Cass. civ., sez. III, sentenza 16/03/2021, n. 07283

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La sentenza in esame, emessa dalla Corte di Cassazione, riguarda un ricorso proposto da un'acquirente contro una sentenza della Corte d'Appello di Roma. Le parti in causa contestavano la responsabilità professionale di un notaio in relazione a un atto di compravendita immobiliare. L'acquirente sosteneva che il notaio non avesse adempiuto al dovere di consiglio, non avendo verificato la stabilità del titolo di acquisto del venditore, il quale era basato su una sentenza di primo grado non passata in giudicato. La Corte d'Appello aveva rigettato la domanda, ritenendo che il notaio avesse adempiuto ai suoi obblighi informativi.

La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso, ha argomentato che il notaio ha l'obbligo di verificare la stabilità del titolo e di informare le parti sui rischi connessi. Ha sottolineato che la questione della definitività della sentenza non è di facile comprensione per un non esperto e che il notaio avrebbe dovuto effettuare le necessarie verifiche presso i registri. La Corte ha quindi cassato la sentenza impugnata, rinviando il caso alla Corte d'Appello per un nuovo esame, evidenziando l'importanza del dovere di diligenza e di informazione del notaio nel garantire la certezza degli atti giuridici.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, sentenza 16/03/2021, n. 07283
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 07283
Data del deposito : 16 marzo 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso 16395-2018 proposto da: COSMAI ISABELLA, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE DELLE MILIZIE

114, presso lo studio dell'avvocato L P, che lo rappresenta e difende;

- ricorrenti -

contro 2020 GAZZANTI PUGLIESE DI COTRONE ANTONIO, 1864 elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ARNOBIO, 11, presso lo studio dell'avvocato L Z, che lo rappresenta e difende;

- controricorrenti -

nonchè

contro

TAGLIAPIETRA GIANNA, TESTI DINO, TESTI STEFANO, BHW BAUSPARKASSE AG SPA ;

- intimati -

avverso la sentenza n. 7376/2017 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 23/11/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/10/2020 dal Consigliere Dott. F F;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. A C Svolgimento in fatto 1. Avverso la sentenza della Corte d'appello di Roma n. 737672017, pubblicata il 23.11.2017, I C ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 21 maggio 2018, affidato ad un unico motivo illustrato da successiva memoria. Ha resistito il notaio A G P notificando controricorso il 3.7.2018, illustrato da successiva memoria. Con ordinanza interlocutoria n. 11305/2020, nella camera di consiglio del 17/1/2020, il Collegio ha rinviato la causa a nuovo ruolo affinché fosse fissata la discussione in pubblica udienza ritenendo la questione di diritto di particolare rilevanza ai sensi dell'art. 375 c.p.c.. 2. La vicenda qui in esame riguarda un atto di compravendita immobiliare, stipulato in data 20/6/2003 con atto notarile del notaio Antonio P, tra Giulio P e I C, nelle more del giudizio di appello avviato dagli eredi di Luciana Tagliapietra avverso la sentenza con cui il Tribunale di Roma aveva accolto la domanda del P volta a far accertare l'acquisto dell'immobile per usucapione. Dalla vicenda sono nati due paralleli giudizi, in seguito riuniti: l'uno, instaurato dagli eredi di Luciana Tagliapietra per chiedere l'inefficacia nei loro confronti dell'atto dispositivo;
l'altro, instaurato dalla Cosnnai per chiedere l'inefficacia nei suoi confronti della sentenza della Corte di appello e, in subordine, la condanna del venditore P e del Notaio al risarcimento del danno. In particolare quest'ultima ha chiesto di accertare la responsabilità professionale del notaio, oltre a quella del venditore suo dante causa, per non avere egli effettuato le opportune indagini sul titolo dell'immobile, acquistato per usucapione dal suo dante causa in forza di una sentenza di primo grado che, per quanto trascritta, era stata oggetto di impugnazione e, dunque, non portava l'attestazione di cancelleria circa il suo passaggio in giudicato;
deduceva che, comunque, il notaio non aveva ottemperato al dovere di consiglio in ordine alla natura del titolo originario del suo dante causa. Il Tribunale di Roma, una volta dichiarata inefficace la vendita nei confronti degli eredi di Luciana Tagliapietra ha accolto la domanda della Ci nei confronti del P, condannandolo al risarcimento del danno, nella misura di C 159.000,00. Per converso, ha rigettato la domanda risarcitoria proposta nei confronti del notaio a titolo di responsabilità professionale.

