Cass. civ., sez. I, sentenza 17/05/2013, n. 12079

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In caso di sconto, il diritto della banca di ottenere dal cliente la restituzione della somma anticipata è subordinato all'inadempimento del debitore ceduto.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 17/05/2013, n. 12079
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 12079
Data del deposito : 17 maggio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C C - Presidente -
Dott. P C - Consigliere -
Dott. S A - Consigliere -
Dott. A M - Consigliere -
Dott. M G - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

S
sul ricorso proposto da:
S G, G V, S I, G C, B M, C M, M D, B P E in proprio e quale erede di T G, B T, L A , elettivamente domiciliati in Roma, via Elvia Recina 6, presso l'avv. De Petrillo Luigi, che con gli avv. A F T e D F li rappresenta e difende giusta delega in atti;



- ricorrenti -


contro
Banca Popolare Valconca soc. coop. a r.l., elettivamente domiciliata in Roma, via Fontanella Borghese 72, presso l'avv. P V, che con l'avv. D P M la rappresenta e difende giusta delega in atti;



- controricorrente -


avverso la sentenza della Corte d'appello di Bologna n. 1301 del 15.11.2005. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 9.4.2013 dal Relatore Cons. C P;

Udito l'avv. V per la Banca;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Z I, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso per quanto di ragione.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con due distinti atti di citazione ritualmente notificati e successivamente riuniti Giovanna Spelgatti, Virginio Giovagnoli, Ivana Spagna, Corrado Giovagnoli, Marcello Biagini, Mariella Cerbini, Daniele Mauri, Pierà Elzira Bettazzi in proprio e quale erede di Gabriele Torreggiani, Terzo Battazzi e Alfreda Lazzaroni , nella qualità di fideiussori della Belforte s.r.l., proponevano opposizione avverso il decreto con il quale il Presidente del Tribunale di Rimini aveva loro ingiunto il pagamento di L. 484.992.973, oltre interessi, in favore della Banca Popolare Valconca coop. a r.l..
L'originario intimante, costituitosi, chiedeva il rigetto dell'opposizione prospettando argomentazioni condivise dal primo giudice, che conseguentemente decideva in conformità. La decisione, censurata dagli opponenti, veniva confermata dalla Corte di appello di Bologna, che sui diversi punti sottoposti al suo esame rilevava:
che le questioni prospettate erano due, e più esattamente una relativa alla consistenza del credito e l'altra concernente la misura degli interessi;
che, essendo il contratto di fideiussione risalente al 1989, per il principio di irretroattività della legge non sarebbe stata applicabile la normativa successiva (segnatamente 1. n. 154 del 1992 e D.Lgs. n. 385 del 1993);
che pertanto sarebbero stati legittimi sia la fideiussione, pur se contratta senza la determinazione di un limite massimo, sia il computo degli interessi;

che infine, quanto all'asserita mancata dimostrazione della consistenza del credito vantato dalla banca, l'assunto non sarebbe stato condivisibile alla luce del contenuto dell'estratto di saldaconto e tenuto conto della mancata impugnazione degli estratti conto.
Avverso la sentenza i fideiussori proponevano ricorso per cassazione affidato a sei motivi, cui resisteva la banca con controricorso. La controversia veniva quindi decisa all'esito dell'udienza pubblica del 9.4.2013.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con i motivi di impugnazione i ricorrenti hanno denunciato: 1) vizio di motivazione e violazione dell'art. 2697 c.c. e artt. 115 e 116 c.p.c., con riferimento alle richieste di pagamento di L. 87.383.338
e di L. 75.942.723 quali saldi dei conti correnti n. 2429 e 2444, istanze non suffragate dai necessari riscontri probatori, non potendosi considerare esaustiva in tal senso - come d'altra parte riconosciuto dalla stessa Corte territoriale - la produzione del semplice saldaconto, sia pure supportato da certificazione notarile;

2) violazione degli artt. 1375, 1858, 1859 e segg. e 2697 c.c., art.634 c.p.c., art. 50 T.U.B. e vizio di motivazione, in relazione alla
richiesta di pagamento di L. 321.666.913 asseritamente dovute a titolo di sconto cambiali, a fronte: dell'assenza di prova in ordine all'entità del credito;
della mancata dimostrazione dell'avvenuta stipulazione di un contratto di sconto;
della carenza di prova circa il successivo inadempimento del creditore ceduto, sola circostanza che avrebbe potuto legittimare il recesso della banca;

