Cass. civ., sez. IV lav., ordinanza 29/10/2021, n. 30713
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la seguente ORDINANZA sul ricorso 36551-2018 proposto da: I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati ANGELO GUADAGNINO, SAMUELA PISCHEDDA, PAOLA MASSAFRA;- ricorrente -contro U A, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIANTURCO l, presso lo studio dell'avvocato M C L, rappresentato e difeso dall'avvocato M B;- controricorrente - avverso l'ordinanza n. 14837/2018 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di ROMA, depositata il 07/06/2018 R.G.N. 13205/2013;udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/04/2021 dal Consigliere Dott. FABRIZIA GARRI. r.g. n. 36551/2018 RILEVATO CHE 1. Con ricorso notificato il 7 dicembre 2018 e tempestivamente depositato l'Inps chiede la revocazione della sentenza della Corte di Cassazione n. 14837 del 7 giugno 2018 che ha dichiarato inammissibile il suo ricorso avverso la sentenza della Corte di appello di Lecce - sezione distaccata di Taranto del 15 maggio 2012. 2. Sostiene l'Istituto che la sentenza della Cassazione nel ritenere che la sentenza della Corte di appello era stata utilmente notificata in data 19 giugno 2012 "a mani dell'addetto alla ricezione degli atti presso l'Inps, ex gestione INPDAP, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'Avv. M B N, elettivamente domiciliato presso la sede provinciale dell'INPDAP di Taranto, sita in Taranto, via Dante 1/a" sarebbe incorsa in un errore revocatorio atteso che l'Avv. M B N aveva eletto domicilio in Roma alla via Cesare Beccaria n. 29 e dunque la notifica della sentenza di appello non era idonea a far decorrere il termine breve di decadenza ed il ricorso era tempestivo. Nel merito poi insiste perché nella fase rescissoria il ricorso sia accolto. 3. Si è costituito Antonio Urso insistendo per l'inammissibilità del ricorso per revocazione e, con riguardo alla fase rescissoria, per la sua infondatezza. CONSIDERATO CHE 4. Sulla revocazione. 4.1. Va premesso, in via generale che «l'istanza di revocazione di una sentenza della Corte di cassazione, proponibile ai sensi dell'art. 391 cod. proc. citi., implica, ai fini della sua ammissibilità, un errore di fatto riconducibile all'art. 395, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. e che consiste in un errore di percezione, o in una mera svista materiale, che abbia indotto il giudice a supporre l'esistenza (o l'inesistenza) di un fatto decisivo, che risulti, invece, in modo incontestabile escluso (o accertato) in base agli atti e ai documenti di causa, sempre che tale fatto non abbia costituito oggetto di un punto controverso su cui il giudice si sia pronunciato. L'errore in questione presuppone, quindi, il contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso fatto, delle quali una emerge dalla sentenza, l'altra dagli atti e documenti processuali, sempreché la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione e non di giudizio.» (Cass. 22171/2010, 4456/2015 e 9363/2018). 4.2. Alla luce di tali principi ritiene il Collegio che la sentenza di questa Corte, n. 14837 del 2018, sia incorsa nell'errore revocatorio denunciato essendo basata su un'errata percezione di quanto riportato negli atti di causa l'affermazione della sentenza di questa Corte che la notifica sia stata eseguita nel domicilio eletto quale risultante dagli atti. 4.3. Sia dalla sentenza della Corte di appello di Lecce , sezione di Taranto, pronunciata il 14/16 marzo 2012 nei confronti dell'INPS, successore ex lege dell'INPDAP ai sensi dell'art. 21 del d.l. 6 dicembre 2011 n. 201 convertito in legge 22 dicembre 2011 n. 214, che dall'atto di costituzione in giudizio dell'INPS, del 12 marzo 2012, risulta infatti che l'Istituto, rappresentato dall'avvocato M B N in virtù di procura generale del 16 febbraio 2012, aveva eletto domicilio in Roma in Via Cesare Beccaria n. 29. 4.4. Si tratta di un errore di percezione che ha inciso in maniera decisiva nella successiva valutazione, effettuata dalla Corte, per verificare la tempestività del ricorso per cassazione. Tanto basta per accogliere la revocazione proposta. 