Cass. civ., sez. I, sentenza 24/09/2004, n. 19240

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Massime1

Al fine di paralizzare l'eccezione presuntiva di pagamento, unici mezzi idonei sono l'ammissione, da parte del debitore che la opponga, di non avere estinto l'obbligazione, oppure il deferimento al debitore, da parte del creditore del cui diritto sia stata opposta la prescrizione, del giuramento decisorio, la cui formula deve comprendere la tesi del debitore relativa all'estinzione del debito, sicché l'esito di un simile mezzo di prova sarà l'accertamento della verificazione dell'estinzione del debito stesso.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 24/09/2004, n. 19240
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 19240
Data del deposito : 24 settembre 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D M R - Presidente -
Dott. A M - Consigliere -
Dott. G G - Consigliere -
Dott. M G V A - Consigliere -
Dott. G P - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Avvocato M M, elettivamente domiciliato in Ragusa, Via G. B. Odierna n. 112, presso il di lui studio, difeso personalmente;



- ricorrente -


contro
S V e A V;



- intimati -


avverso la sentenza del Tribunale di Ragusa, in composizione monocratica, n. 511/2000 pubblicata il 5.7.2000.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28.4.2004 dal Consigliere Dott. P G.
Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. M A, il quale ha concluso per il rigetto del primo motivo del ricorso e per l'inammissibilità del secondo.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 23.2.1999, il Giudice di Pace di Chiaramonte Gulfi rigettava l'opposizione proposta da S e da A V avverso il decreto emesso dallo stesso Giudice il 30.6.1997 con il quale, su istanza dell'Avvocato M M, era stato loro ingiunto di pagare a quest'ultimo la somma di lire 1.940.000, oltre gli accessori, a titolo di compenso per lo svolgimento di prestazioni professionali. Avverso la decisione, proponevano appello gli opponenti. Resisteva nel grado l'appellato.
Il Tribunale di Ragusa, in composizione monocratica, con sentenza del 13.5/5.7.2000, riformando la pronuncia impugnata, revocava il decreto ingiuntivo opposto.
Assumeva detto Giudice:
a) che fosse preliminarmente da rigettare l'eccezione di inammissibilità del gravame, sollevata dall'appellato sul rilievo che il valore della controversia si palesava superiore ai due milioni di lire, atteso che il ricorso introduttivo del procedimento monitorio concerneva la somma di lire 1.940.000, nonché, oltre agli interessi dalla domanda, l'IVA e la CPA, laddove questi ultimi due importi, siccome crediti accessori, dovevano essere sommati al capitale ai fini anzidetti;

b) che l'eccezione di prescrizione presuntiva formulata dagli opponenti non
potesse dirsi in alcun modo superata dall'esito del giuramento prestato dagli stessi nel corso del giudizio di primo grado, nel senso che il relativo articolato ammesso dal Giudice di Pace non aveva per oggetto l'intervenuta estinzione dell'obbligazione, bensì circostanze diverse, quali l'avere i predetti opponenti contattato varie volte l'appellato per pagarlo chiedendo la riduzione della parcella e l'avergli offerto la somma di lire 1.500.000 a saldo dell'importo ingiunto, onde il fatto che i medesimi avessero negato le circostanze sopra indicate non era certo idoneo ad escludere la riferita estinzione del debito.
Avverso tale sentenza, ricorre per Cassazione il M, deducendo due motivi di gravame cui non resistono S ed A V. MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di impugnazione, lamenta il ricorrente violazione degli artt. 113 e 339, terzo comma, c.p.c., in relazione agli artt. 10 e 14 c.p.c., assumendo che la motivazione della sentenza impugnata
non tiene conto del secondo comma dell'art. 10 c.p.c., nella determinazione dell'oggetto della domanda ai fini della competenza per valore ex art. 14 c.p.c., nel senso che il valore della causa è di lire 1.940.000, senza che a tale importo si sommino gli interessi da maturare e l'IVA, che peraltro non è stata ancora determinata in mancanza di pagamento, onde, in base al combinato disposto degli artt. 339, terzo comma e 113 c.p.c., la sentenza del primo Giudice non era appellabile ed il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare inammissibile l'appello.
Il motivo non è fondato.
Giova, al riguardo, premettere come il Giudice di seconda istanza abbia rigettato l'eccezione di inammissibilità del gravame sollevata dall'appellato ai sensi del combinato disposto degli artt. 339, terzo comma e 113, ultimo comma, c.p.c. ed abbia invece ritenuto appellabile la sentenza del Giudice di Pace, ai sensi dell'art. 341 c.p.c., argomentando dal rilievo secondo cui il valore della
controversia, così come individuato sulla base del ricorso introduttivo del procedimento monitorio, è certamente superiore ai due milioni, atteso che tale ricorso, promosso dall'Avv. M a norma dell'art. 638 c.p.c., concerneva la somma di lire 1.940.000, nonché, oltre agli interessi dalla domanda al saldo, VIVA e la CPA, laddove "questi due ultimi importi, in quanto crediti accessori, devono essere sommati al capitale ai fini della determinazione del valore della causa".
Tanto premesso, si osserva:
a) che il sopra riportato apprezzamento del Tribunale non è di per sè stato oggetto, in punto di fatto, di specifica censura ad opera dell'odierno ricorrente e che, comunque, dall'esame degli atti, consentito a questa Corte venendo in rilievo la denunzia di un error in procedendo, emerge come il medesimo ricorrente, in sede di conclusioni del ricorso per decreto ingiuntivo, ribadite nella comparsa di risposta del giudizio di opposizione là dove è stata richiesta la conferma del decreto anzidetto che simili conclusioni aveva integralmente accolto, abbia in effetti domandato il "pagamento... della somma complessiva di lire 1.940.000, oltre agli interessi legali dalla domanda al saldo, all'IVA e alla CPA sui compensi e alle spese del presente procedimento";

