Cass. pen., sez. IV, sentenza 10/05/2023, n. 19646
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la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: IRSHAD ABDULLAH nato il 08/12/1998 avverso l'ordinanza del 26/05/2022 della CORTE APPELLO di BOLOGNAudita la relazione svolta dal Consigliere A M;lette le conclusioni del PG RITENUTO IN FATTO 1. Con l'ordinanza indicata in epigrafe, la Corte d'appello di Bologna ha rigettato la domanda di riparazione per ingiusta detenzione formulata da A I in relazione alla sofferta custodia cautelare in carcere subita dal 28/7/2018 (data dell'arresto in flagranza) sino al 27/11/2018, in riferimento a un capo di imputazione provvisorio ipotizzante il reato previsto dagli artt. 110 e 629, commi 1 e 2, cod.pen., in relazione all'art.628, comma 3, n.1, cod.pen., commesso in danno di H R per avere, in concorso con S C, mediante l'illecita minaccia di non restituire il bene, ottenuto la consegna di C 100,00, quale anticipo della richiesta di C 1.000,00, per la riconsegna delle chiavi di una vettura di proprietà dello stesso R e provento di furto aggravato;imputazione in riferimento alla quale, all'esito del giudizio di primo grado, lo stesso istante era stato assolto per insussistenza del fatto con sentenza del 21/2/2020 del Tribunale di Ravenna, divenuta irrevocabile il 29/9/2020. La Corte d'appello, quale giudice adito ai sensi dell'art.315 cod.proc.pen., ha osservato che la domanda del ricorrente non poteva essere accolta, avendo lo stesso contribuito con il proprio comportamento a indurre l'autorità giudiziaria ad intervenire nei propri confronti. Ha premesso che il Tribunale di Ravenna era pervenuto all'assoluzione dell'I sulla base delle incongruenze delle dichiarazioni della persona offesa rese in sede dibattimentale, che aveva omesso di chiarire i rapporti pregressi con gli imputati, avendo anzi l'istruttoria dimostrato che tra gli stessi e la persona offesa vi erano dei rapporti di lavoro non regolarizzati, apparendo quindi plausibile - secondo il giudice della cognizione - che la richiesta di denaro da parte degli imputati stessi avesse avuto ad oggetto un credito maturato in questo contesto. Ha quindi rilevato come la motivazione del provvedimento di assoluzione non fosse stata fondata sulla smentita degli elementi di accusa raccolti, ma esclusivamente su una diversa valutazione del medesimo compendio probatorio atteso che il GIP, nell'ordinanza di convalida dell'arresto in flagranza, aveva evidenziato: che Hussan R aveva denunciato il 24/7/2018 il furto di una autovettura a sé intestata;che il coimputato C aveva confermato di avere sottratto la vettura inviando al R la fotografia del parcheggio della stessa innanzi a un passo carraio di via Montegrappa, in Massa Lombarda, oltre a dei file audio in cui chiedeva mille euro in cambio della restituzione;che l'Hussain e il socio Ali Basharat si erano quindi presentati all'appuntamento nel pomeriggio del 28/7/2018 solo dopo essersi recati dai Carabinieri di Massa Lombarda, incontro monitorato dai militari che avevano constatato la consegna della somma di euro cento;che entrambi gli indagati, in sede di interrogatorio, avevano sostanzialmente ammesso l'estorsione giustificandola in relazione ai pregressi crediti lavorativi vantati nei confronti della persona offesa. La Corte ha quindi ritenuto che, prescindendo dalle censure di inattendibilità del denunciante, la richiesta di una somma di denaro con la prospettazione di non restituire la vettura laddove non fosse stata corrisposta la somma di mille euro doveva qualificarsi come estorsiva;ha quindi ritenuto che la condotta dell'I fosse censurabile sotto il profilo della colpa grave, poiché egli aveva contribuito in modo significativo a consolidare nell'autorità giudiziaria il convincimento circa la correttezza della valutazione indiziaria.
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