aveva dunque terminato in data 12/05/2021 l'espiazione di una pena pari ad anni tredici, mesi tre e giorni ventinove di reclusione, derivante da cumulo disposto ad opera della Procura della Repubblica di Piacenza in data 09/11/2016 e conseguente ad una serie di condanne per delitti di associazione a delinquere, violazione della legge sulle armi, lesioni personali ed estorsioni aggravate. A fondamento dell'impugnata decisione, il Tribunale di sorveglianza ha posto la considerazione della perdurante pericolosità sociale del soggetto;
tale pericolosità è stata desunta non solo dalla intrinseca gravità dei fatti accertati, ma anche dalla condotta serbata dal D M, in epoca sia contemporanea che susseguente rispetto al tempo di commissione dei reati stessi. Il Tribunale ha in particolare evidenziato - in punto di attualità del requisito della pericolosità - la prolungata organicità del condannato alla compagine camorristica denominata D R, costola del clan Pianese attivo nel territorio di Qualiano e nelle zone limitrofe, oltre che la capacità del soggetto di riannodare i legami criminali intessuti in epoca antecedente rispetto alla carcerazione. Sul punto specifico, notevole rilievo ha assunto un dato oggettivo, rappresentato dall'essersi il D M nuovamente accompagnato - una volta espiata la pena - agli stessi
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