Cass. pen., sez. II, sentenza 02/09/2021, n. 32768

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. II, sentenza 02/09/2021, n. 32768
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 32768
Data del deposito : 2 settembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: ABBATE CARLO nato a MESSINA il 28/10/1959 ADAMO PIETRO nato a MESSINA il 19/05/1983 AMADEO PIO nato a MESSINA il 04/05/1971 BURRASCANO ANGELO nato a MESSINA il 24/06/1959 CARRERI ANTONINO nato a MESSINA il 02/02/1966 CONSOLO ANDREA nato a MESSINA il 08/06/1963 CRIFO' GIOVANNA nato a MESSINA il 24/02/1960 CRISAFI NICOLA SALVATORE nato a TAURIANOVA il 11/10/1977 CUCINOTTA NICOLA nato a MESSINA il 22/09/1971 DAVID CARMELA nato a MESSINA il 17/03/1965 DAVID PAOLO nato a MESSINA il 06/04/1957 SOTTILE FABRIZIO nato a MESSINA il 31/03/1983 SORRENTI SANTI nato a REGGIO CALABRIA il 02/12/1956 ZUCCARELLO SANTI DANIELE nato a MESSINA il 12/01/1980 VACCARINO BENEDETTO nato a MESSINA il 20/05/1971 avverso la sentenza del 20/12/2018 della CORTE APPELLO di

MESSINA

Visti gli atti, il prov.vedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere LUCIANO IMPERIALI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore D C, che ha concluso chiedendo il rigetto di tutti i ricorsi, uditi i difensori: L'avv. PICCIOTTO CARMELO in difesa del COMUNE DI MESSINA si è associato alle conclusioni del Procuratore Generale ed ha depositato comparsa conclusionale e nota spese. L'avv. PLACANICA CESARE in difesa di ABBATE CARLO, ADAMO PIETRO, AMADEO PIO, CARRERI ANTONINO, CRISAFI NICOLA SALVATORE, CUCINOTTA NICOLAA, SOTTILE FABRIZIO, SORRENTI SANTI, ed in qualità di sostituto processuale dei codifensori ha insistito sui motivi di ricorso e ne ha chiesto l'accoglimento. L'avv. COLONNA UGO, difensore di BURRASCANO ANGELO, si è riportato ai motivi di ricorso e ne ha chiesto l'accoglimento. L'avv. TAORMINA CARLO, difensore di ZUCCARELLO SANTI DANIELE ha chiesto l'accoglimento del ricorso. L'avv. POLLICINO PIERO in sostituzione dell'avv. NOTARIANNI AURORA FRANCESCA in difesa di CONSOLO ANDREA si è riportata ai motivi di ricorso e ne ha chiesto l'accoglimento. L'avv. AUTRU RYOLO TOMMASO, difensore di CONSOLO ANDREA si è riportato ai motivi di ricorso e ne ha chiesto l'accoglimento. L'avv. FAVAZZO ANTONINO, difensore di CRIFO' GIOVANNAA, DAVID CARMELA, DAVID PAOLO, VACCARINO BENEDETTO ha insistito sui motivi ddi ricorso e ne ha chiesto l'accoglimento.

RITENUTO IN FATTO

1. Tutti i ricorrenti sono stati chiamati a rispondere del reato di truffa ai danni di ente pubblico e falso in atto pubblico per induzione in quanto, nella qualità di consiglieri del comune di Messina, avrebbero ottenuto il gettone di presenza correlato alla partecipazione alle sedute di commissioni permanenti senza di fatto presenziare a tali sedute. Nella prospettazione accusatoria, infatti, gli stessi si sarebbero allontanati subito dopo aver apposto la firma di presenza, senza attendere la verifica del numero legale o l'apertura della seduta, ovvero si sarebbero trattenuti solo per pochi minuti senza svolgere di fatto alcuna attività.Ad Adamo Pietro, C Giovanna e C Nicola è stato contestato anche il reato di cui all'art. 479 cod. pen. per avere falsamente attestato - nei verbali di alcune sedute delle commissioni permanenti che avevano presieduto - l'esistenza del numero legale ovvero di aver proceduto alla relativa verifica.

2. La sentenza di primo grado, emessa il 3 luglio 2017 dal Tribunale di Messina, aveva accolto integralmente la prospettazione accusatoria, ritenendo la "effettiva partecipazione" alle sedute requisito per ottenere il gettone di presenza e, conseguentemente, aveva riconosciuto la responsabilità penale di chi aveva firmato la presenza in prima convocazione allontanandosi prima che la seduta venisse dichiarata deserta e senza rispondere alla seconda convocazione, di chi aveva firmato ma si era allontanato prima della seduta ed anche di chi si era trattenuto nell'aula durante la seduta per un tempo inferiore a tre minuti, ritenuto dalla predetta sentenza il tempo minimo per considerare effettiva la partecipazione. Inoltre, la sentenza di primo grado aveva riconosciuto la rilevanza penale delle condotte solo in presenza di un effettivo vantaggio economico conseguente alle attività predette e, giacché il regolamento del comune di Messina prevedeva un massimo di 39 sedute mensili liquidabili, la truffa ed il falso erano state escluse per tutti coloro che avrebbero comunque raggiunto tale numero di presenze, compensando quelle asseritamente fittizie con quelle effettive.

