Cass. civ., sez. I, sentenza 20/12/2003, n. 19585

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Il ricorso per cassazione avverso sentenze della corte d'appello in tema di adottabilità di minorenni, pronunziate ai sensi dell'art. 17 della legge 4 maggio 1983, n. 184, è ammissibile soltanto per violazione di legge, dovendosi ritenere compreso in tale vizio anche il caso di totale inesistenza o di mera apparenza della motivazione, per insanabile contraddittorietà, ed essendo invece da escludere l'ammissibilità di qualsiasi controllo sull'adeguatezza e sufficienza della medesima, anche con riferimento alla valutazione delle risultanze probatorie acquisite.

In tema di adozione dei minori di età, la dichiarazione dello stato di adottabilità consegue alla accertata sussistenza della situazione di abbandono ed alla verifica delle condizioni negative elencate dall'art. 15, primo comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184. Tra queste, la condizione della persistente mancanza di assistenza morale e materiale del minore e l'indisponibilità a porre rimedio a tale situazione non viene meno per effetto di una disponibilità meramente verbale o, comunque, ritenuta inaffidabile, perché contrastata da condotte incompatibili con essa o non accompagnata da comportamenti oggettivamente validi e controllabili, tendenti ad elidere i presupposti dell'accertata situazione di abbandono.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 20/12/2003, n. 19585
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 19585
Data del deposito : 20 dicembre 2003

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Signori Magistrati:
Dott. R D M - Presidente -
Dott. V P - Consigliere -
Dott. M. G L - Consigliere -
Dott. G V A M - rel. Consigliere -
Dott. M B - Consigliere -
ha pronunciato la seguente

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
M V e G A M, elettivamente domiciliati in Roma, piazza Cavour, n. 10, presso l'Avvocato M A che li rappresenta e difende con gli Avvocati S F e F P M, per procura speciale a margine del ricorso;



- ricorrenti -


contro
- Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d'Appello di Torino;

- Avvocato F T, curatore speciale del minorenne M P;



- intimati -


avverso la sentenza della Corte d'Appello di Torino, Sezione minorenni, n. 30/2003, depositata il 21.1.2003.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17.11.2003 dal Relatore Cons. G V A M;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. M P, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- Con decreto 26.6.2001, il tribunale per i minorenni di Torino dichiarò l'adottabilità di P M, figlio di V e di A M G, nato il 4.8.1998, e ne dispose il collocamento in comunità, con visite settimanali dei genitori, avendone ritenuto sussistente, dopo un primo allontanamento dalla famiglia poi revocato, lo stato di abbandono.
2.- Tale decreto fu successivamente confermato, con sentenza depositata il 25.2.2002, dallo stesso tribunale che, oltre a rigettare l'opposizione proposta dai genitori, affidò il bambino ad una famiglia avente i requisiti per l'eventuale futura adozione ed autorizzò visite mensili da parte dei genitori medesimi. 3.- I coniugi Maiorano impugnarono detta sentenza davanti alla corte d'appello di Torino - sezione minorenni - che, con sentenza depositata il 21.1.2003, notificata il 30.1.2003, rigettò il gravame e confermò, su conformi conclusioni del procuratore generale e del curatore speciale, la decisione del giudice minorile, disponendo altresì l'immediata interruzione degli incontri del minore coi genitori.
Ritenne, infatti, la corte territoriale - confermando quanto già aveva accertato e concluso il tribunale, anche in base alla valutazione, espressa in precedenti giudizi, di grave incapacità della coppia genitoriale nei confronti di figli più grandi - che il minore non avrebbe potuto ricevere dai genitori, figure gravemente carenti a livello educativo ed affettivo, nell'attualità ed in prospettiva futura, cure ed assistenza nella misura minima indispensabile per una sana crescita morale e psicologica. 4.- Avverso tale sentenza, V Maiorano ed A M G propongono ricorso per cassazione, notificato il 28.2.2003 al procuratore generale della Repubblica presso la corte d'appello di Torino ed al curatore speciale, con un solo, articolato motivo. Le parti intimate non svolgono difese in questo giudizio. MOTIVI DELLA DECISIONE
5.- Con l'unico motivo di gravame i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione degli articoli 8 e 15, legge 4 maggio 1983, n. 184, sostanzialmente non innovati dalla legge 28 marzo 2001, n.149, sostenendo che il combinato disposto di tali norme -
diversamente da quanto ritenuto dalla corte d'appello, con decisione asseritamente non motivata sul punto o motivata in modo carente e contraddittorio - impone di non fondare unicamente sulla ritenuta situazione di abbandono la dichiarazione di adottabilità;
la quale, invece, dovrebbe ugualmente dipendere dal verificarsi delle condizioni stabilite dal citato articolo 15, consistenti:
- nella mancata presentazione, senza giustificato motivo, dei genitori e dei parenti convocati dal giudice;

- nella persistente mancanza di assistenza morale e materiale e nell'indisponibilità ad ovviarvi, dimostrate dalle suddette persone in sede di audizione;

