Cass. civ., sez. V trib., sentenza 12/01/2023, n. 798
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Testo completo
1. L'Agenzia delle entrate ha proposto ricorso, con un unico motivo,
contro
A.A., che resiste con controricorso, avverso la sentenza n. 849/2019 della Commissione tributaria regionale della Lombardia, pronunciata in data 23 gennaio 2019, depositata in data 26 febbraio 2019 e non notificata, che ha accolto l'appello del contribuente avverso la sentenza n. 7138/2017 della Commissione tributaria provinciale di Milano, che aveva rigettato il ricorso contro il diniego tacito di rimborso dell'Euroritenuta, effettuata dalla Banca Credit Agricole Indosuez sa Switzerland, in (---), presso la quale il contribuente, fiscalmente residente in (---), deteneva la propria consistenza finanziaria, oggetto di regolarizzazione mediante adesione alla procedura di voluntary disclosure (letteralmente "collaborazione volontaria").
2. In particolare, in data 23 settembre 2015, il sig. A.A. presentava istanza di ammissione alla procedura di collaborazione volontaria di cui del D.L. n. 167 del 1990, art. 5 quater , come modificato dalla L. 186 del 2014 , al fine di regolarizzare le violazioni relative ai redditi di capitale da assoggettare ad imposta sostitutiva ed al monitoraggio fiscale, relativamente alle giacenze di attività finanziarie detenute in (Omissis). L'imposta sostitutiva versata per i redditi di capitali prodotti era stata calcolata dall'Ufficio senza tener conto dell'Euroritenuta, pari ad Euro 300.223,00, già versata e certificata dall'Istituto di credito estero, quale sostituto d'imposta, per le annualità oggetto della procedura di collaborazione volontaria. In seguito alla definizione della predetta procedura, in data (---) il sig. A.A. chiedeva il rimborso di quanto versato all'estero. L'ufficio non rispondeva alla suddetta istanza. Il contribuente presentava ricorso avverso il diniego tacito dell'ufficio, deducendo la violazione o falsa applicazione dell' art. 14 della direttiva n. 2003/48/CE , del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 165 e 169 ( T.u.i.r.) e dell'art. 53 Cost. . Ad avviso del ricorrente, nella fattispecie, il pagamento all'estero dell'Euroritenuta determinava un caso di doppia imposizione, che colpiva il medesimo reddito di capitale. Pertanto, sulla base dell'art. 14 della direttiva, il contribuente riteneva spettante il rimborso della ritenuta effettuata dalla banca svizzera. Si costituiva in giudizio l'ufficio, sostenendo la non spettanza del rimborso richiesto dal contribuente. Infatti, ad avviso dell'Ufficio, l'Euroritenuta non poteva essere rimborsata, mancando, nel caso di specie, il presupposto di cui all' art. 165 del T.u.i.r. , il cui comma 8 , nega il diritto alla detrazione delle imposte pagate all'estero, in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione dei redditi prodotti all'estero. Inoltre, l'ufficio denunciava il mancato assolvimento dell'onere della prova da parte del contribuente in relazione all'effettivo pagamento dell'Euroritenuta, in quanto la documentazione depositata in giudizio era generica.
3. Con la sentenza n. 7138/11/2017, depositata in data 27 dicembre 2017 , la C.t.p. di Milano respingeva il ricorso in ragione della mancata indicazione del credito in dichiarazione o di aver effettuato il pagamento della cd. "Euroritenuta".
Avverso la suddetta sentenza il contribuente proponeva appello davanti alla C.t.r. della Lombardia dolendosi: a) della falsa applicazione dell' art. 165 t.u.i.r , atteso che l'Euroritenuta non sarebbe ricompresa nell'ambito di applicazione della norma;
b) della violazione dell' art. 14 della direttiva 2003/48/CE , dell' art. 169 t.u.i.r e dell' art. 53 Cost. , per il mancato riconoscimento della spettanza del credito d'imposta maturato in seguito alla definizione della collaborazione volontaria, instaurata al fine di denunciare la detenzione dei capitali, dai quali era scaturito l'obbligo del pagamento dell'Euroritenuta. L'ufficio si costituiva in giudizio, deducendo l'inammissibilità dell'appello per genericità dei motivi e ribadendo l'applicabilità alla fattispecie dell' art. 165, comma 8, TUIR , che impediva il diritto alla detrazione delle imposte pagate all'estero in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione dei redditi prodotti all'estero nella dichiarazione presentata. Peraltro, l'ufficio evidenziava come il contribuente non si fosse neppure adeguato alle indicazioni fornite con la Circolare n. 9/E del 5 marzo 2015 , che prevedeva, nel caso di omessa indicazione delle imposte pagate all'estero, la possibilità di presentare una dichiarazione integrativa. L'ufficio ribadiva poi che difettava anche un'adeguata certificazione del pagamento dell'Euroritenuta. La C.t.r. della Lombardia, con sentenza n. 849/13/2019, depositata il 26 febbraio 2019, accoglieva l'appello del contribuente e riformava la sentenza di primo grado, ritenendo sussistente la violazione dell' art. 14 della direttiva 2003/48/CE . Parte contribuente ha depositato memoria ed istanza di trattazione orale ed il P.G., G L, conclusioni scritte, con cui ha chiesto l'accoglimento del ricorso.