3. Limitatamente al capo che riguarda la responsabilità del notaio, la Ci ha interposto appello dinanzi alla Corte d'Appello di Roma che, con la pronuncia qui impugnata, ha confermato la sentenza di primo grado sull'assunto che l'atto d'appello avverso la pronuncia di accertamento della usucapione non risultava trascritto e che, inoltre, il dovere di consiglio non possa estendersi sino a ricomprendere circostanze di fatto il cui accertamento rientri nella normale prudenza delle parti. In particolare, la Corte di merito ha rilevato che: 'i) il notaio aveva dato atto (art. 2 del contratto di compravendita) del fatto che il P (parte venditrice) aveva acquistato il proprio diritto per usucapione in forza di una sentenza del Tribunale di Roma;
ii) la sentenza de qua era stata regolarmente trascritta presso la conservatoria dei R.R.II di Roma circa due anni prima dell'intervenuta vendita;
iii) il professionista non era tenuto ad informare la Ci (parte acquirente) della possibile precarietà di detto titolo di acquisto o a svolgere ulteriori ricerche in proposito, costituendo fatto notorio, alla portata di una persona di media diligenza, che una sentenza di primo grado possa non avere acquistato efficacia definitiva.

4. Nella valutazione la Corte di merito ha dato anche rilievo al fatto che la pendenza del giudizio di appello non fosse stata trascritta e che l'acquirente non avesse dimostrato la sussistenza di un nesso causale tra l'evento (mancata informazione) ed il dedotto danno, dando prova che - se resa edotta del rischio - si sarebbe astenuta dall'acquisto. Ragioni della decisione 1. Con un unico motivo di ricorso si deduce la «Violazione o falsa applicazione dell'art.1176 c.p.c. (in relazione all'art. 360 comma 1 n. 3 e n. 5 c.p.c.)» per non avere la Corte d'Appello valutato correttamente la diligenza richiesta al notaio nell'espletamento dell'incarico professionale conferitogli. La ricorrente deduce che la Corte d'Appello, pur avendo dato atto del cd. dovere di consiglio gravante sul notaio, avrebbe erroneamente affermato che l'acquirente fosse in possesso delle competenze tecniche necessarie per percepire il carattere definitivo o meno della sentenza attestante l'acquisto a titolo originario, per usucapione, del bene oggetto di compravendita, come tale, non rientrante nelle nozioni note a chiunque, ma nelle specifiche conoscenze del professionista. Ciò deduce non solo in ragione dell'art. 1176, comma 2, cod. civ. ma anche con riguardo agli artt. 42 e 50 del codice deontologico notarile che impongono al professionista di informare le parti sulle possibili conseguenze della prestazione richiesta e di qualificare correttamente la fattispecie. Argomenta, inoltre, che dalle stesse visure effettuate dal notaio sull'immobile, la sentenza dichiarativa del diritto di usucapione maturato dal sig. P non risultava passata in giudicato, difettando della relativa formula, talché il notaio- anche in assenza della trascrizione dell'atto di appello - avrebbe dovuto verificare presso i registri di cancelleria se la sentenza di primo grado relativa all'acquisto per usucapione dell'immobile fosse passata in giudicato o, in alternativa, avrebbe dovuto pretendere dal venditore P l'esibizione dell'attestato circa il passaggio in giudicato della sentenza, mentre nessun accertamento in tal senso risultava essere stato fatto dal notaio.né sollecitato alle parti. Il notaio quindi - per espletare diligentemente il proprio mandato - avrebbe dovuto accertare e segnalare all'acquirente la precarietà del titolo di acquisto del venditore, indicando alla Ci che l'accertamento contenuto nella sentenza del Tribunale non aveva carattere definitivo.
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