Cass. civ., sez. U, sentenza 11/12/2023, n. 34419

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In tema di compensazione di crediti o eccedenze d'imposta da parte del contribuente, all'azione di accertamento dell'Erario si applica il più lungo termine di otto anni, di cui all'art. 27, comma 16, DL n. 185 del 2008, quando il credito utilizzato è inesistente, condizione che si realizza, alla luce anche dell'art. 13, comma 5, terzo periodo, Decreto legislativo n. 471 del 1997, allorché ricorrano congiuntamente i seguenti requisiti: a) il credito, in tutto o in parte, è il risultato di una artificiosa rappresentazione ovvero è carente dei presupposti costitutivi previsti dalla legge ovvero, pur sorto, è già estinto al momento del suo utilizzo; b) l'inesistenza non è riscontrabile mediante i controlli di cui agli artt. 36-bis e 36-ter DPR n. 600 del 1973 e all'art. 54-bis DPR n. 633 del 1972; ove sussista il primo requisito ma l'inesistenza sia riscontrabile in sede di controllo formale o automatizzato, la compensazione indebita riguarda crediti non spettanti e si applicano i termini ordinari per l'attività di accertamento.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. U, sentenza 11/12/2023, n. 34419
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 34419
Data del deposito : 11 dicembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

FATTI DI CAUSA



1. Con la sentenza n. 1662/36/14 del 31/03/2014, la Commissione tributaria regionale della Lombardia rigettava l'appello proposto da (------) Spa (di seguito anche (------)) avverso la sentenza n. 50/25/13 della Commissione tributaria provinciale di Milano, che aveva a sua volta respinto il ricorso proposto dalla società contribuente avverso un avviso di accertamento relativo agli anni d'imposta 2006 e 2007, concernente il recupero di un'agevolazione riconosciuta per l'acquisto di beni strumentali posta indebitamente in compensazione.



2. L'avviso di accertamento era stato emesso in quanto la società contribuente - dopo avere acquistato due macchine per la stampa in rotativa, da utilizzarsi in via esclusiva per la produzione di prodotti editoriali in lingua italiana, così beneficiando del credito d'imposta di cui all'art. 8, comma 2, lett. a) , l. 7 marzo 2001, n. 62 - aveva utilizzato dette rotative anche per altri prodotti editoriali, non in lingua italiana, così perdendo il diritto all'agevolazione.



3. La CTR respingeva l'appello della (Omissis) evidenziando che: a) il Ministero dello sviluppo economico aveva disconosciuto l'agevolazione;
b) le rotative acquistate non erano state utilizzate per intero per la produzione editoriale in lingua italiana.



4. Avverso detta decisione (Omissis) Spa ha proposto ricorso per cassazione con otto motivi, riproponendo, in particolare, l'eccezione di decadenza della potestà accertativa dell'Amministrazione finanziaria con riguardo alla ripresa per il 2006;
l'Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.



5. Con ordinanza n. 35536/2022, depositata in data 2 dicembre 2022, la Sezione Tributaria ha rimesso la causa al Primo Presidente per valutare l'opportunità dell'assegnazione della stessa alle Sezioni Unite civili, ravvisando un contrasto interpretativo interno alla Sezione Tributaria sulla distinzione tra crediti d'imposta inesistenti e crediti d'imposta non spettanti, distinzione rilevante ai fini dell'individuazione del termine per l'esercizio della potestà accertativa da parte dell'Amministrazione finanziaria.



6. Il Primo Presidente ha quindi disposto l'assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.



7. In prossimità dell'udienza la Procura Generale, in persona del sostituto procuratore generale Alessandro Pepe, ha depositato memoria sulla questione di rilievo nomofilattico. Pure l'Agenzia delle entrate ha depositato memoria illustrativa.

