Cass. civ., sez. V trib., sentenza 23/09/2020, n. 19934

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 23/09/2020, n. 19934
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 19934
Data del deposito : 23 settembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso 3249-2012 proposto da: I S, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA VIA SALARIA

259, presso lo studio dell'avvocato S B E P, rappresentata e difesa dall'avvocato A M, giusta procura in calce;

- ricorrente -

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE CENTRALE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

- controricorrente -

nonchè

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE REGIONALE DEL PIEMONTE;
- intimata - avverso la sentenza n. 72/2011 della COMM.TRIB.REG. di TORINO, depositata il 10/06/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/01/2020 dal Consigliere Dott. G L;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. U D A che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per il ricorrente l'Avvocato F per delega dell'Avvocato M che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito per il controricorrente l'Avvocato P che si riporta al controricorso. N.R.G.3249/2012

FATTI DI CAUSA

La Commissione delle Comunità Europee con decisione del 5 giugno 2002 n.2003/193/CE dichiarava aiuti di stato incompatibile con il mercato comune l'esenzione triennale dall'imposta sul reddito stabilita dall'articolo 3, comma 70, della legge n. 549 del 28 dicembre 1995, e dall'articolo 66, comma 14, del decreto legge n. 331 del 30 agosto 1993, convertito con legge n. 427 del 29 ottobre 1993, a favore di società per azioni a partecipazione pubblica maggioritaria istituite ai sensi della legge n. 142 dell'8 giugno 1990. In data 30 aprile 2009 l'Agenzia delle Entrate notificava ad Iride spa (già Azienda Energetica Metropolitana Torino spa),società partecipata in forma quasi totalitaria dal Comune di Torino, un atto di recupero di aiuto di Stato dell'importo di euro 1.679.528,37 ( euro 972.164 a titolo di imposta ed euro 707.359 a titolo di interessi), corrispondente all'Irpeg non versata nell'anno 1998 con riguardo al reddito prodotto dalle attività diverse dalla produzione e distribuzione di energia elettrica, quali la gestione del servizio di illuminazione pubblica e degli impianti semaforici del Comune di Torino e la gestione degli impianti elettrici e termici degli edifici comunali. Contro l'avviso di recupero la società proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Torino che lo rigettava con sentenza n.27 del 2010. La società proponeva appello alla Commissione tributaria regionale che lo rigettava con sentenza n.72 del 10.6.2011. In particolare il giudice di appello riteneva irrilevante il fatto che la società , nel periodo in questione, operasse in settori non aperti alla concorrenza in quanto il recupero degli aiuti di Stato era reso obbligatorio dalla Decisione della Commissione del 5 giugno 2002 e dalla sentenza della Corte di Giustizia del 1 giugno 2006 che aveva condannato l'Italia per inadempimento alla predetta decisione della Commissione sulla illegittimità degli aiuti di Stato concessi alle società a partecipazione pubblica maggioritaria;
escludeva che l'esenzione fiscale in oggetto fosse la semplice continuazione del beneficio fiscale della esenzione dalle imposte già esistente in favore degli enti locali, richiamando in proposito quanto stabilito dal Tribunale di primo grado della 1 ui\ Comunità Europea con sentenza del 11 giugno 2009 nella causa C T- 297/02;
con riferimento agli interessi riteneva corretto il calcolo effettuato dall'Ufficio in applicazione degli artt.9 e 11 del Regolamento n.794/2004 della Commissione e dell'art.24 comma 4 del d.l.n.185 del 2008 che richiama le disposizioni sul calcolo degli interessi contenute del Regolamento n.794/200;
considerava inammissibili, perché proposte per la prima volta in grado di appello, le censure relative alla decorrenza del calcolo degli interessi ( dal 16 giugno 1998 secondo l'Ufficio, dal 22 giugno 1999 secondo la società) ed alla mancata applicazione dell'art.11 del Regolamento n.794/2004 nel testo modificato dall'art.11 del Regolamento n.271 del 2008. (che prevede modalità di ricalcolo degli interessi con cadenza annuale anziché quinquennale);
rigettava la censura secondo cui l'adesione al condono previsto dall'art.9 legge n.289 del 2002 precludeva il recupero delle imposte non versate, in quanto ""la parte non aveva dimostrato di avere aderito al condono per quanto concerne le imposte dirette";
dichiarava manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.24 del d.l. n.185 del 2008. Contro la sentenza di appello la società IREN spa (già Iride spa) propone ricorso per cassazione sulla base di otto motivi. Deposita memoria. L'Agenzia delle Entrate resiste con controricorso;
chiede di dichiarare inammissibile o comunque infondato il ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.11 primo motivo denuncia:"Falsa applicazione -rilevante ai sensi dell'art.360 comma 1 n.3 cod.proc.civ.-del combinato disposto degli articoli 87 TCE (oggi art.107 Trattato sul funzionamento Unione Europea) della Decisione 2003/193/CE, dell'art.24 del d.I.185 del 2008, dell'art.117 comma 1 Cost. e degli artt.42 del D.P.R. n.600 del 1973 e art.7 della legge 212/2000 (Statuto del Contribuente). Obbligo di verifica in concreto della configurabilità della "moratoria fiscale" come aiuto illegittimo in riferimento ad AEM e obbligo di motivazione sul punto degli atti di recupero della c.d. moratoria fiscale". Secondo la ricorrente, la C.T.R. ha errato nel considerare che la procedura di recupero costituisca una automatica conseguenza della Decisione della Commissione Europea, che invece doveva essere ritenuta inapplicabile al caso concreto, atteso che la società nel periodo in questione operava in settori non aperti alla concorrenza e quindi sottratti a qualunque forma di concorrenza intracomunitaria.

