Cass. pen., sez. III, sentenza 10/01/2023, n. 00385

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. III, sentenza 10/01/2023, n. 00385
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 00385
Data del deposito : 10 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da T G, nato a Lodi il 18/01/1963 avverso l'ordinanza del 01/03/2022 del Tribunale di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere A M A;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale P M, che ha concluso chiedendo che l'ordinanza impugnata sia annullata con rinvio limitatamente alla determinazione del profitto confiscabile, con rigetto del ricorso nel resto;
uditi i difensori, avv.ti G P e T A P.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 10 marzo 2022, il Tribunale di Milano ha parzialmente accolto l'appello presentato dal Pubblico Ministero, nei confronti del provvedimento del Gip del medesimo Tribunale del 22 ottobre 2021, che aveva accolto solo parzialmente la richiesta di sequestro preventivo delle somme di denaro nella diretta disponibilità o presenti sui conti correnti, cassette di sicurezza, libretti di deposito o di risparmio, bancali o postali, della Toninelli Fratelli Società Agricola s.s., sino alla concorrenza di € 2.389.992,14, e della Lucra 96 s.r.I., sino alla concorrenza di € 1.547.037,74, o, in subordine, in caso di incapienza dei patrimoni delle sopra indicate società, anche per equivalente di somme di denaro nella diretta disponibilità o presenti sui conti correnti, cassette di sicurezza, libretti di deposito o di risparmio, bancali o postali, immobili o quote di immobili, autovetture e veicoli registrati a carico - per quanto qui rileva - di T G, in qualità di amministratore unico della Lucra 96 s.r.l. fino al 19 novembre 2018 e socio amministratore della Toninelli Fratelli Società Agricola s.s. Il procedimento traeva origine da un'attività investigativa finalizzata alla verifica della regolarità gestionale degli allevamenti di suini destinati al circuito tutelato delle filiere DOP. Oggetto di attenzione erano, in particolare, due società, entrambe gestite direttamente da membri della famiglia Toninelli: Lucra 96 s.r.I., che gestisce un allevamento di circa 2.000 suini in fase di ingrasso/finissaggio, destinati al circuito DOP, un impianto di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili costituita da biogas, ottenuto dalla fermentazione anaerobica di rifiuti speciali non pericolosi e biodegradabili, e un impianto di trasformazione di "Sottoprodotti di Origine Animali di categoria 3" (S0A3), con relativa produzione di mangime zootecnico riconosciuto ai sensi del Regolamento CE n. 1774 del 2002;
Toninelli Fratelli Società Agricola s.s., azienda agricola, con un allevamento di circa 5.000 suini in fase di ingrasso/finissaggio, destinati al circuito DOP e di due impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili costituite da biogas, ottenuto dalla fermentazione anaerobica di reflui zootecnici e biomasse. Gli accertamenti investigativi, supportati dalla collaborazione di personale veterinario dell'A.T.S. Milano Città Metropolitana e dell'Istituto Parma Qualità, facevano emergere - nella prospettazione accusatoria - una serie di irregolarità, tra cui il fatto che i suini allevati presso le due società, destinati al circuito tutelato delle filiere DOP, venivano alimentati con mangime irregolare, prodotto dalla Lucra 96 s.r.l. presso il suo impianto di trasformazione di SOA-3, ottenuto dalla triturazione e successiva spremitura meccanica dei SOA-3 (comprensivi della confezione primaria di cartone, vetro e/o plastica), provenienti dell'industria lattiero casearia e dolciaria. Sempre secondo la prospettazione accusatoria, la Lucra 96 s.r.I., in assenza delle previste autorizzazioni, movimentava kg 74.600 di digestato prodotto dal trattamento anaerobici di rifiuti di origine animale e vegetale, proveniente dall'impianto di biogas aziendale, in fermo di produzione per manutenzione, stoccandoli presso il sito della società Toninelli Fratelli Società Agricola s.s., anziché smaltirli presso idoneo centro autorizzato.Sulla scorta delle risultanze raccolte, a T G, in qualità di amministratore unico della società Lucra 96 s.r.l. fino al 19 novembre 2018 e socio amministratore della società Toninelli Fratelli Società Agricola s.s., in concorso con S L, T G F, T M e M R F, sono contestati: 1) il delitto di cui agli artt. 110, 112, primo comma, n. 1), e 452-quaterdecies cod. pen., perché, cedeva o comunque gestiva abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti, al fine di conseguire un ingiusto profitto, realizzando una organizzazione di traffico illecito di rifiuti volta a gestire continuativamente in modo illegale, i menzionati rifiuti con una pluralità di operazioni e con l'allestimento di mezzi ed attività continuative organizzate, negli anni 2018 e 2019, tramite la gestione delle due aziende predette, così da realizzare proventi illeciti quantificati in complessivi € 17.133.702,84, derivanti da un indebito conseguimento di incentivi, erogati dal GSE, connessi alla vendita di energia con conferimenti di prodotti "rifiuti" in impianti alimentabili esclusivamente con F.E.R. (Fonti Energia Rinnovabili), e da un indebito risparmio derivante dall'omesso smaltimento dei citati rifiuti trattati dalle due imprese agricole interessate;
2) il delitto di cui agli artt. 110, 112, primo comma, n. 1), e 640-bis cod. pen., per aver posto in essere una serie di attività illecite finalizzate allo smaltimento di rifiuti, prima mediante l'invio in impianti a biogas non autorizzati per tale lavorazione e, successivamente, mediante irregolare spandimento su terreni agricoli, che favoriva il conseguimento di ingiusti profitti pari ad € 17.133.702, 84, derivanti dal predetto indebito conseguimento di incentivi, erogati dal GSE, e dal summenzionato indebito risparmio derivante dall'omesso smaltimento dei citati rifiuti. Il Tribunale di Milano, ritenendo parzialmente fondato l'appello del pubblico ministero con riferimento alla nozione di rifiuto - in quanto quella adottata dal Gip era in contrasto con il dato normativo, che estende tale concetto all'intera miscela di prodotti del digestato - ritiene che il profitto relativo al reato di cui al capo 1) dell'imputazione debba essere quantificato in € 949.040,00 e che, pertanto, in questi termini debba essere accolta la richiesta di applicazione della confisca di cui all'art. 452-quaterdecies, quinto comma, cod. pen., con conferma nel resto il provvedimento impugnato.