- nell'inadempimento, per responsabilità dei genitori, delle prescrizioni impartite ai sensi dell'articolo 12, stessa legge. 5.1.- Affermano, quindi, che la prima e la terza di tali condizioni negative non sussistono ne' sono mai state a loro contestate;
e che, riguardo al verificarsi della seconda (persistente mancanza di assistenza morale e materiale e indisponibilità di essi ricorrenti a rimuovere tale situazione), il giudice d'appello vi avrebbe accennato solo in modo generico, insufficiente e contraddittorio. Sostengono, in particolare, che dalla stessa motivazione del provvedimento impugnato risulterebbe, in contrasto col giudizio di persistenza ed irreversibilità dello stato di abbandono, che essa G rispettava ed eseguiva le indicazioni degli operatori (educatrici dell'asilo nido, assistente sociale comunale) e che non si sottrasse volontariamente alle cure del servizio psichiatrico, dove si era anzi presentata, dimostrando disponibilità al trattamento, con la precisazione che non partecipò ad ulteriori sedute, sol perché non fu più convocata: circostanza, questa, sottovalutata dalla corte d'appello, in violazione di quanto prescrive il richiamato articolo 15, giacché era stato attribuito ingiusto rilievo all'affermazione di una infermiera, secondo la quale la riconvocazione era mancata perché la paziente non dimostrava una "reale motivazione" alla cura.
6.- Si premette che il ricorso per cassazione avverso sentenze della corte d'appello in tema di adottabilità di minorenni, pronunziate ai sensi dell'articolo 17, legge 4 maggio 1983, n.184, è ammissibile soltanto per violazione di legge, non per i vizi di motivazione cui si riferisce l'articolo 360, 1 co., n. 5, c.p.c. 6.1.- In effetti, l'ultimo comma del citato articolo 17, limitante i motivi di ricorso per cassazione all'ipotesi di violazione di legge, deve ritenersi tuttora in vigore, benché novellato dall'articolo 16, co. 2, legge 28 marzo 2001, n. 149, in virtù del quale il
ricorso è ammesso anche per altri motivi, essendo l'efficacia della legge modificatrice tuttavia sospesa, limitatamente alle regole di carattere processuale, dalla disposizione transitoria contenuta nell'articolo 1, D.L. 24 aprile 2001, n. 150, convertito con modificazioni nella legge 2 giugno 2001, n. 240, entrato in vigore il 27.4.2001, fino all'emanazione di una specifica disciplina sulla difesa d'ufficio, e comunque non oltre il 30.6.2002 (termine poi prorogato al 30.6.2003 con D.L. 1 luglio 2002, n. 126, convertito con modificazioni nella legge 2 agosto 2002, n. 175, ed ulteriormente prorogato fino al 30.6.2004, in virtù dell'articolo 15, D.L. 24 giugno 2003, n. 147, convertito con modificazioni nella
legge 1 agosto 2003, n. 200).
6.2.- Il presente ricorso è dunque ammissibile soltanto per violazione di legge, ai sensi del citato articolo 17, ult. co., dovendosi peraltro ritenere compreso in tale vizio anche il caso di totale inesistenza o di mera apparenza della motivazione, per insanabile contraddittorietà, ed essendo invece da escludere l'ammissibilità di qualsiasi controllo sull'adeguatezza e sufficienza della medesima, anche con riferimento alla valutazione delle risultanze probatorie acquisite (Cass. nn. 13419-1999, 4292-1999, 4139-1999, 3101-1998, 7139-1996).
7.- Il ricorso, esaminato entro i suddetti limiti di ammissibilità, deve essere rigettato.
7.1.- Ai sensi dell'articolo 15, 1 co., legge n. 184-1983 (la cui lettera non è sostanzialmente modificata nel testo introdotto dall'articolo 14, legge n. 149-2001), la dichiarazione dello stato di adottabilità del minore consegue alla sussistenza accertata della situazione di abbandono (nei termini previsti dal precedente articolo 8) ed alla verifica delle condizioni negative elencate dalla stessa norma.
La prima e la terza di tali condizioni (ingiustificata assenza di genitori e parenti convocati e volontario inadempimento delle prescrizioni impartite), relative ad ipotesi non ricorrenti nel caso di specie, determinano senz'altro, se verificate, la pronunzia di adottabilità. La seconda, correlata all'obbligo del giudice di ascoltare i genitori e le altre persone indicate dall'articolo 12, legge n. 184-1983, identifica, tra le finalità dell'ascolto, quella di accertare la persistente mancanza di assistenza morale e materiale del minore e l'indisponibilità delle anzidette persone a porre rimedio a tale situazione.
7.2.- Naturalmente, una disponibilità meramente verbale o, comunque, ritenuta inaffidabile, perché contrastata da condotte incompatibili con essa o non accompagnata da comportamenti oggettivamente validi e controllabili, tendenti ad elidere i presupposti dell'accertata situazione di abbandono, non sarebbe idonea a soddisfare la condizione in esame (Cass. nn. 2397-1990, 512-1986).