RAGIONI DELLA DECISIONE



1. La questione posta a queste Sezioni Unite investe la nozione di crediti d'imposta inesistenti, oggetto di considerazione dall'art. 27, commi da 16 a 20 , D.L. 29 novembre 2008 n. 185 , conv. con mod. dalla l. 28 gennaio 2009 n. 2 , e, poi, a seguito delle modifiche operate con il D.Lgs. n. 158 del 2015 , dall'art. 13, comma 5 , D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471 , e se essa debba o meno essere distinta da quella di crediti d'imposta non spettanti, attualmente oggetto di considerazione dall'art. 13, comma 4 , D.Lgs. n. 471 del 1997 , refluendo, in particolare, sulla applicabilità del termine di decadenza lungo, di otto anni, introdotto dal comma 16 dell'art. 27 D.L. n. 185 del 2008 , anzichè di quello ordinario, previsto dell'art. 43, comma 3, D.P.R. n. 29 settembre 1973, n. 600, per l'esercizio della potestà accertativa da parte dell'Amministrazione finanziaria in caso di indebita compensazione.



1.2. La medesima questione, inoltre, refluisce sul trattamento sanzionatorio poichè l'indebita compensazione con crediti inesistenti è soggetta alla più grave sanzione dal 100% al 200% dei crediti.



2. La contribuente ha sollevato la questione con i primi due motivi di ricorso:

- il primo, con una censura di ordine processuale, deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione dell'art. 112 c.p.c. , in relazione all'art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 4, per avere la CTR omesso di pronunciare in ordine all'eccezione di decadenza dal recupero con riferimento all'anno d'imposta 2006;

- il secondo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 27, comma 16 , D.L. n. 185 del 2008 , conv. con modif. dalla l. n. 2 del 2009 , 10 quater D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 , 43, comma 3, D.P.R. n. 600/1973 , 1, comma 4, d.P.C.M. 6 giugno 2002, n. 143 e 25 Cost., in relazione all'art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3, per avere la CTR erroneamente ritenuto l'Amministrazione finanziaria non decaduta dai poteri di accertamento con riferimento all'anno d'imposta 2006.



3. Va, in primo luogo, disattesa la prima censura.

Come condivisibilmente prospettato nell'ordinanza di rimessione, la sentenza impugnata, nella parte in fatto, ha espressamente fatto riferimento alla contestazione formulata dalla ricorrente e concernente l'inapplicabilità del termine lungo di decadenza per poi concludere per il rigetto in diritto del ricorso, sicchè deve ritenersi che abbia preso in considerazione il rilievo della società contribuente, rigettandolo e decidendo la controversia nel merito.



4. Passando all'esame del secondo motivo e della questione qui in discussione, la contribuente, sull'assunto che le due categorie siano oggettivamente diverse, rileva che la contestazione della Agenzia delle entrate ha sempre riguardato solo la spettanza del credito e non la sua esistenza: l'acquisto dei macchinari che avevano dato origine al diritto e le spese sostenute non erano mai stati posti in discussione, nè era dubbia la veridicità della documentazione relativa agli investimenti;
l'indebita compensazione del credito per l'anno 2006 - avvenuta nel gennaio 2006 e, dunque, anteriormente all'entrata in vigore anche dell'art. 10 quater D.Lgs. n. 74 del 2000 - avrebbe quindi dovuto essere contestata entro il 31/12/2011, mentre l'avviso di accertamento era stato notificato in data 29/02/2012.



5. L'ordinanza di rimessione, nel delineare lo specifico oggetto della questione, rileva l'esistenza di un persistente contrasto interno alla Sezione Tributaria.



5.1. In particolare, secondo un primo più risalente e maggioritario orientamento tra le nozioni di credito inesistente e credito non spettante non vi sarebbe alcuna differenza.