2. Avverso l'ordinanza l'interessato, tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone l'annullamento.

2.1. Con un primo motivo di doglianza, si lamenta l'erronea applicazione della legge penale in relazione alla sussistenza del fumus relativo all'elemento materiale del reato di cui all'art. 452-quaterdecies cod. pen. La difesa lamenta che l'ordinanza impugnata contraddice sia la normativa europea (art. 14 del Regolamento n. 1069 del 2009), sia la normativa nazionale (parte IV del d.lgs. n. 152 del 2006), in quanto valorizza la natura di rifiuti di sostanze che, nel caso concreto, soddisfano le quattro condizioni, indicate dall'art. 184-bis del d.lgs. n. 152 del 2006, per cui dovrebbero considerarsi sottoprodotto e, come tali, non assoggettabili alla disciplina dei rifiuti. Dalla stessa lettura dell'ordinanza, risulterebbe pacifico che non vi fosse alcuna intenzione di disfarsi dei SOA, né fosse stata tenuta una condotta in tal senso. Per la difesa, si giunge alla medesima conclusione anche considerando l'orientamento della giurisprudenza in ordine alla natura e qualificazione del digestato, prodotto da digestori alimentati con sottoprodotti di origine animale (Sez. 3, n. 12024 del 14/04/2020). Ulteriormente, la motivazione dell'ordinanza elenca una serie di elementi indiziari che avrebbero confermato il rinvenimento di rifiuti dell'industria lattiero- casearia e dolciaria, completi di confezione di vetro, plastica, alluminio e cartone (pag. 15 del provvedimento impugnato), che avrebbero dovuto essere analizzati singolarmente. La difesa evidenzia come la dicitura "da distruggere" non era contenuta in alcun documento contabile relativo alle materie prime dell'azienda Lucra 96 s.r.I., e, al contempo, che il riscontro de visu di frustoli colorati effettuato fosse del tutto privo di valenza indiziaria, in quanto la motivazione omette di riferire che ciò che era stato visionato non era il prodotto risultante all'esito del processo di lavorazione. Il Tribunale avrebbe omesso di considerare che
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