7.3.- Gli apprezzamenti relativi alla situazione di omessa assistenza morale e materiale, alla serietà dei propositi di emenda ed alla persistenza dello stato di abbandono per carente o scarsa disponibilità ad ovviarvi, appartengono alla sfera di attribuzioni esclusive del giudizio di merito e, comunque, non sono impugnabili per vizio di motivazione in sede di ricorso avverso la sentenza d'appello confermativa della dichiarazione di adottabilità (v. precedente punto 6).
Il motivo di ricorso risulta pertanto inammissibile, entro il limite della critica alla motivazione per pretesa inadeguatezza e genericità, con riferimento alla valutazione - al fine dell'applicazione dell'articolo 15, 1 co., n. 2, legge n. 184-1983 - della disponibilità dei genitori e, in particolare, della signora G a creare le condizioni di adeguata assistenza al figlio. 7.4.- La censura è, peraltro, infondata relativamente agli altri profili, di violazione di legge e di omissione totale della motivazione sullo stesso punto.
7.4.1.- Sotto il primo di tali profili la censura non può essere condivisa, infatti, perché la sentenza impugnata mostra chiaramente di non ignorare i principi legali - sopra sintetizzati al punto 7.1 - derivanti dal combinato disposto degli articoli 8 e 15, legge n. 184-1983;
e di essi fa motivata applicazione alla fattispecie in esame: la qual cosa porta ad escludere la fondatezza del gravame anche sotto il profilo della carenza assoluta di motivazione. 7.4.2.- In realtà la corte territoriale, esaminando (al punto "V" della decisione qui impugnata) il motivo d'appello con cui era contestata l'affermazione del tribunale circa la ritenuta non disponibilità della signora G a sottoporsi a cure psichiatriche, sottolinea giustamente che il giudizio censurato non si basava tanto sulla ragione addotta per giustificare la mancata prosecuzione delle visite presso il servizio di salute mentale - aspetto ritenuto "di mero contorno" nell'economia della decisione del tribunale - quanto sulle seguenti constatazioni: che la signora G non aveva assunto alcuna spontanea iniziativa per la cura della sua infermità e che, indottavi dal suo difensore, si era bensì presentata alla struttura pubblica, ma aveva ben presto mostrato indifferenza ("mancanza di motivazione personale") all'intervento, confermando in tal modo il già ritenuto atteggiamento, comune anche al marito, di costante "negazione dei propri limiti e di proiezione verso l'esterno di ogni problema". Afferma ancora, in proposito, la corte torinese (punto "IX") che gli sforzi, asseritamente compiuti dagli appellanti per adeguarsi alle prescrizioni ricevute dal tribunale, non avevano consentito di giungere "al superamento di quei gravissimi limiti di personalità che hanno reso impossibile il nascere di un reale legame di attaccamento con il figlio, e di relazioni costruttive tali da consentire al minore di crescere in modo minimamente adeguato nell'ambito della sua famiglia".
Perfino nell'udienza di trattazione del gravame, svoltasi il 3.12.2002, i genitori non avevano mostrato la benché minima capacità di comprendere i veri bisogni del bambino, "la sua sofferenza, le sue esigenze e di dargli reale accoglienza". 7.4.3.- Si desume dalle precedenti considerazioni che la verifica della condizione negativa posta al n. 2 del 1 co. dell'articolo 15, più volte citato, è stata correttamente eseguita, sul piano normativo e su quello della valutazione dei fatti di causa, nel senso che la mancanza di assistenza morale e materiale è stata ritenuta persistente fino all'ultima udienza del giudizio d'appello, e che è stata giudicata del tutto assente la concreta disponibilità dei genitori a porvi rimedio.
7.4.4.- Secondo il corretto ragionamento dei giudici di merito, rilevante ai fini del giudizio d'indisponibilità a rimuovere le cause dell'abbandono è solo il fatto che la G, omettendo di attivarsi spontaneamente per farsi curare, mostrò di non essere animata da alcun personale interesse a migliorare la situazione della famiglia e del figlio;
solo sottoponendosi alla cura avrebbe potuto, infatti, acquisire migliori capacità di svolgimento dei compiti materni ed avrebbe dato prova di una concreta e fattiva disponibilità nei confronti del figlio.
La scusante addotta dai ricorrenti per giustificare la mancata prosecuzione delle cure (omessa riconvocazione della G, perché ritenuta non abbastanza motivata al trattamento da una infermiera), in questo contesto argomentativo, è irrilevante. Per questa plausibile ragione, essa non ha ottenuto, da parte dei giudici di merito, una considerazione superiore a quella di argomento "di contorno".
7.4.5.- Le censure di violazione di legge e di omessa motivazione, nei termini indicati, sono quindi infondate.
8.- Per tutte le ragioni esposte, il ricorso proposto dai genitori del minorenne P M avverso la sentenza della corte d'appello di Torino confermativa della dichiarazione di adottabilità del medesimo, deve essere rigettato.
Nulla devesi disporre riguardo alle spese di questo giudizio di legittimità, perché le parti intimate non vi hanno svolto difese.

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