5.2. Si è affermato, specificamente, che l'art. 27, comma 16 , D.L. n. 185 del 2008 , conv. l. 2/2009 , non intende elevare l'inesistenza del credito a categoria distinta dalla non spettanza (distinzione a ben vedere priva di fondamento logico giuridico), ma intende solo garantire un margine di tempo adeguato per le verifiche talora complesse riguardanti l'investimento generatore del credito d'imposta, margine di tempo perciò indistintamente fissato in otto anni, senza che possa trovare applicazione il termine più breve stabilito dall'art. 43 D.P.R. n. 600/1973 per il comune avviso di accertamento dunque, ogniqualvolta il credito derivante dall'operato investimento non sussiste, per ciò solo deve ritenersi inesistente nel senso precisato dalla norma (Cass. n. 10112 del 21/04/2017 e Cass. n. 19237 del 02/08/2017;
seguite poi da Cass. 24093 del 30/10/2020;
Cass. n. 354 del 13/01/2021;
Cass. n. 31859 del 05/11/2021).



5.3. In dissenso a questa interpretazione si sono poste le sentenze gemelle n. 34443, 34444 e 34445 del 16/11/2021.



5.4. Le sentenze n. 34444 e n. 34445 del 2021, che maggiormente si sono diffuse sulla questione, dopo aver rilevato che la nozione di credito inesistente è stata positivamente dettata con il nuovo art. 13, comma 5, terzo periodo, del D.Lgs. n. 471 del 1997 , come introdotto dall'art. 15 del D.Lgs. n. 158 del 2015 , concludono nel senso di ritenere che il precedente orientamento vada necessariamente superat(o) anche per effetto della citata novella, non tanto e non già perchè quest'ultima sia direttamente applicabile alla fattispecie, ratione temporis, bensì perchè nella stessa definizione positiva di credito inesistente può rinvenirsi la conferma della dignità della distinzione delle due categorie in discorso, già sulla base dell'originario impianto normativo concernente la riscossione dei crediti d'imposta indebitamente utilizzati.



5.5. In tal senso si è evidenziato che:

- l'art. 27, comma 16 , D.L. n. 185 del 2008 , concerne la sola riscossione di crediti inesistenti utilizzati in compensazione ai sensi dell'art. 17 , del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 ;

- la novella del 2015 si innesta nella riscrittura della norma già contenuta nel contestualmente abrogato art. 27, comma 18, D.L. cit.... e mira quindi a specificare il contenuto del precetto originario, così ancorando la nozione di credito inesistente ad una dimensione non reale o non vera, ossia priva di elementi giustificativi fenomenicamente apprezzabili, se non anche con connotazioni di fraudolenza.



5.6. Il primo orientamento è stato ripreso, successivamente ai suddetti arresti, con l'ordinanza Cass. n. 25436 del 29/08/2022, mentre va dato atto che il nuovo approccio ermeneutico è stato da ultimo condiviso da Cass. n. 5243 del 20/02/2023.



6. Ritiene questa Corte che debba darsi prevalenza all'orientamento emerso da ultimo.



7. La problematica di fondo si incentra su un duplice ordine di profili: in primo luogo, se le due nozioni (credito inesistente e credito non spettante) abbiano, effettivamente, un oggetto differente e, in tal caso, quali siano i caratteri distintivi;
in secondo luogo, se, con riguardo alla condotta di indebito utilizzo in compensazione di un credito inesistente ovvero non spettante, sia ravvisabile, e da quando, un regime giuridico differente e quali siano i presupposti che ne condizionano l'applicabilità.



8. Quanto alla prima questione, va premesso che l'art. 13, comma 5, terzo periodo, D.Lgs. n. 471 del 1997 , come modificato dall'art. 15, D.Lgs. n. 24/09/2015 n. 158, ha fornito, per la prima volta, una esplicita definizione positiva di credito inesistente stabilendo che Si intende inesistente il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli artt. 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 , e all'art. 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 .

Accanto a tale definizione, il legislatore, al comma 4 dell'art. 13 cit., parimenti modificato dalla novella del 2015, ha fornito una autonoma definizione della nozione di credito non spettante, individuato con la locuzione utilizzo di un'eccedenza o di un credito d'imposta esistenti in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti.

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