Cass. civ., sez. I, sentenza 17/07/2004, n. 13296

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In tema di azione di accertamento della paternità naturale e di conseguente determinazione del contributo al mantenimento del minore figlio naturale per il periodo successivo alla proposizione dell'azione stessa, ove la parte attrice, nell'atto introduttivo del giudizio, dopo aver indicato quale "petitum" un certo importo di tale contributo, abbia usato l'espressione "ovvero la minore o maggiore somma dovuta" o altra espressione equivalente, il giudice di merito che liquidi un importo maggiore di quello richiesto non viola il principio di cui all'art. 112 cod. proc. civ., sia perché deve ritenersi che la parte attrice, con l'uso dell'espressione predetta, non abbia posto un limite preciso all'ammontare della somma richiesta, ma si sia rimessa agli elementi probatori da acquisire nel corso del giudizio ed alla loro valutazione ad opera del giudice, sia perché, in ordine alla condanna del padre naturale al pagamento del contributo, il giudice che ha accertato il rapporto di paternità non è vincolato alla domanda della parte, in quanto l'art. 277, secondo comma, cod. civ. conferisce a detto giudice il potere di adottare di ufficio, in ragione dell'interesse superiore del minore, i provvedimenti che stimi opportuni per il mantenimento del minore stesso.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 17/07/2004, n. 13296
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 13296
Data del deposito : 17 luglio 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. G A - Presidente -
Dott. P V - Consigliere -
Dott. L M G - rel. Consigliere -
Dott. B M - Consigliere -
Dott. M L - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
B G L, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

PISANELLI

12, presso. l'avvocato S D M, rappresentato e difeso dall'avvocato M V, giusta procura in calce al ricorso;



- ricorrente -


contro
fidanzi L, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

SABOTINO

45, presso l'avvocato A M, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato S M, giusta mandato a margine del controricorso;



- controricorrente -


avverso la sentenza n. 48/03 della Corte d'Appello di Firenze;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 05/07/2004 dal Consigliere Dott. M G L;

udito per il ricorrente, l'Avvocato Di M, con delega, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;

udito per il resistente, l'avvocato M che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. C A che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PESSO
L Fdanzi proponeva dinanzi al Tribunale per i Minorenni di Firenze, dopo esserne stata autorizzata, l'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità della propria figlia minore Erika nei confronti di Gian Luca B. Chiedeva altresì la condanna del convenuto al pagamento di un contributo per il mantenimento della minore ed al rimborso pro quota delle spese sostenute dalla nascita. Costituitosi il contraddittorio, con sentenza del 22 marzo - 5 aprile 2002 il Tribunale per i Minorenni dichiarava la paternità naturale del B, che condannava al pagamento di _ 500, 00 mensili, rivalutabili annualmente secondo gli indici ISTAT, per il mantenimento della bambina, oltre il 50% delle spese straordinarie, con decorrenza dalla data del ricorso introduttivo del giudizio di ammissibilità, e dichiarava la propria incompetenza a pronunciare sul rimborso delle spese pregresse. Proposto appello dal B, con sentenza del 4 dicembre 2002 - 18 gennaio 2003 la Corte di Appello di Firenze, sezione per i minorenni, rigettava l'impugnazione, osservando in motivazione, in relazione al dedotto vizio di extrapetizione della pronuncia del primo giudice ed alla inammissibilità del mutamento della domanda effettuato dalla F in sede di memoria conclusionale e di udienza di discussione, che, a fronte della richiesta della predetta, contenuta nell'atto introduttivo del giudizio, di un contributo mensile per il mantenimento della minore pari a L. 700.000 mensili o alla diversa somma ritenuta di giustizia, la richiesta di liquidazione di un maggiore importo, unitamente al riconoscimento dell'obbligo di contribuire per metà alle spese straordinarie, successivamente formulata, costituiva mera specificazione della domanda iniziale, non comportando alcun mutamento dei fatti posti a fondamento dell'azione e non introducendo temi di indagine su presupposti diversi da quelli prospettati con l'atto introduttivo.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il B deducendo un unico motivo. Resiste con controricorso la F. MOTIVI DELLA DECISIONE
Con P unico motivo di ricorso, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. ed omissione, insufficienza e contraddittorietà della motivazione, premesso che la F nell'atto introduttivo del giudizio aveva chiesto la condanna del B al pagamento di un assegno mensile di L. 700.000 per il mantenimento della minore, mentre nella comparsa conclusionale aveva sollecitato la corresponsione di un assegno per L. 1.200.000, oltre al 50% delle spese straordinarie, e che il Tribunale per i Minorenni aveva condannato P esponente al pagamento della somma di _ 500, 00. oltre al 50% di dette spese straordinarie, con decorrenza dalla data della proposizione della domanda relativa alla fase di ammissibilità, si deduce che la Corte di Appello ha erroneamente respinto il motivo di impugnazione diretto a denunciare P inammissibilità della domanda tardivamente formulata, nonché a prospettare P eccessività dell'assegno liquidato e la genericità del riferimento alle spese straordinarie. Si sostiene in particolare che P aver richiesto nella memoria conclusionale una somma pari quasi al doppio di quella invocata nell'atto introduttivo, oltre la corresponsione della quota delle spese straordinarie, non costituiva specificazione della domanda iniziale, ma domanda nuova, sulla quale non si era formato il contraddittorio.
Il motivo è infondato. Il denunciato vizio di violazione dell'art. 112 c.p.c. da parte del primo giudice certamente non sussiste, non
solo perché, secondo il consolidato orientamento di questa Suprema Corte, nel caso in cui la parte nell'atto introduttivo del giudizio, dopo aver indicato quale petitum un certo importo, abbia usato l'espressione ovvero la minore o maggiore somma dovuta o altra espressione equivalente, deve ritenersi che non abbia posto un limite preciso all'ammontare della somma richiesta, ma si sia rimessa agli elementi probatori da acquisire nel corso del giudizio ed alla loro valutatone ad opera del giudice, ma anche perché in ordine alla condanna del padre naturale al pagamento del contributo per il mantenimento del minore per il periodo successivo alla proposizione dell'azione il giudice che ha accertato il rapporto di paternità non è vincolato alla domanda della parte: ed invero l'art. 277 comma 2 c.c. conferisce a detto giudice il potere di adottare di ufficio, in
ragione dell'interesse superiore del minore, i provvedimenti che stimi opportuni per il mantenimento del minore (v. per tutte in tal senso Cass. 2000 n. 5586;
1994 n. 6868;
1994 n. 6217;
1985 n. 2739
). Correttamente pertanto il Tribunale per i Minorenni ha esercitato detti poteri officiosi, ritenendo che la condanna del B al pagamento della somma di E. 500,00 mensili, oltre al contributo pro quota nelle spese straordinarie, costituisse misura congrua a soddisfare, unitamente agli oneri a carico della madre, le molteplici esigenze di vita, di cura e di educazione della minore. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nella misura liquidata in dispositivo.

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