Cass. pen., sez. III, sentenza 15/01/2021, n. 01729
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da S G, nato a Trieste il 27/06/1940 avverso la sentenza del 21/05/2019 della Corte d'appello di Bologna visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere E G;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale F B, ai sensi dell'art. 23 comma 8 del d.l. n. 137 del 2020, che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio alla Corte d'appello per nuovo giudizio;
letta la memoria difensiva, ex art. 23 comma 8 del d.l. n. 137 del 2020, che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 21 maggio 2019, la Corte d'appello di Bologna ha confermato la sentenza del Tribunale di Bologna con la quale l'imputato era stato condannato, alla pena sospesa di mesi quattro di reclusione, perché ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 10- ter d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, perché quale legale rappresentante della Italian Service soc. coop., non versava l'imposta sul valore aggiunto dovuta, in base alla dichiarazione Iva relativa all'anno di imposta 2010, nel termine previsto per il pagamento dell'acconto Iva, per l'ammontare di C 472.887,00, fatto commesso in Funo Di Argelato il 27/12/2011. 2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso per cassazione, l'imputato, a mezzo del difensore, e ne ha chiesto l'annullamento deducendo i seguenti motivi enunciati nei limiti di cui all'art. 173 disp. attu. cod.proc.pen.
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge in relazione all'art. 10- ter d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, nonché il vizio di motivazione in relazione alla manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione in ordine all'affermazione della responsabilità penale. La Corte d'appello avrebbe erroneamente ritenuto sussistente la violazione contestata non considerando che l'imputato aveva assunto la carica sociale in un momento successivo alla insorgenza del debito, essendo stato nominato presidente del consiglio di amministrazione della cooperativa in data 22/06/2011 (con iscrizione in data 26 luglio 2011). Il legale rappresentante al momento della formazione del debito tributario nel 2010 era persona diversa dall'imputato. Carente sarebbe anche l'elemento soggettivo del reato tant'è che la stessa Agenzia delle entrate aveva inviato la comunicazione relativa all'omesso adempimento al precedente legale rappresentante.
2.2. Con il secondo motivo deduce la violazione di legge in relazione alla omessa risposta sul motivo di appello nel quale si chiedeva il riconoscimento del beneficio della non menzione ai sensi dell'art. 175 cod.pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il primo motivo di ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza. Deve premettersi che la materiale omissione del versamento dell'imposta dovuta per l'anno 2010, sulla base
udita la relazione svolta dal consigliere E G;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale F B, ai sensi dell'art. 23 comma 8 del d.l. n. 137 del 2020, che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio alla Corte d'appello per nuovo giudizio;
letta la memoria difensiva, ex art. 23 comma 8 del d.l. n. 137 del 2020, che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 21 maggio 2019, la Corte d'appello di Bologna ha confermato la sentenza del Tribunale di Bologna con la quale l'imputato era stato condannato, alla pena sospesa di mesi quattro di reclusione, perché ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 10- ter d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, perché quale legale rappresentante della Italian Service soc. coop., non versava l'imposta sul valore aggiunto dovuta, in base alla dichiarazione Iva relativa all'anno di imposta 2010, nel termine previsto per il pagamento dell'acconto Iva, per l'ammontare di C 472.887,00, fatto commesso in Funo Di Argelato il 27/12/2011. 2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso per cassazione, l'imputato, a mezzo del difensore, e ne ha chiesto l'annullamento deducendo i seguenti motivi enunciati nei limiti di cui all'art. 173 disp. attu. cod.proc.pen.
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge in relazione all'art. 10- ter d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, nonché il vizio di motivazione in relazione alla manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione in ordine all'affermazione della responsabilità penale. La Corte d'appello avrebbe erroneamente ritenuto sussistente la violazione contestata non considerando che l'imputato aveva assunto la carica sociale in un momento successivo alla insorgenza del debito, essendo stato nominato presidente del consiglio di amministrazione della cooperativa in data 22/06/2011 (con iscrizione in data 26 luglio 2011). Il legale rappresentante al momento della formazione del debito tributario nel 2010 era persona diversa dall'imputato. Carente sarebbe anche l'elemento soggettivo del reato tant'è che la stessa Agenzia delle entrate aveva inviato la comunicazione relativa all'omesso adempimento al precedente legale rappresentante.
2.2. Con il secondo motivo deduce la violazione di legge in relazione alla omessa risposta sul motivo di appello nel quale si chiedeva il riconoscimento del beneficio della non menzione ai sensi dell'art. 175 cod.pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il primo motivo di ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza. Deve premettersi che la materiale omissione del versamento dell'imposta dovuta per l'anno 2010, sulla base
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