3) violazione degli artt. 1224, 1282, 1283, 1284, 1346, 1349, 1375, 1418 e 2697 c.c. e vizio di motivazione per quanto riguarda il computo degli interessi, illegittimamente determinati per il richiamo agli usi praticati su piazza e per il riconoscimento dell'anatocismo;

4) violazione degli artt. 1859 e 1375 c.c., nonché vizio di motivazione, in ragione della mancata pronuncia sull'eccezione di nullità della clausola di cui al n. 4 del contratto di sconto bancario del 12.5.1989 (che, nell'ipotesi di mutamento della situazione economica del cedente, prevedeva che la banca potesse richiedere la restituzione delle somme erogate anche prime della scadenza degli effetti scontati), derivante dalla "mancanza dell'indicazione delle operazioni da effettuarsi o effettuate, nonché del riferimento ai crediti richiesti";

5) violazione dell'art. 2697 c.c. e art. 116 c.p.c. e vizio di motivazione, per l'avvenuto accertamento del credito della banca - e della relativa quantificazione - esclusivamente sulla base del saldaconto ed in assenza quindi di ulteriori elementi probatori;

6) violazione degli artt. 1832, 1941 e 1945 c.c., in ragione dell'avvenuto disconoscimento del diritto del fideiussore di proporre le eccezioni spettanti al debitore principale, diritto che viceversa non avrebbe potuto essere compresso se l'eccezione fosse stata ancora proponibile dal debitore principale o se questi non avesse proposto la relativa eccezione per negligenza, come verificatosi nella specie. Il primo motivo di impugnazione è infondato. Ed infatti, contrariamente a quanto sostenuto dai fideiussori, la Corte di appello non ha affermato che l'estratto di saldaconto costituisce di per sè piena prova del credito azionato, ma ha piuttosto precisato che il detto estratto costituisce "elemento indiziario che può essere liberamente valutato dal giudice, ai fini del suo libero convincimento, nel contesto di altri elementi ugualmente significativi" (p. 9). La stessa Corte ha poi evidenziato come l'indizio sopra indicato fosse ulteriormente confortato: dal riscontro delle risultanze del saldaconto con la documentazione prodotta dall'istituto di credito;
dalla genericità delle contestazioni mosse dagli odierni ricorrenti;
dal comportamento processuale da essi tenuto atteso che, "nonostante avessero richiesto ed ottenuto l'espletamento di una consulenza contabile, hanno impedito lo svolgimento di tale strumento di accertamento della verità, rifiutandosi di fornire gli elementi in loro possesso". A fronte di detto complesso argomentativo, espressione di valutazione di merito adeguatamente motivata, i ricorrenti si sono limitati a riproporre l'assunto secondo il quale a torto la Corte territoriale avrebbe attribuito pieno valore probatorio al salda-conto, mostrando così di non cogliere la ragione della contestata decisione e proponendo, conseguentemente, una censura incompleta e pertanto non meritevole di accoglimento.
È viceversa parzialmente fondato, nei termini appresso precisati, il secondo motivo di ricorso con il quale la Corte di appello ha quantificato in L. 321.666.913 il credito derivante dallo sconto di cambiali. In ordine alla sussistenza del contratto e all'avvenuto sconto dei titoli la Corte territoriale ha ritenuto che fosse stata raggiunta piena prova, in considerazione dei medesimi elementi richiamati nell'esame del primo motivo, ed anche a tale riguardo la censura sollevata dai ricorrenti appare generica, essendo incentrata sulla non condivisa valutazione del materiale probatorio, che;se correttamente apprezzato, avrebbe dovuto viceversa indurre - a loro dire - a diverse conclusioni.
Al contrario è fondata l'ulteriore doglianza rappresentata nel motivo, consistente nella subordinazione del diritto di credito vantato dalla banca a tale titolo all'accertamento dell'inadempimento del debitore ceduto, come già affermato da questa Corte con decisioni alla cui motivazione si rinvia (C. 0 2/13 823, C. 90/81 28), accertamento che non risulta effettuato nel caso oggetto di esame. Ad identiche conclusioni di fondatezza deve pervenirsi poi per quanto riguarda il terzo motivo di impugnazione, concernente il computo degli interessi.