3. Decidendo sull'appello proposto da tutti i condannati, con sentenza del 20/12/2020 la Corte di appello di Messina ha parzialmente riformato la sentenza di primo grado, ritenendo innanzitutto arbitrario il parametro della permanenza di almeno tre minuti, in quanto non previsto da alcuna norma e tale da demandare alla giurisprudenza l'apprezzamento concreto dell'incidenza delle attività del consigliere in termini che rischiano di violare le prerogative di questo. In definitiva, pertanto, ritenendo non apprezzabile a posteriori dall'A.G. l'effettiva partecipazione del consigliere, intesa come contributo ai lavori della commissione, la Corte territoriale ha ritenuto l'insussistenza dei reati contestati - sia la truffa che il falso - in quei casi nei quali il consigliere aveva firmato il foglio di presenza ma si era trattenuto nell'aula durante la seduta per un tempo limitato, anche inferiore ai tre minuti. Ha confermato, invece, il giudizio di penale responsabilità espresso dal primo giudice nei confronti di coloro che erano risultati aver firmato il foglio di presenze ma, poi, essersi allontanati senza attendere l'apertura della seduta e la verifica del numero legale. La Corte, inoltre, non ha riconosciuto nei provvedimenti di liquidazione oggetto delle imputazioni alcuna valenza cedificativa ed ha escluso l'aggravante di cui all'art. 476 comma 2 cod..pen., rilevando anche che la stessa non era stata specificamente contestata in alcuno dei capi di imputazione oggetto delle imputazioni. Conseguentemente, in parziale riforma della sentenza impugnata, la Corte di appello ha assolto i ricorrenti dai reati di truffa e di falso come sopra individuati, ed ha rideterminato le pene inflitte, concedendo a tutti gli imputati la sospensione condizionale della pena, confermando le statuizioni civili, salvo una riduzione della provvisionale in misura pari a 3.000 euro ciascuno.

4. Avverso la sentenza della Corte territoriale hanno proposto ricorso per cassazione 15 imputati, proponendo deduzioni in parte sovrapponibili tra loro. In particolare, i ricorsi proposti nell'interesse dei ricorrenti C A, C, Amadeo dall'avv.to Pca unitamente all'avv. Formica), e di Carreri, Sorrenti, C e S dall'avv.to Pca unitamente all'avv. S presentano i primi quattro motivi in comune:

4.1. Violazione di legge e vizio di motivazione, laddove la Corte territoriale ha riconosciuto che l'attività politica può svolgersi anche con forme non convenzionali ma, poi, ha ritenuto che, nel difetto di pubblicità, dovesse escludersi che i prevenuti stessero manifestando alcunché quando - lasciate le loro occupazioni personali - comunque si erano recati in Comune pur senza materialmente partecipare ai lavori della commissione, allontanandosi prima dell'apertura della seduta.

4.2. Violazione di legge, vizio di motivazione e travisamento della prova con riferimento alle imputazioni per truffa ed alle corrispondenti contestazioni di falso per induzione in errore del Segretario Generale del Comune di Messina Antonio L D: deducono i ricorrenti che l'affermazione della Corte di appello secondo cui "nessuno invece ha affermato che il segretario era informato che i consiglieri ricevevano il gettone anche quando si allontanavano prima dell'inizio della seduta", contrasterebbe con il prosieguo della motivazione e con deposizioni testimoniali testualmente richiamate nel ricorso (test. D B, B). Altro ricorso proposto dall'avv. G nell'interesse del C, oltre a contestare, sul piano dei principi, che la presenza del consigliere possa ritenersi valida solo se protratta fino all'inizio formale della seduta, non potendosi escludere un motivo di natura politica che induca il consigliere ad allontanarsi prima della seduta, anziché pochi secondi dopo l'inizio di questo (come dalla Corte ritenuto legittimo ai fini del conseguimento del gettone), ha dedotto la contraddizione in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata, laddove prima asserisce che il L D era consapevole che alcuni consiglieri si allontanavano dopo un tempo relativamente. breve e non già che si, allontanavano prima dell'inizio della seduta, e poi riferisce le testimonianze D B e B dalle quali emergerebbe, invece, che il L D sapeva che taluni firmavano il foglio di presenza anche quando dal verbale della seduta risultava l'assenza, tanto che dopo l'esame dei testi il P.M chiese la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica.

4.2.1. Il ricorso proposto nell'interesse di A C deduce, a tal proposito, la violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al riconoscimento della penale responsabilità del ricorrente in virtù della sottoscrizione di fogli di presenza che non attestavano altro se non, appunto, la presenza del ricorrente al momento dell'apposizione della firma. In quattro degli episodi di cui al capo nr. 15, nei quali il C si è allontanato prima che la seduta fosse dichiarata deserta, del resto la sentenza impugnata avrebbe evidenziato che i verbali non registravano le presenze facendo riferimento al foglio di firma, bensì davano atto delle persone che, all'apertura della seduta, erano effettivamente presenti: ad avviso del ricorrente, pertanto, le firme apposte sui fogli di presenza non avevano alcuna efficacia sull'atto del pubblico ufficiale, ed erano inidonee a trarre questo in inganno. Nei casi in cui, invece, le sedute si erano effettivamente svolte la firma del foglio comunque non era idonea ad indurre in errore il pubblico ufficiale che, invece, informato della prassi, l'aveva sostanzialmente avallata: si contesta l'affermazione della sentenza secondo cui vi sarebbe reato anche nel caso di concorso dei segretari delle sedute - ove consapevoli - nei reati commessi dai ricorrenti, e si deduce che, in tal caso, non vi sarebbe correlazione tra accusa e sentenza.
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