2.11 secondo motivo denuncia: "Omessa e/o insufficiente motivazione -rilevante ai sensi dell'art.360 comma 1 n.

5- circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio: la idoneità a violare gli scambi tra Stati membri-e dunque la concorrenza-correlata all'aiuto fruito dalla AEM" I motivi, da esaminare congiuntamente, sono infondati. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, a norma dell'art.24 d.l. n.285 del 2008, convertito nella legge n.2 del 2009, rubricato "attuazione della decisione 2003/193/CE in materia di recupero di aiuti illegittimi", l'Agenzia delle Entrate ha l'obbligo di procedere al recupero degli aiuti di Stato, corrispondenti alle imposte non versate dalle società per azioni a partecipazione pubblica maggioritaria, esercenti servizi pubblici locali , in conseguenza della decisione della Commissione n.2003/193/CE che ha dichiarato incompatibili con il diritto comunitario le esenzioni fiscali previste a favore delle predette società dall'art.3 comma 70 legge 28 dicembre 1995 n.549 e 66 legge comma 14 d.l.n.331 del 1993, convertito nella legge n.427de1 1993. Ai fini dell'emissione dell'atto di recupero l'onere probatorio posto a carico della Amministrazione finanziaria consiste esclusivamente nel dimostrare che il soggetto destinataria dell'atto impositivo è una società per azioni costituita ai sensi della I. n. 142 del 1990 e che ha effettivamente usufruito delle esenzioni fiscali dichiate incompatibili con il diritto comunitario, salvo che si tratti di aiuti rientranti nell'ambito di applicabilità della regola "de minimis", spettando alla società destinataria dell'atto impositivo eccepire e provare che l'aiuto ricevuto appartenga all'ambito di applicabilità della regola suddetta Tali elementi esauriscono la motivazione richiesta per l'emissione dell'atto di recupero, non essendo consentito al giudice nazionale di sindacare le valutazioni compiute dalla istituzione comunitaria, procedendo ad un riesame (come richiesto dalla ricorrente) circa la concreta idoneità delle esenzioni fiscali dichiarate illegittimi ad alterare la libera concorrenza nel mercato comune, poiché ciò equivarrebbe ad una inammissibile revisione della Decisione già adottata dalla competente Commissione. (In senso conforme Sez. 5 , Sentenza n. 23799 del 23/11/2016;
Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 12393 del 21/05/2018;
Sez. 5, Sentenza n. 6538 del 27/04/2012;
Sez. 5, Sentenza n. 15207 del 12/09/2012). Occorre inoltre aggiungere che la Decisione della Commissione 2003/193/CE è stato oggetto di ricorso promosso dal Governo italiano e da numerose società che avevano fruito dell'esenzione fiscale in oggetto, ricorso deciso dal Tribunale di primo grado delle Comunità Europee con sentenza del 11 giugno 2009 nella causa T297/02, che ha confermato la correttezza della qualifica generale ed astratta della esenzione in oggetto quale aiuto di Stato, operata dalla Commissione, nonché la legittimità dell'ordine di recupero di cui all'art.3 della Decisione impugnata. Il ricorso contro la sentenza del Tribunale di primo grado , ( in cui è stata parte la stessa ricorrente AEM di Torino spa) è stato respinto dalla Corte di giustizia UE con sentenza del 11 dicembre 2011 (causa C-319/09P). Ne risulta ulteriormente confermata l'improponibilità davanti al giudice nazionale delle medesime questione esaminate ( con esito sfavorevole alla società ricorrente) dalle competenti istituzioni ed organi di giustizia della Unione Europea.
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