b) che la conclusione cui il medesimo Tribunale è pervenuto, sulla base dell'apprezzamento anzidetto, si palesa del tutto corretta, risultando esattamente conforme al principio, ripetutamente affermato da questa Corte (Cass. 21 dicembre 1999, n. 917;
Cass. 24 febbraio 2000, n. 2097;
C a ss. 11 aprile 2000, n. 4589;
Cass. 8 giugno 2000, n. 7772;
Cass. 13 giugno 2002, n. 8480), secondo cui, qualora insieme con una domanda di valore determinato ed inferiore al limite della competenza del giudice adito sia stata dall'attore proposta altra domanda senza precisazione della somma richiesta, il principio del cumulo di cui all'art. 10, secondo comma, c.p.c., con spostamento della competenza al giudice superiore, opera sempre, salva l'ipotesi in cui l'attore medesimo dichiari, in modo non equivoco, di volere contenere il valore della seconda domanda entro il predetto limite e, cioè, in misura pari alla differenza tra questo ed il valore espressamente determinato dall'altra domanda, onde, in particolare, e con specifico riferimento al caso in esame, là dove l'attore, avvocato, abbia chiesto il pagamento, a titolo di onorario, di una somma di poco inferiore ai due milioni di lire, oltre (però) IVA e CPA, come esattamente nella specie, è da ritenere superato il limite di valore rilevante ai fini dell'inappellabilità della sentenza del giudice di pace (Cass. 8480/2002, cit.). Con il secondo motivo di impugnazione, lamenta il ricorrente violazione dell'art. 2736, primo comma, c.c., nonché, in relazione all'art. 360, n. 5, c.p.c.,
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti, deducendo che il giuramento decisorio, per essere ammesso, deve avere ad oggetto circostanze dalle quali dipende la decisione di uno o più capi della domanda (ovvero circostanze tali che al giudice, previo accertamento dell'an iuratum sit, non resti altro che accogliere o rigettare la domanda stessa), laddove gli articolati del giuramento decisorio ammessi dal primo Giudice avevano per oggetto circostanze idonee a provare l'avvenuta estinzione dell'obbligazione, onde, sul punto, la motivazione della sentenza impugnata è insufficiente e carente. Il motivo è inammissibile.
Giova, al riguardo, premettere che il Tribunale:
a) ha preso le mosse dal corretto richiamo del principio secondo cui, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2959 e 2960 c.c., unici mezzi idonei a paralizzare l'eccezione di prescrizione presuntiva di pagamento sono l'ammissione, da parte del debitore, di non avere estinto l'obbligazione, oppure il giuramento decisorio (Cass. 15 febbraio 1979, n. 991;
Cass. 12 ottobre 1984, n. 5118;
Cass. 27 gennaio 1998, n. 785), laddove, in quest'ultimo caso, la formula del giuramento che il creditore, cui sia stata opposta la prescrizione presuntiva del suo diritto, può deferire al debitore, deve comprendere la tesi di costui relativa all'estinzione del debito (Cass. 20 gennaio 1977, n. 292), onde l'esito di un simile mezzo di prova deve essere l'accertamento della verificazione dell'estinzione del debito stesso;

b) ha, quindi, con apprezzamento di fatto incensurabile in sede di legittimità, se non sotto le specie del vizio di motivazione ex art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., ritenuto che gli articolati del
giuramento decisorio ammessi dal giudice di primo grado non avevano per oggetto l'avvenuta estinzione dell'obbligazione, bensì circostanze diverse, quali l'avere i Ville contattato varie volte l'appellato per pagarlo, chiedendo la riduzione della parcella e l'avergli offerto, tramite tale Savasta Vito, la somma di lire 1.500.000 a saldo dell'importo ingiunto, onde, proprio perché non concernente espressamente l'avvenuto pagamento dell'obbligazione, l'esito della prova ammessa non poteva essere validamente utilizzato per superare la presunzione eccepita dagli appellanti, nel senso che il fatto che questi ultimi avessero negato di avere contattato varie volte il legale per pagarlo, di avere chiesto una riduzione della parcella e di avergli offerto la somma di lire 1.500.000 non poteva certo escludere che essi avessero effettivamente estinto il proprio debito, risultando quanto dichiarato dai medesimi appellanti perfettamente compatibile con l'adempimento dell'obbligazione. Per converso, non assurgono al rango di censure del genere di quelle sopra indicate le doglianze del ricorrente il quale, senza ulteriori specificazioni, si è limitato, per un verso, a dedurre semplicemente che "Gli articolati del giuramento decisorio, ammessi dal 1^ Giudice, avevano per oggetto circostanze idonee a provare l'avvenuta estinzione dell'obbligazione" e, per altro verso, a lamentare genericamente che "Sul punto la motivazione della sentenza impugnata è insufficiente e carente".
Il ricorso, quindi, deve essere in definitiva rigettato. Nulla è a pronunciare in ordine alla sorte delle spese del giudizio di Cassazione, atteso che gli intimati non hanno, in questa sede, ne' resistito ne', comunque, svolto attività difensiva alcuna.

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