Cass. pen., sez. VI, sentenza 26/06/2019, n. 28005

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VI, sentenza 26/06/2019, n. 28005
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 28005
Data del deposito : 26 giugno 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

seguente SENTENZA sul ricorso presentato da P M, nato a Riva del Garda (TN) il 18/10/1984 avverso la sentenza del 19/09/2018 della Corte di appello di Trento;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere E A;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale L O, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l'imputato l'avv. B A, in sostituzione dell'avv. M M, che ha concluso chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Trento riformava la pronuncia assolutoria di primo grado del Tribunale di Rovereto del 23/06/2017 e o condannava M P in relazione al reato di cui all'art. 316 bis cod. pen., per avere, in Arco il 23 gennaio 2012, quale presidente della società cooperativa 'La Costa d'Oro', avendo ottenuto dalla Provincia autonoma di Trento un contributo di 3.900.000,00 di euro destinato alla realizzazione di un complesso abitativo di ventisei alloggi, non destinava alla predetta finalità l'importo di 1.684.800,00 di euro ricevuto a fondo capitale, che invece era stata fatta confluire su un conto di apertura credito che la cooperativa aveva acceso presso la Cassa Rurale Alto Garda per l'acquisto dei terreni sui quali dovrebbe dovuto realizzare l'opera edilizia, denaro che era stato così incassato da quell'istituto bancario a titolo di rientro del credito concesso alla società.

2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso l'imputato, con atto sottoscritto dal suo difensore, il quale ha dedotto i seguenti cinque motivi.

2.1. Violazione di legge, in relazione all'art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen., per avere la Corte territoriale riformato in peius la sentenza assolutoria di primo grado, senza disporre la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale per effettuare l'esame del teste G sulla quale si era fondata la prima decisione.

2.2. Violazione di legge, in relazione all'art. 316 bis cod. pen., e vizio di motivazione, per contraddittorietà e manifesta illogicità, per avere la Corte trentina ritenuto sussistenti gli estremi del reato contestato sulla base di una supposta malversazione del denaro oggetto del contributo erogato dalla Provincia, benché tale ente non avesse disposto la sospensione o revocato il proprio provvedimento di riconoscimento del contributo se non dopo aver accertato che la società cooperativa beneficiaria non aveva avviato la realizzazione di quel complesso abitativo a cause di "insorte problematiche urbanistico-edilizie".

2.3. Violazione di legge, in relazione agli artt. 192 e 194 cod. proc. pen., e vizio di motivazione, per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità, per avere la Corte di appello omesso di fornire una motivazione 'rinforzata' a sostegno della propria decisione di condanna in riforma della sentenza assolutoria, confutando tutte le argomentazioni poste a base della prima decisione.

2.4. Violazione di legge, in relazione agli artt. 42 e 43 cod. pen., e vizio di motivazione, per manifesta illogicità e contraddittorietà, per avere la Corte distrettuale fondato il giudizio di sussistenza dell'elemento psicologico del reato contestato su una circostanza, quella della compensazione della somme erogata con un credito vantato dalla banca, che era stato il frutto di una iniziativa dello stesso istituto di credito e non dell'imputato.

2.5. Violazione di legge, in relazione agli artt. 62 bis e 133 cod. pen., e mancanza di motivazione, per avere la Corte di merito ingiustificatamente negato all'imputato le attenuanti generiche, omettendo di considerare che la vicenda in esame era stata molto complessa e che il P si era dovuto confrontare con una complicata procedura di erogazione di un contributo pubblico.

3. Ritiene il Collegio che il ricorso presentato nell'interesse del R vada rigettato.

3.1. Il primo motivo del ricorso è infondato. Come noto, l'art. 603, comma 3 -bis, cod. proc. pen., che, introdotto dall'art. 1, comma 58, della legge n. 103 del 2017 per codificare un principio di fonte giurisprudenziale, prevede che "nel caso di appello del pubblico ministero contro la sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, il giudice dispone la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale". Questa Corte ha avuto modo di chiarire che la reformatio in appello della pronuncia assolutoria di prime cure non impone sempre, in automatico, la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale per il riascolto di tutti i soggetti esaminati nel corso del giudizio di primo grado, essendo necessaria tale rinnovata assunzione della prova dichiarativa solo se la stessa sia determinante ai fini della decisione di condanna;
se sia riconoscibile una reale divergenza tra la sentenza del giudice di primo e quella del giudice di secondo grado in ordine alla valutazione della attendibilità del dichiarante ovvero del contenuto della relativa deposizione;
e, comunque, se non vi sia una difformità tra il contenuto della deposizione valutato dal primo giudice e quello valorizzato dalla corte di appello. Tanto è desumibile dagli orientamenti, oramai sufficientemente definiti, della giurisprudenza di legittimità, la quale ha sottolineato che il giudice d'appello che intenda procedere alla reformatio in peius di una sentenza assolutoria di primo grado, emessa all'esito di giudizio sia ordinario che abbreviato, deve procedere all'indispensabile rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale esclusivamente nel caso di valutazione "differente" della prova dichiarativa decisiva e non di mero "travisamento" di essa, caso quest'ultimo in cui si può pervenire al giudizio di colpevolezza senza necessità di rinnovazione delle prove dichiarative (v., da ultimo, Sez. 6, n. 35899 del 30/05/2017, Forini, Rv. 270546;
così, prima della novella legislativa, Sez. U, n. 27620 del 28/04/2016, Dasgupta, Rv. 267486-91, per cui non è configurabile la differente valutazione del significato della prova dichiarativa laddove la 'lettura' della prova, da parte del primo giudice, sia affetta da errore revocatorio, per omissione, invenzione o falsificazione);
e che, dunque, non sussistono i presupposti per la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale in appello qualora la riforma in peius della sentenza assolutoria di primo grado sia fondata, non già su un diverso apprezzamento in ordine all'attendibilità di una prova dichiarativa diversamente valutata in primo grado, ovvero su una diversa valutazione del suo contenuto e della sua portata, bensì su una valutazione organica, globale ed unitaria degli ulteriori elementi indiziari a carico (esterni alle dichiarazioni), erroneamente considerati in maniera atomistica dalla decisione del primo giudice (così, da ultimo, Sez. 5, n. 53415 del 18/06/2018, Boggi, Rv. 274593). Di tale disposizione normativa e dei relativi criteri esegetici formulati dalla giurisprudenza di legittimità la Corte di appello di Trento ha fatto buon governo, condivisibilmente sottolineando come nel giudizio di secondo grado non fosse affatto necessario provvedere alla rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale per l'ascolto del teste G, in quanto la decisione di accogliere l'appello del pubblico ministero e di condannare il P non era determinata da una diversa valutazione della attendibilità della deposizione resa da quel testimone nel corso del giudizio di prime cure, ma da una considerazione della sostanziale irrilevanza di tali dichiarazioni a fronte di documentazione amministrativa dal tenore in equivoco.
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