Cass. pen., sez. II, sentenza 13/12/2022, n. 47082
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto nell'interesse di: D P, nato a Lamezia Terme il 4/9/1960, avverso la sentenza del 18/3/2021 della Corte di appello di Catanzaro;visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal consigliere M P;lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, dott. Pasquale Serrao d'Aquino, che ha chiesto dichiararsi la inammissibilità del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di appello di Catanzaro, con la sentenza indicata in epigrafe, ha parzialmente riformato la sentenza di primo grado, dichiarando estinto per prescrizione il delitto di cui all'art. 474, secondo comma, cod. pen. (commesso il 28 aprile 2011) e riconoscendo, per il delitto di ricettazione, l'attenuante di cui al secondo comma (oggi quarto) dell'art. 648 cod. pen., e rideterminando conseguentemente in melius la sanzione irrogata in primo grado, ove era stata riconosciuta la responsabilità dell'imputato per i reati a lui ascritti (detenzione a fine di vendita di capi di abbigliamento recanti marchi o segni distintivi contraffatti;ricettazione dei medesimi prodotti, acquistati al fine di trarne profitto, nella consapevolezza della loro provenienza da delitto), unificati sotto il vincolo della continuazione. Avverso tale provvedimento ricorre l'imputato, a mezzo del difensore di fiducia, deducendo a motivi della impugnazione: 1. violazione della legge penale e vizio esiziale di motivazione (art. 606, comma 1, lett. b ed e, cod. proc. pen.), avendo la Corte, così come il primo giudice, travisato gli elementi di prova atti a dimostrare la disponibilità esclusiva in capo al ricorrente dei locali (condominiali) ove era stoccata la merce recante marchi contraffatti;2. ancora, i medesimi vizi sono dedotti in relazione al principio di specialità che governa il rapporto tra sanzione penale e sanzione amministrativa della medesima condotta (art. 9 della legge 689/1981 e 1, comma 7, d.l. 35/2005, come interpretato alla luce della sentenza n. 22225 del 19/1/2012, emessa dalle Sezioni unite della Corte di cassazione), avendo errato la Corte d'appello e, prima di essa, il Tribunale, nel qualificare il fatto (ricezione e detenzione di capi di abbigliamento recanti marchi o segni distintivi contraffatti) in termini di delitto di ricettazione, escludendo la prospettata più favorevole qualificazione del fatto in termini di illecito amministrativo, ben potendo il soggetto attivo definirsi, sulla base della condotta tenuta, "acquirente finale" della merce stoccata nelle pertinenze dell'abitazione;merce acquistata per farne uso personale;il che riverbera effetti anche quanto alla dimostrazione del dolo atto a sorreggere la consapevolezza della provenienza da delitto della merce ricevuta;i medesimi vizi di motivazione caratterizzano la dimostrazione della finalizzazione al mercato (art. 474, comma secondo, cod. pen.) dei capi recanti marchi contraffatti acquistati, in quanto è rimasto indinnostrato che tali oggetti di vestiario fossero destinati ad un uso diverso da quello personale;3. violazione ed erronea applicazione della legge penale che disciplina il regime della prescrizione (artt. 157 e 161 cod. pen.), atteso che la causa estintiva sarebbe maturata per effetto del decorso del tempo successivo alla decisione di secondo grado, ma precedente rispetto alla data di deposito (16 giugno 2021) della motivazione della sentenza. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso è inammissibile, in quanto meramente ripetitivo (nel merito dell'accertamento di penale responsabilità per il delitto di ricettazione, circostanziato in termini di lieve entità) dei motivi posti all'attenzione della Corte di merito con il gravame, senza peraltro che sia svolto alcun confronto critico con le diffuse argomentazioni spese nel merito per dimostrare nell'agente la esclusiva disponibilità della merce recante marchi contraffatti e la consapevolezza della provenienza da delitto dei capi di abbigliamento posseduti ed acquistati;oltre alla natura speculativa dell'acquisto, essendo rimasta nel merito del tutto indimostrata la finalità di destinare i capi di abbigliamento acquistati ad uso solo personale del detentore.
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