Motivi della decisione
1.1. Con l'unico motivo di ricorso, l'Agenzia delle entrate denunzia la violazione e/o falsa applicazione dell' art. 14 della direttiva 48/CE/2003 , nonchè violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 165, commi 1 e 8 , in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3 .
La ricorrente ha premesso che sarebbero pacifiche le seguenti circostanze: 1) che non è stata rimborsata l'Euroritenuta che il contribuente afferma di aver versato;
2) che il contribuente non ha presentato la dichiarazione con l'indicazione dei redditi prodotti all'estero.
L'Agenzia delle Entrate ha rilevato che, in materia di imposte sui redditi, l'obbligazione tributaria grava su tutti i possessori di reddito, residenti o meno nel territorio dello Stato italiano, secondo quanto stabilito dall' art. 2 del T.u.i.r. . I soggetti fiscalmente residenti nel territorio italiano vengono incisi in base al principio dell'utile mondiale (o worldwide taxation principle), alla stregua del quale la tassazione avviene rispetto a tutti i redditi dagli stessi posseduti. Per i soggetti non residenti, si applica, invece, il principio di territorialità, sulla cui scorta sono tassati solo i redditi prodotti nel territorio dello Stato. L'adozione del doppio criterio di prelievo, dell'utile mondiale e della fonte di produzione del reddito, implica il rischio di doppie imposizioni rispetto a quei Paesi che utilizzino gli stessi criteri.
Il legislatore italiano, proprio al fine di eliminare la doppia imposizione, ha introdotto il rimedio del credito d'imposta, disciplinato dall' art. 165 del T.u.i.r. , che al comma 1 prevede che "Se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all'estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall'imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d'imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all'estero e il reddito complessivo...".
Ritiene la ricorrente che, nel caso di specie, la mancata presentazione della dichiarazione - o, meglio, la mancata indicazione delle disponibilità estere nelle dichiarazioni presentate -, come pacificamente risulta dagli atti di causa, ha impedito al reddito estero di concorrere alla formazione del reddito imponibile. La necessità, ai fini del riconoscimento del credito di imposta, che il reddito estero concorra alla formazione del reddito globale e che sia indicato nella dichiarazione dei redditi troverebbe riscontro nella previsione dell' art. 165, comma 4 del T.u.i.r. , secondo cui "la detrazione di cui al comma 1, deve essere calcolata nella dichiarazione relativa al periodo d'imposta cui appartiene il reddito prodotto all'estero al quale si riferisce l'imposta di cui allo stesso comma 1...";
inoltre la conferma dell'obbligatorietà della dichiarazione dei redditi, per la fruizione del credito d'imposta, sarebbe data dell' art. 165, comma 8 del T.u.i.r. , ai sensi del quale "La detrazione non spetta in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione dei redditi prodotti all'estero nella dichiarazione presentata".
Secondo l'amministrazione finanziaria, risulterebbe destituita di fondamento la sentenza della C.t.r. anche nella parte in cui afferma che la preclusione al recupero dell'Euroritenuta "risulterebbe contraria agli accordi internazionali, nella specie quello UE con la Confederazione elvetica, contro la doppia imposizione, e ciò violerebbe la direttiva 2003/48/CE che, vietando la doppia imposizione, prevede al suo art. 14 che lo Stato di residenza fiscale, in questo caso l'Italia, possa sostituire il meccanismo del credito con un rimborso della ritenuta alla fonte".
La ricorrente precisa sul punto che l'Euroritenuta non viene espressamente contemplata nella Convenzione contro le doppie imposizioni fra Italia e Svizzera e neppure nel protocollo che ha modificato la predetta Convenzione;
in mancanza di tale previsione, la preclusione al recupero dell'imposta versata non potrebbe ritenersi contraria agli accordi internazionali tra Italia e Svizzera.
Così come non sembrerebbe possibile che il mancato rimborso della ritenuta violi "la direttiva 2003/48/CE che, vietando la doppia imposizione, prevede al suo art. 14 che lo Stato di residenza fiscale, in questo caso l'Italia, possa sostituire il meccanismo del credito con un rimborso della ritenuta alla fonte".
Invero, secondo l'Agenzia delle entrate, la direttiva chiarirebbe in più punti che il riconoscimento, ovvero il rimborso, dell'Euroritenuta sarebbero stati ammessi "...secondo la legislazione nazionale" dello Stato del beneficiario effettivo, dunque, nel caso che ci occupa, l'Italia.
L'articolo che disciplina il caso di specie, sarebbe, per i motivi già detti, l' art. 165 T.u.i.r. , il quale prevederebbe in maniera diretta e non interpretabile che il riconoscimento del credito d'imposta, ovvero del rimborso,