In particolare l'erroneità del calcolo è stata denunciata sotto il duplice aspetto del riconoscimento degli interessi ultralegali e dell'applicazione dell'anatocismo.
È condivisibile il primo profilo di doglianza prospettata, restando assorbito il secondo, in ragione dell'avvenuta determinazione degli stessi "per relationem" con riferimento alle clausole predisposte dall'ABI.
È infatti consolidata la giurisprudenza di questa Corte nel senso che, se la nullità della clausola di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse normativamente prevista (L. n.92 del 154, art. 4 poi trasfuso nel T.U. 1 settembre 1993, n. 385,
art. 117) non incide sulla validità delle clausole inserite in contratti già conclusi, per effetto dei principi regolanti la successione delle leggi nel tempo, ciò tuttavia non impedisce che le dette clausole possano continuare a spiegare efficacia nei rapporti ancora in corso (C. 07/17854, C. 0 6/10 376, C. 06/2140, C. 0 3/13 739, C. 0 3/1 2222, C. 0 2/13 823, C. 0 2/44 90). Appare poi privo di pregio il quarto motivo di impugnazione poiché, se è vero che con l'atto di appello i fideiussori hanno denunciato la nullità della clausola di cui al n. 4 del contratto del 12.5.89 (motivo n. 1 lett. C) e che la Corte territoriale non ha dato specifica risposta sul punto, è pur vero che la stessa Corte ha implicitamente superato il rilievo ritenendo (e ciò indipendentemente da ogni considerazione in ordine alla maggiore o minore correttezza della valutazione compiuta e della conseguente decisione adottata) che la questione sottoposta al suo esame fosse quella relativa al mancato pagamento del dovuto, circostanza questa che avrebbe dovuto indurre i ricorrenti ad integrare la doglianza con 1'evidenziazione degli effetti per essi pregiudizievoli determinati da un recesso dell'istituto di credito non collegato al riscontrato inadempimento del debitore principale. In ogni modo l'accoglimento del secondo motivo di ricorso, nel quale vengono prospettate argomentazioni in parte coincidenti con quelle in esame e le cui conclusioni sono in parte sovrapponibili, determina la sostanziale caducazione di interesse dei ricorrenti all'accoglimento della censura e quindi il suo conseguente assorbimento in quella già considerata con il sopra richiamato motivo.
Sul quinto motivo è sufficiente osservare che è insussistente la denunciata carenza di prova del credito azionato dalla banca sotto il profilo della sua prospettazione sulla base di un solo elemento indiziario rappresentato dal saldaconto bancario, cui non sarebbe attribuibile un valore probatorio pieno, deponendo in senso contrario quanto precisato a proposito del primo motivo di ricorso. Resta infine il sesto motivo di impugnazione, in relazione al quale va considerato che, pur essendo condivisibile il rilievo concernente la non pertinenza del giudizio secondo cui il fideiussore non potrebbe sollevare contestazioni in ordine alla definitività degli estratti riguardanti i saldi di conto corrente, alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte (C. 07/26754, C. 07/23939, C. 03/14234, C. 0 2/62 58, C. 95/ 1101, C. 93/110 84), lo stesso non può trovare accoglimento risultando ininfluente sulla decisione, essenzialmente incentrata - come detto - sulle risultanze di saldaconto, e rispetto alla quale il detto rilievo si pone soltanto come ulteriore elemento rafforzativo della sostenuta correttezza della decisione adottata.
Conclusivamente il ricorso deve essere accolto nei termini sopra indicati, con rinvio alla Corte di Appello di Bologna in diversa composizione che provvederà: a) a determinare gli interessi, da quantificare in misura legale, e a stabilire l'applicabilità o meno dell'anatocismo, censura quest'ultima assorbita dall'accoglimento della doglianza concernente la nullità della clausola relativa al detto computo per genericità;
b) a verificare se il credito vantato per lo sconto delle cambiali sia stato o meno azionato a seguito del mancato pagamento del debitore ceduto, emettendo i provvedimenti conseguenziali.
Il giudice del rinvio provvedere infine anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

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