5. Venendo all'esame delle censure formulate con il ricorso per cassazione e delle eccezioni contenute nel controricorso si osserva quanto segue: 5.1. in primo luogo il ricorso dell'INPS è tempestivo e perciò ammissibile. La sentenza della Corte di appello di Lecce sezione di Taranto è stata pronunciata in data 14/16 marzo 2012 nei confronti dell'INPS, successore ex lege dell'INPDAP ai sensi dell'art. 21 del d.l. 6 dicembre 2011 n. 201 convertito in legge 22 dicembre 2011 n. 214, il quale si è costituito in giudizio con il patrocinio dell' avvocato M B N in virtù di procura generale del 16 febbraio 2012. Per quanto qui interessa va rammentato che ai sensi dell'art. 21 comma 1 del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, nel testo convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011 n. 214, a decorrere dal 10 gennaio 2012 è stata disposta la soppressione dell'INPDAP e le relative funzioni sono state 4 o attribuite all'INPS che è succeduto in tutti i rapporti attivi e passivi dell'Ente soppresso. Con il comma 2-bis, poi, è stato previsto che, "in attesa dell'emanazione dei decreti di cui al comma 2, le strutture centrali e periferiche degli Enti soppressi continuano ad espletare le attività connesse ai compiti istituzionali degli stessi" e che a "tale scopo, l'INPS, nei giudizi incardinati relativi alle attività degli Enti soppressi, è rappresentato e difeso in giudizio dai professionisti legali, già in servizio presso l'INPDAP (...)". In questo quadro normativo, in vista della discussione e decisione del giudizio di appello promosso dall'INPDAP, l'INPS si è costituito in giudizio con atto al quale è stata allegata la procura generale dell'Istituto che ha nominato suoi procuratori generali gli avvocati già del ruolo professionale dell'INPDAP, e tra questi l'avvocato M B N, ai quali ha conferito i poteri di rappresentanza e difesa dell'Istituto nei giudizi relativi alle attività dell'Ente soppresso, già incardinati alla data del 31 dicembre 2011 ed instaurati a partire dal 1 gennaio 2012. Tra i poteri conferiti a ciascun avvocato, esemplificativamente indicati alle pagine 7 e 8 della procura generale, vi è anche quello di "eleggere domicilii". Dall'atto di costituzione in giudizio si evince che, mentre nell'atto di appello l'INPDAP aveva eletto domicilio presso la sede provinciale dell'Istituto a Taranto, nella successiva costituzione del INPS si è scelto di eleggere domicilio a Roma e dunque fuori dal distretto della Corte di appello di Lecce e dal circondario di Taranto sede dell'ufficio giudiziario dove il processo era incardinato. In tale situazione di fatto la notifica della sentenza al procuratore costituito, per essere idonea a far decorrere il termine breve di decadenza dall'impugnazione dettato dall'art. 325 comma 2 cod. proc.civ., avrebbe dovuto essere effettuata presso la cancelleria della Corte di appello ovvero nel domicilio eletto all'atto della costituzione dell'Istituto subentrato all'INPDAP. L'art. 82, secondo comma, del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37 stabilisce che, se il procuratore esercente il proprio ufficio fuori della circoscrizione del tribunale al quale è assegnato non ha eletto domicilio nel luogo dove ha sede l'autorità giudiziaria procedente, il domicilio si intende eletto presso la cancelleria della stessa autorità giudiziaria. Si tratta di disposizione che è stata interpretata nel senso che tutte le notificazioni degli atti del processo, ivi compresa la sentenza conclusiva dello stesso, possono essere eseguite presso la cancelleria di detto giudice ovvero, ove la parte diligentemente vi provveda, nel domicilio eletto presso lo studio del difensore esercente fuori del circondario (cfr. Cass. n. 14616 del 2020 e n. 4247 del 2015). Nel caso in esame, come si è visto, la sentenza è stata notificata nel domicilio precedentemente eletto all'atto della proposizione dell'appello e non in quello dichiarato al momento della costituzione in prosecuzione, in Roma, né tanto meno nella cancelleria della Corte di appello come era pure possibile.
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